A Venezia una grande installazione dell’artista polacca che ha reinterpretato le folle di individui, rivoluzionando, in oltre quarant’anni di carriera, il modo di fare scultura
110 sculture in juta sono esposte per la prima volta a San Giorgio Maggiore dal 13 aprile al 2 agosto 2015. L’installazione è prodotta dalla galleria Beck & Eggeling di Düsseldorf e Sigifredo di Canossa in collaborazione con la Fondazione Cini
Magdalena Abakanowicz (Falenty, 1930) è una delle più autorevoli artiste polacche che, sperimentando tecniche e materiali, in oltre quarant’anni di carriera ha rivoluzionato la scultura contemporanea a livello europeo. Dal 13 aprile al 2 agosto 2015 la galleriaBeck & Eggeling International Fine Art (Düsseldorf) e Sigifredo di Canossain collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini presentano per la prima volta sull’Isola di San Giorgio Maggiore, Magdalena Abakanowicz: Crowd and Individual una grande installazione di 110 figure in juta, a cura di Luca Massimo Barbero, segnando il ritorno a Venezia dell’artista, famosa a livello internazionale, che ha rappresentato la Polonia alla Biennale di Venezia nel 1980.
“Penso che l’impatto dell’opera di Magdalena Abakanowicz riassuma attraverso il forte senso di folla e di gruppo una condizione umana, un senso esistenziale dove l’uomo, spesso privo di volto nella sua forma astante e smarrita, ritrova e riperde se stesso. Il ritorno a Venezia di una sua opera così significativa, dopo la sua presenza alla Biennale, si legge oggi come un omaggio ad un’artista che segna e rappresenta la sperimentazione in scultura degli ultimi decenni. Il senso teatrale di questo gruppo di persone va letto come una volontà di porre sullo stesso livello visitatore e opera in uno scambio tra le “folle” che assume anche il senso di una straordinaria, tragica e umana coreografia; un gioco fra le parti: l’umano e la statua.” Luca Massimo Barbero, curatore e direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini
Crowd and Individual è una grande installazione ad alto impatto emotivo, parte del ciclo che Magdalena Abakanowicz ha dedicato al tema delle Folle, soggetto che la scultrice ha ripreso in periodi differenti nel corso della sua lunga carriera, sperimentando vari materiali, dal tessuto al metallo, fino a diventare la parte più importante della sua produzione artistica.“Forse l’esperienza della folla, che aspetta passivamente in fila, ma pronta a calpestare, distruggere o adorare a comando come una creatura senza testa, è diventata il fulcro della mia analisi. E forse era una fascinazione per la scala del corpo umano. O un desiderio di determinare la quantità minima necessaria per esprimere il tutto.” Così l’artista Magdalena Abakanowicz ha definito il suo interesse per le masse di individui, originata dalla sua difficile condizione di donna e di artista in un paese politicamente instabile come la Polonia, sconvolta prima dalla seconda guerra mondiale e poi dalla rivoluzione comunista che ha portato a ben quarantacinque anni di regime soclialista, dove un artista non aveva facilmente libertà di movimento né accesso ai materiali utili al suo lavoro. Durante il Socialismo, spiega la stessa scultrice, che, nonostante il grande apprezzamento a livello internazionale ha scelto di continuare a vivere a Varsavia pur opponendosi alla propaganda e alla pressione del regime, “molte persone si sono trasferite in città dalle campagne alla ricerca di lavoro e di un migliore tenore di vita. Eravamo circondati da una folla che non sapeva adattarsi a vivere in città con nuove condizioni. Il denaro non aveva grande significato. Il numero di cose che uno poteva acquistare era limitato da scarsità e restrizioni. Attendevamo in file lunghissime per ottenere qualsiasi cosa.” Da qui l’interesse per le masse e la scelta iniziale di utilizzare materiali di scarto, come il tessuto.
