Leo S. Olschki Editore, Firenze – Pagina 19 – Fondazione Giorgio Cini

Ruskin e Venezia

Si
pubblicano qui di seguito le relazioni svolte al Convegno
internazionale “Ruskin e Venezia: la bellezza in declino”, che si è
tenuto alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia nei giorni 15-16
dicembre 2000, in occasione del centenario della sua morte, e quasi a
conclusione del ciclo di quattro incontri su scrittori inglesi e
americani particolarmente legati a Venezia, che alla Fondazione si sono
esplorati nell’ambito della “Linea veneta”.
L’esperienza di Venezia è centrale per John Ruskin e la sua opera, così
come la sua visione della città, sulla scia di quella di Byron, risulta
centrale per la creazione del mito di Venezia nell’800 e oltre. Ruskin
ci venne undici volte, la prima volta a sedici anni nel 1835, l’ultima
, a sessantasette anni, nel 1888; ci venne coi genitori da giovane, poi
da solo e con la moglie Effie, per il soggiorno preparatorio a “The
Stones of Venice”, nel 1851-2, in seguito per gli ulteriori volumi di
“Modern Painters”, e più tardi con amici e discepoli.
La visione giovanile (fra il 1835 e il 1841) è romantica; quella più
matura è di esaltazione per l’arte e il passato di Venezia, e insieme
di revulsione per le rovine e il decadimento del presente, quella
finale è di una progressiva obliterazione , culminante nella sua quasi
totale cancellazione nella tarda autobiografia, “Praeterita”.

INDICE

Sergio Perosa, Presentazione

Dianne Abse, Snapshots of Ruskin in Venice (a poem)
Denis Donoghue, Ruskin, Venice, and the fate of beauty
Francisco Jarauta, Ruskin: el aura de Venezia
Joan Abse, The lessons of stone: Ruskin’s mission in Venice
Gregory Dowling, “Trust Byron “: Ruskin and the “byronic ideal of Venice”
Giovanni Cianci, Ruskin, il sogno di Venezia e l’utopia urbana modernista (Ezra Pound e Wyndham Lewis)
Rosella Mamoli Zorzi, “Felicities” and “aberrations”: Ruskin and W. D. Howells
Johm Dixon Hunt, Ruskin and the “picturesque side” of his venetian work
Angelo Righetti, Ruskin e le pietre di Verona
Sergio Perosa, La grande assente. Venezia e “praeterita”

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Facets of Tibetan religious tradition

At a
time when Tibetan religious tradition is all too often observed and
described only through the looking glass of spiritualistic and/or
political ideologies, the Venetian Institute ‘Venezia e l’Oriente” of
the Giorgio Cini Foundation arranged a meeting of some of the most
eminent researchers at international level so that they could discuss
issues of particular significance both to Tibetological research as
well as to Indological and Sinological studies

INDICE

Foreword
Anne Marie Blondeau, La tradition des “textes-trésors” (gter ma) dans le Bouddhisme tibetain: apocriphe ou révélation?

Per Kvaerne, The Bon Religion of Tibet: A Historical Enigma

Ramon N. Prats, “The Tibetan Book of the Dead”: An Aniconic Reading

Pasang Yonteng Arya, Elements of Tibetan Medicine

Anne Chayet, Women and Reincarnation in Tibet: the Case of the Gung ru mkha’ ‘gro ma

Gian Giuseppe Filippi, Some Saiva Features in the Tibetan Iconography of Avalokitesvara

Edward L. Shaughnessy, The Wangjiatai Gui cang: An Alternative to Yijing Divination

Christian Wittern, Style and Fashion in Early Song Chan Yulu

Ulrike Roesler, Not a Mere Imitation. Indian Narratives in a Tibetan Context

Erberto Lo Bue, Chinese Artistic Influence in Tibet from the 11th to the 15th Century

Lars-Erik Nyman, Reincarnation in Tibet. A Politico-Religious Symbiosis Exemplified by a Kham Case Study

Giacomella Orofino, I Centomila Tantra degli Antichi. L’edizione di sDe dge del rNying ma rgyud ‘bum nel fondo Tucci della biblioteca dell’Is.I.A.O

Ester Bianchi, Arapacana-Mañjusri e la scuola dGe lugs pa. Un esempio di sinizzazione tantrica nella Cina contemporanea

