Seminari di Musica Antica 2018 | Caribbean Concerts Spirituels. French-colonial music 1750-1780

Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
plus nov, 2630 2018

Seminari di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini
Direttore: Pedro Memelsdorff

La Fondazione Giorgio Cini e le Fondazioni Concordance, Irma Merk e L.+Th. La Roche offrono delle borse di studio a cantanti solisti esperti nel repertorio barocco per partecipare ai prossimi due appuntamenti dei Seminari di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini:

Caribbean Concerts Spirituels. French-colonial music (1750-1780)
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
26-30 novembre 2018
Domande di partecipazione entro: 15 luglio 2018

Minette, Caribbean Galathée
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
Data da destinarsi, Febbraio 2019
Bando per borse di studio in uscita in ottobre 2018

La tematica ruota attorno a un momento eccezionale della storia della musica europea e francese in particolare: la diffusione nelle colonie mesoamericane (in questo caso le Antille francesi), con la loro struttura socio-economica basata sullo schiavismo e lo scontro-incontro culturale tra le élite di coloni europei e le culture locali e soprattutto africane, dei repertori della madrepatria e la loro reciproca ibridazione.
Partendo dai Caraibi francesi e, in particolare, dal contesto sociologico di Saint-Domingue (l’odierna Haiti) della seconda metà del Settecento, i due seminari tematizzeranno, prima, la musica religiosa della colonia ‒ caratterizzata dall’egemonia europea e dall’evangelizzazione degli schiavi ‒ e, poi, la figura di Minette (Louise Alexandrine Elisabeth), la prima cantante di colore ad esibirsi in ruoli protagonistici
nella storia dell’opera francese, nata a Saint-Domingue nel 1767. [1]

Colonizzata gradualmente nel XVII secolo, la parte occidentale dell’Isola caraibica chiamata Hispaniola divenne la francese Saint-Domingue nel 1697, e in qualche decennio si trasformò nella più ricca produttrice di indaco, caffè e infine canna da zucchero della regione. Alla fine del XVIII secolo, circa la metà del caffè e dello zucchero consumato nella Francia continentale proveniva da Saint-Domingue, e quasi un terzo del prodotto lordo francese era legato al commercio nella colonia.

Com’è noto, la sua struttura socio-economica era completamente basata sul lavoro degli schiavi catturati nelle regioni subsahariane – individuabili negli attuali stati di Angola, Benin, Ghana, Guinea, Costa d’Avorio, Liberia, Mali, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo – e perfino dal Mozambico, nell’Africa orientale.
Storici dell’epoca come Moreau de Saint-Méry e viaggiatori come Girod-Chantrans, Isert o Wimpffen hanno descritto in dettaglio la società di Saint-Domingue, segnata da conflitti etnici, sociali ed economici tra i pochi indigeni americani sopravvissuti allo sterminio da parte degli Spagnoli e soprattutto tra europei e africani, il cui incrocio di razze venne regolato dal Code noir francese sin dal 1685. Consentiti sino agli anni Venti del Settecento, i matrimoni misti furono da allora ufficialmente banditi, ma in larga misura tollerati ‒ seppure un’infinità di restrizioni era imposta ai discendenti di razza mista. Queste includevano la privazione della personalità giuridica, l’impossibilità di accedere ai ranghi della pubblica amministrazione e l’esclusione dall’educazione superiore, così che implicitamente ai non-bianchi erano precluse anche le libere professioni.  Tra i divieti, infine, si trova anche la frequentazione di sale per spettacoli pubblici, come i teatri o istituzioni simili, di cui perlomeno otto erano attivi a Saint-Domingue tra il 1760 e il 1780.

Sulle basi di precedenti ricerche ad opera di Adolphe Cabon e Jean Fouchard, lo storico e musicologo locale Bernard Camier ricorda che questi teatri totalizzavano circa tremila ottocento posti a sedere (uno ogni quindici potenziali spettatori, e cioè membri dell’élite mista di coloni bianchi e mulatti affrancati), il che equivale, proporzionalmente, a tre volte la disponibilità dei teatri parigini dell’epoca. Tra il 1764 e il 1791 furono eseguiti a Saint-Domingue più di ottomila concerti in stile europeo, incluse milleduecento opere o commedie arrivate dalla Francia e arrangiate per l’uso locale. Saint-Domingue, in breve, fu a quell’epoca uno dei maggiori centri operistici del mondo (“occidentale”), certamente il più grande delle Americhe. La sua influenza nell’opera e nel teatro dei Caraibi e del Nord America delle generazioni future può difficilmente essere esagerata.

Seminario novembre 2018: Caribbean Concerts Spirituels

Il bando di concorso per la partecipazione al primo dei due seminari, che avrà luogo dal 26 al 30 novembre 2018, e la scadenza per l’accettazione delle candidature è il 15 luglio del 2018. Si rivolge a un gruppo di cantanti solisti di ogni registro, guidati dal soprano-specialista Sophie Daneman e da Pedro Memelsdorff.

Intitolato Caribbean Concert Spirituels. French-colonial music (1750-1780), il primo seminario verrà dedicato alla musica religiosa della regione caraibica, e in particolare a due distinti repertori: i Concerts Spirituels offerti per le élites della colonia nel periodo 1750-80, e una cosiddetta Messe en cantiques à l’usage des nègres.