Una volta varcate le quinte della sala Carnelutti della Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, il visitatore si trova quindi davanti a una intensa folla composta da 110 figure dalle fattezze umane in juta, per lo più senza testa, che avanza inesorabilmente verso un’unica scultura animale contrapposta (Mutant). Gli individui, prevalentemente busti in tessuto, gusci vuoti che ricordano tronchi d’alberi, colti nell’atto di camminare, sono singole sculture, create meticolosamente dall’artista una a una, ciascuna con la sua identità e le proprie caratteristiche; individui prima di essere un gruppo. “L’uomo con cui ho a che fare nel mio lavoro è l’uomo in generale” perché “parla della condizione umana in generale” in perenne conflitto tra istinto e intelletto. Allo stesso tempo l’opera esprime la crudeltà perpetrata dagli esseri umani nel corso dei secoli. In gruppo gli esseri umani tendono a perdere il loro senso di responsabilità e con questo la loro dignità. “Volevo mettere a confronto l’uomo con se stesso, con la sua solitudine nella moltitudine.” – spiega sempre Abakanowicz riguardo al suo lavoro – “Durante la mia infanzia sono stata testimone di come le masse adorino o odino a comando. Erodoto osservò già molti secoli prima di Cristo che è molto più facile convincere una folla rispetto ad un singolo individuo. Affascinata dalla quantità ho continuato a plasmare corpi umani in juta, poi in alluminio, bronzo e ferro. Senza testa, come scheletri, spesso solo con le gambe che sorreggono il tronco eloquente, o con braccia appese come strumenti inutili, o con mani forti e aggressive. Ma senza volto: perché cancellerebbe tutti i misteri del corpo”.
L’installazione Crowd and Individual segna il ritorno a Venezia della grande artista polacca, che ha esposto più volte alla Biennale d’arte nel corso della sua carriera: nel 1968 con “Studio fatturale”;nel 1995 con “Identità e Alterità, a Brief History of the Human Body” dove ha presentato l’installazione di 22 sculture in juta “Crowd I” nella sala principale del Padiglione Italia; nel 1997 con l’installazione “Hand-like Trees” sulla Riva degli Schiavoni, e in particolare nel 1980 quando ha rappresentato la Polonia con l’installazione “Embryology” nel padiglione nazionale ai Giardini.
Nonostante la difficile condizione in cui la scultrice ha vissuto in Polonia durante il regime socialista, Magdalena Abakanowicz è una delle personalità più originali e importanti della scultura contemporanea. Le sue Folle,in varie installazioni e conformazioni, sono state esposte in tutto il mondo, dalla mostra itinerante Retrospective Exhibition negli USA e in Canada (1982), che fra le tappe ha visto il Metropolitan Museum of Art, New York, il Museum Contemporary Art, Chicago, il Dallas Museum of Fine Arts, Dallas, il Musée d’Art Contemporain, Montréal, fino allo Städel Museum di Francoforte (1989). Nel 1991 è stata organizzata una grande retrospettiva in Giappone al Sezon Museum of Art, Tokyo e al Museum of Contemporary Art, Hiroshima. Emozionante e di pregio la mostra Hurma nel 2004è stata esposta a Chapelle Saint-Louis de la Salpêtrière, Parigi.
Molti gruppi delle sue serie di sculture si trovano inoltre all’esterno, poiché l’artista ha ricevuto importanti commissioni all’aperto in cui invita lo spettatore a muoversi tra forme di bronzo, pietra o legno, come per esempio nel Raymond Nasher Sculpture Garden (Dallas), nel Millenium Park di Chicago e a Poznań; o in importanti collezioni private, come la Fondazione Margulies a Miami, e la Collezione Giuliano Gori vicino a Pistoia, in Italia.
Magdalena Abakanowicz ha vinto nel 1965 il Gran Premio alla Biennale di San Paolo e nel corso della sua lunga carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale, dal Royal College of Art di Londra, alla Rhode Island School of Design, all’Accademia di Belle Arti del Pratt Institute, all’Art Institute of Chicago, dall’Accademia di Belle Arti polacche di Lodz e di Poznan, alla Akademie der Künste di Berlino e di Dresda.