G.B. Cavalcaselle. Disegni da antichi maestri
Con questa mostra di 102 disegni di Giambattista Cavalcaselle (ai quali se ne aggiungono due di Joseph Archer Crowe), prestati dalla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini e il Museo Civico di Verona intendono onorare la memoria del grande critico ottocentesco, il cui centocinquantesimo anniversario della nascita (1819) a Legnago è passato quasi inosservato fuori del Veneto. È merito di Giuseppe Fiocco, il compianto Direttore di questo Istituto, l’aver programmato tale mostra, che ora viene realizzata mercè la generosa collaborazione del Prof. Giorgio Emanuele Ferrari, Direttore della Biblioteca Marciana. La scelta di tali disegni spetta a Lino Moretti, che non solo li commenta nelle schede del catalogo, ma evoca nel saggio introduttivo le vicende umane del Cavalcaselle, nonché i caratteri della sua ricerca storica, basata appunto su di un personale metodo grafico. I suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia non fecero del Cavalcaselle un artista, ma gli consentirono di formarsi uno strumento di indagine prezioso quale un disegno riproduttivo d’una precisione accademica, che fu alla base della sua ricerca storica sulla pittura dei primitivi e dei maestri rinascimentali italiani e fiamminghi. Ma il Cavalcaselle non usò questo mezzo grafico come avevano fatto gli incisori, che lo avevano preceduto, per diffondere opere d’arte nella trascrizione incisoria: il disegno, nel senso di schizzo mnemonico, fu per lui un mezzo di ricerca onde arrivare alla determinazione degli elementi formali costituenti il tessuto dell’opera d’arte. Uno strumento segnico d’individuazione di un codice espressivo che, corredato da annotazioni d’ogni genere (colore, materia, stato di conservazione, intuizioni, ecc.), servisse al Cavalcaselle quale base per la sua vocazione di storico, alla quale si dedicò fin da giovane. Verso la fine dell’Ottocento la storia dell’arte venne agevolata dall’uso della riproduzione fotograica: e non c’è dubbio che tale strumento tecnico, con tutti i suoi pericoli derivanti dalla riduzione in bianco e nero della struttura coloristica d’un dipinto, facilitò l’avvento di una pratica conoscitiva di cui ancora oggi siamo i fruitori.