Ritrovate sette cantate di Alessandro Stradella alla Fondazione Giorgio Cini
Nell’ambito di una ricerca nei fondi musicali della Fondazione Giorgio Cini, Giulia Giovani, borsista del Centro “Vittore Branca”, ha ritrovato un manoscritto sconosciuto del Seicento.
Le cantate vedranno la prima esecuzione moderna alla Schola Cantorum Basiliensis il 30 e 31 gennaio 2014 e alla Fondazione Giorgio Cini nel corso del Seminario di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini dal 17 al 21 maggio 2014
Nell’estate del 2012 la musicologa Giulia Giovani, all’epoca borsista del Centro Internazionale di Studi della Civiltà Italiana “Vittore Branca”, nel corso di una ricerca negli archivi musicali della Fondazione Giorgio Cini, ha riportato alla luce un importante manoscritto contenente cantate e arie di Alessandro Stradella (1639-1682). Il documento si trovava nel Fondo Gian Francesco Malipiero (1882-1973), uno dei più significativi fondi di compositori custoditi presso la Fondazione Cini.
Le sette “nuove” cantate di Alessandro Stradella vedranno la loro prima esecuzione moderna alla Schola Cantorum Basiliensis (Basilea, 30-31 gennaio 2014) e alla Fondazione Giorgio Cini a Venezia, nell’ambito del Seminario di Musica Antica Egida Sartori e Laura Alvini diretto da Pedro Memelsdorff (17-21 maggio 2014). La descrizione del manoscritto, recentemente presentato alla comunità scientifica nell’articolo di Giulia Giovani Un manoscritto sconosciuto di cantate e arie di Alessandro Stradella conservato a Venezia («Studi Musicali», iv n.s., 2013, n. 2, pp. 283-323), è disponibile in Clori. Archivio della Cantata Italiana (www.cantataitaliana.it), database della Società Italiana di Musicologia, dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ e dell’Istituto Italiano per la Storia della Musica ideato al fine di censire le numerose fonti di cantate da camera italiane.
Il manoscritto è parte del Fondo Gian Francesco Malipiero (1882-1973), acquistato dal Conte Vittorio Cini negli anni ’60 del Novecento. Appassionato cultore della musica italiana del passato, tra il 1921 e il 1931 Malipiero lavorò all’elaborazione di brani di musica “antica” composti da illustri compositori (Cimarosa, Corelli, Gabrieli, Scarlatti, Tartini, Veracini, Monteverdi, Frescobaldi, Bassani, Stradella); si occupò inoltre di realizzare edizioni di musiche di Bassani, Emilio de’ Cavalieri, Galuppi, Jommelli, Marcello, Tartini, Leo, Monteverdi, Vivaldi, Ferretti, Lotti, Luzzaschi, Provenzale, Sarti e dello stesso Stradella. La convinzione, più volte ribadita da Malipiero, della necessità di studiare la musica antica italiana per risalire alle origini della nostra cultura, portò il compositore ad acquistare numerosi manoscritti sul mercato antiquario; tra questi il volume di cantate da camera di Alessandro Stradella, che probabilmente fu aggiunto alla sua collezione dopo il 1930.
Il manoscritto ritrovato – certamente redatto a Venezia nella seconda metà del XVII secolo – è una testimonianza importante della ricezione delle musiche di Stradella a Venezia. Inoltre è l’unica fonte a tramandare alcune cantate da camera finora ignote al catalogo delle sue composizioni. Il manoscritto comprende ventuno cantate da camera e due arie, prevalentemente per voce di soprano con accompagnamento di basso continuo. I testi poetici di questi brani toccano temi disparati: troviamo il lamento del Sultano Solimano ‘il Magnifico’ per la perdita del regno nelle battaglie contro gli eserciti cattolici europei (Sotto l’ombra d’un aureo diadema), una constatazione della mutevolezza dei sentimenti umani (Come in ciel dell’aureo crine), l’espressione di pene amorose (Affligetemi pur memorie amare) o di sentimenti connessi a lettere d’amore (Su quel candido foglio e Vanne foglio amoroso), e una meditazione sulle sfide che costellano il cammino dell’uomo (Bella rosa nel cui stelo). Il manoscritto comprende, inoltre, cantate e arie già note da altre fonti manoscritte (Chi non sa che la bellezza; Sopra candido foglio; Avete torto; Arresta il piè fugace; Piangete occhi piangete; M’è venuto a fastidio lo sperare; Disperata rimembranza; Fedeltà, sin che spirto in petto avrò; Voi sete sventurate; Sì ch’io temo e non disamo; Chi dà fede alla speranza; Empio Amor, tiranno arciero; Forsennato pensier che far poss’io; Costanza mio core; Doppo haver soggiogato; Se t’ama Filli, o cor, tu sei felice).
Alessandro Stradella (1639-1682) è ricordato dalla storiografia musicale sia per le sue pregevoli composizioni che per la morte violenta. Le prime notizie sulla sua produzione artistica risalgono agli anni ’50 e ’60 del Seicento; all’epoca Stradella si trova a Roma e compone oratori per l’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso e per l’Oratorio della Pietà; qui compone anche mottetti, cantate da camera, serenate, prologhi e intermezzi comici per il Teatro di Tordinona. Trasferitosi a Venezia nel gennaio del 1677 grazie ai contatti con il nobile Polo Michiel, dalla città è costretto a fuggire nel giugno dello stesso anno per essere diventato amante di Agnese Van Uffele, protetta del nobile Alvise Contarini. Rifugiatosi a Torino e poi a Genova, dove compone almeno tre opere per il Teatro Falcone, Stradella muore per mano di sicari il 25 febbraio 1682. Del breve periodo trascorso da Alessandro Stradella a Venezia sono conosciute poche notizie e altrettanto esigue sono le musiche certamente riconducibili a questa fase della sua vita