Per il primo repertorio verrà esaminato un manoscritto, ora conservato alla Historic New Orleans Collection, copiato a Parigi nel 1736 e donato nel 1754 alle suore Orsoline della Nouvelle-Orléans. Contiene 294 contrafacta, ossia brani profani di celebri compositori francesi dell’epoca – quali Couperin, Campra o Clérambault – da cantarsi su nuovi testi di tipo religioso. Repertori simili, se forse non uguali, erano diffusi nelle altre colonie francesi della regione, che riprendevano la tradizione francese dei Concerts Spirituels, cioè concerti pubblici a contenuto devozionale eseguiti fondamentalmente in occasione delle grandi feste liturgiche.

Il secondo repertorio si occuperà di ricreare la messa, composta ‒ o meglio assemblata ‒ attorno al 1760, probabilmente da gesuiti, per gli schiavi delle piantagioni della Guyana francese. Scoperta da studiosi locali nel 1980, erano da allora rimasti da identificare più di metà dei modelli musicali (fredons) associati ai testi liturgici, ciascuno indicato da un timbre (titolo o primo verso di un brano musicale noto). Si discuteranno quindi sia le già note fonti del testo poetico della Messe en cantiques à l’usage des nègres, sia le recenti identificazioni di quasi tutti i modelli musicali su cui esso veniva cantato.[2] Composta in lingua francese, la messa ‘contraffatta‘ contiene diversi tropi (‘commenti’ interpolati nel testo liturgico) che tematizzano la sofferenza terrena e l’autorità.


Seminario febbraio 2019: Minette, Caribbean Galathée

Un secondo seminario, che si terrà in un secondo momento sempre alla Fondazione Giorgio Cini (febbraio-marzo 2019), verrà dedicato ai repertori operistici della colonia franco-caraibica di Saint-Domingue, e in particolare alla carriera della prima cantante solista di colore – nipote di una schiava affrancata –, il cui nome d’arte era Minette. Dopo il suo debutto teatrale nel febbraio del 1781, Minette incarnò i ruoli protagonisti di oltre quaranta tra opere, melodrammi e commedie francesi, fondando una sorta di mito – ma anche provocando una forte controversia sociale registrata dai periodici locali dell’epoca.

Tra i repertori eseguiti da Minette si annoverano intonazioni di libretti (o loro parafrasi), tra gli altri, di Voltaire e Rousseau, che tematizzano le differenze razziali e la schiavitù ‒ e quindi inevitabilmente l’emancipazione ‒ particolare che conferisce speciale interesse all’aspetto sociologico del progetto. Si tratta cioè di un’acclamata artista di colore – mai remunerata per le proprie mansioni date le sue origini schiave – che, sfidando la critica tradizionalista, infiamma l’élite mista dei suoi spettatori che vede in lei il simbolo ambito e temuto dell’ibridazione razziale. Non solo: che cantando e recitando commedie come L’amant statue di Nicolas Dalayrac o L’amoureux de quinze ans di Jean Martini e, soprattutto, il Pygmalion di Jean-Jacques Rousseau, volente o nolente dà voce a un dialogo interrazziale che doveva colpire il pubblico ’haitiano’ settecentesco non meno di un ascoltatore odierno.

Il Pygmalion ‒ si ricordi ‒ tematizza sia l’autonomia dell’opera d’arte dal suo autore, sia l’animazione della statua Galathée, che nella versione di Minette non poteva non venire associata a quella della stessa protagonista, ‘ex-schiava’ e di colore. E nell’Amant statue di Dalayrac il dialogo sull’animazione di un (falso) automa musicale, non poteva non diventare allusivo dell’animazione del flautista schiavo che accompagnava la scena dall’orchestra.

In sintesi, protagonista del primo blind-casting della storia, Minette doveva catalizzare le ambizioni e le paure di una società che forse soprattutto (o addirittura solo) in teatro esplorava il vertiginoso spazio liminare tra libertà e schiavitù.

Il seminario si rivolge a cantanti solisti di ogni registro e in particolare haut-contres (o tenorini) e soprani di coloratura di grande agilità. I borsisti verranno guidati da docenti di massimo livello e assistiti da specialisti del repertorio francese tardo-barocco e galante.



Scarica la locandina Caribbean


[1] Bibliografia aggiornata in Pedro Memelsdorff, “L’amant statue. Staging slavery in pre-revolutionary Haiti”, relazione presentata ai convegni Third Singapore Heritage Science Conference: The Treasure of Human Experiences, Singapore, Nanyang Technological University, 25-26 Gennaio 2016; Music in the Mediterranean Diaspora, Firenze, Villa I Tatti, The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies, 18-19 maggio 2017;  Race and Empire in Global Music History, 1500-1800, University of Pittsburgh, 30-31 marzo 2018. Testo in corso di pubblicazione per I Tatti Studies in the Italian Renaissance.

 

[2] Pedro Memelsdorff, “New light on the Messe en cantiques à l’usage des nègres”, pubblicazione in preparazione.