
Tradizioni musicali dall’Impero Ottomano: risonanze e interculturalità.

La giornata si propone di affrontare il prisma culturale dell’Impero ottomano partendo dalla prospettiva dei suoi linguaggi musicali, intesi come espressioni di un’eterogeneità che caratterizzò la classe politica imperiale e i suoi sudditi per più di cinque secoli. Alla pari di altre forme artistiche che si svilupparono entro i confini dell’Impero, anche le culture musicali che emersero nei diversi ambiti della vita sociale ottomana, nelle varie fasi della sua storia, presentavano un carattere decisamente interculturale: le diverse tradizioni non coesistevano nella separazione, bensì nella reciproca interazione, un fenomeno, questo, ampiamente dimostrato dai molteplici generi musicali. La musica di palazzo, nata dalla fusione tra eredità persiana e bizantina, composta da sultani e alti funzionari – Sultan Korkut (1467-1513), Murad IV (r. 1623–40), Sultan Selim III (1761-1808), Gazi Giray Khân (1554–1607) – coesisteva con le composizioni di diplomatici e intellettuali stranieri che gravitavano attorno alla Corte imperiale, come il conte polacco Wojciech ‘Ali Ufkî Bey Bobowski (1610–c1675), il principe moldavo Dimitri Cantemir (1673-1723), entrambi autori di trattati fondamentali, e il monaco armeno Hamparsum Limoncyan (1768–1839), inventore di un sistema di notazione musicale.
Questa cultura musicale d’élite era inoltre animata da tanti musicisti e compositori attivi nella capitale e provenienti dalle più disparate tradizioni (armeni, greci, ebrei, cristiani), che catturarono l’attenzione di baili, storici e viaggiatori come Giambattista Toderini, Charles Fonton o Jean Antoine du Loir. Si pensi inoltre alla koiné melodica e lessicale delle canzoni popolari d’Asia Minore e d’Anatolia orientale, allo sconfinato repertorio di canti epico-lirici dei trovatori ashık, che nel loro vagare uniscono Armenia, Iran, Caucaso e Asia centrale, al sistema bizantino degli oktoechoi, alla musica sacra di conventi cristiani o musulmani, disseminati per tutti i Balcani, alla circolazione di cantori sinagogali nei centri sufi (tekke, dargâh) sino alle melodie ispanico-giudaiche sefardite in ladino, alla presenza costante e massiccia di interpreti zingari, all’interazione tra generi letterari colti e urban light genres, come nei casi del gazel, dello sarkı del particolare genere greco ottomano del rebetiko che risuonavano sul Bosforo e nei quartieri delle grandi capitali del commercio settecentesco. La storia musicale dell’Impero ottomano, insomma, offrì numerose risposte alla molteplicità delle sollecitazioni delle sue genti. Ben lungi dall’essere un aspetto separato e indipendente dalle vicende politiche, sociali e letterarie che interessarono governanti e governati dell’Impero, le culture musicali costituivano a tutti gli effetti un fenomeno storico, tra i molti che compongono e illustrano la nostra conoscenza di un’epoca, di un’area geografica e dei suoi abitanti. Questo è il motivo principale che ci spinge a cercare un approccio autenticamente interdisciplinare, promuovendo interventi di etnomusicologi, ma anche di specialisti di storia sociale e diplomatica dell’Impero ottomano, delle letterature e filologie delle lingue che vi erano parlate. Ciascun relatore interpreterà, con i rispettivi strumenti scientifici, un fatto musicale occorso nelle proprie ricerche e, commentandolo, lo proporrà eventualmente all’ascolto. Oggetto di interesse non sarà dunque solo una suggestione musicale, quanto le diverse forme di contestualizzazione storica che i partecipanti potranno offrire. Ben lungi dal progettare una trattazione esaustiva di tutti i generi musicali praticati in epoca ottomana, vorremmo piuttosto segnare l’inizio di un percorso di analisi comparativa e interdisciplinare, la sola che, a nostro avviso, ci consenta di proporre un’interpretazione dell’ecumene ottomana e mediterranea in tutta la sua eterogenea complessità.
Contatti:
Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati
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