Antonio Attisani, Il teatro a ce lha mo: problemi e proposte d’interpretazione

Participants

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

La corrispondenza fra Alain Daniélou e René Guénon 1947-1950

Il
volume costituisce un importante contributo alla conoscenza di due
grandi studiosi del Novecento la cui corrispondenza, conservata presso
l’Istituto “Venezia e l’Oriente” della Fondazione Giorgio Cini, tocca
numerosi temi che interessano non solo gli studi tradizionali ma anche
le più ampie relazioni fra Oriente e Occidente. Al centro del volume la
riproduzione fotografica delle 14 lettere e la traduzione italiana
delle stesse.
La Premessa di Alfredo Cadonna, che dà anche conto della ricchezza
dell’archivio Daniélou conservato alla Fondazione, precede una
introduzione di Alessandro Grossato (Alain Daniélou e René Guénon: un
incontro mancato) che ricostriusce il quadro storico e teorico del
carteggio, concentrando l’attenzione su René Guénon; chiude il volume
il saggio di Jean-Louis Gabin (René Guénon et Alain Daniélou, témoins
de la Tradition) in cui l’autore, prende in esame l’opera dei due
corrispondenti facendo proprio il punto di vista che Alain Daniélou
andò assumendo nel lungo periodo di attività successivo alla scomparsa
di Guénon nel 1951

INDICE

Premessa

Alessandro Grossato, Alain Daniélou e René Guénon: un incontro mancato

La corrispondenza: riproduzione fotografica

La riproduzione: traduzione Italiana

Jean-Luis Gabin, René Guénon et Alain Daniélou, témoins de la Tradition

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Chinese Glass

Today
glass is so widely used, it is hard to realise how little known it was
in ancient China. We in the West are inheritors of a long tradition.
The Romans, for example, brought glass vessels and glassmaking to
northern Europe, where glass was later developed for magnificent
stained glass windows in religious and secular buildings. The Chinese,
by contrast, had no indigenous glassmaking tradition, and adopted
foreign techniques only spasmodically. Yet its very rarity makes
Chinese glass all the more ínteresting. Instead of a common place,
glass in China was always something special, an exotic import, a
precious alternative to such materials as jade.This Volume brings
together some of the most recent research on this little studied
subject. The three essays cover three different periods and three
different aspects of glass manufacture and glass use. It is an exciting
moment when extensive excavations have brought to light glass finds in
a range of sites of widely different periods. For the first time, this
material makes it possible to give a detafied account of, at least, the
early phases of glass use from about the fifth century B.C. to the
twelfth century A.D.

INDICE

Preface by Jessica Rawson

Acknowledgements

Introduction

CHINESE GLASS

Cecilia Braghin, Polychrome and Monochrome Glass of the Warring States and Han Periods

An Jiayao, Glass Vessels and Ornaments of the Wei, Jin and Northern and Southern Dynasties Periods

Shen Hsueh-Man, Luxury or Necessity: Glassware in Sarìra Relic Pagodas of the Tang and Northern Song Periods

Chinese Characters

Chinese Summaries

Questo
volume raccoglie alcuni degli studi più aggiornati riguardanti il vetro
in Cina, un argomento poco conosciuto; contiene tre saggi (di Cecilia
Braghin, An Jiayao e Shen Hsueh-man,) che analizzano tre periodi
diversi: gli Stati Combattenti e gli Han (475 a.C.-9 d.C.), i Wei, i
Jin e le Dinastie Settentrionali e Meridionali (386-589 d.C.), i Tang e
i Song Settentrionali (618-1127 d.C.). Questi saggi illustrano le
principali categorie di vetri presenti nei tre periodi e ricostruiscono
alcuni dei contesti sociali e religiosi nei quali tali manufatti
vennero utilizzati

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Coreosofia

Questo
studio che viene a costruirsi quasi autonomamente sotto gli occhi del
lettore pagina dopo pagina nello scorrere della raccolta attentamente
annotata degli scritti coreografici, coreosofici e coreologici di Aurel
Milloss, compare qui in una collana di monografie riservate ad autori
veneti o ad autori particolarmente segnati dalla esperienza di vita e
d’arte maturata a Venezia o nelle Venezie (Pound, Browning, Ruskin).

Ciò non vuole segnare in nessun modo l’intento di una presa di possesso
o di una annessione alla cultura veneta della vita e del pensiero del
celebre ballerino la cui formazíone internazionale è indubitabile, il
cui fascinoso spirito “apolide” è ben noto, e i cui laboriosi percorsi
dedicati sia a evitare tutte le false vie di quel labirinto di
ideologie, engagements, smanie neo-accademiche, smanie sovversive che
fu il secolo in cui la sorte lo aveva fatto nascere ed operare, sia a
concepire una diuturna ricerca di integrazione “universalistica” delle
arti essenzialmente ímpresse, tutte, nella raffigurazione del movimento
come «volto ed immagine assoluta del mondo», sono articolatamente
descritti nella introduzione e nelle sapienti note ai testi di Stefano
Tomassini.

Accogliere gli scritti di Aurel Milloss in «Linea Veneta» significa
oggi rendere un dovuto omaggio al Maestro e alla sua volontà espressa
di far sì che le carte del suo beneamato archivio, gelosamente
conservate e arricchite di ogni grazia documentaria, fossero
conservate, e studiate a Venezia, ed a Venezia, alla Fondazione Giorgio
Cini, accanto ai fondi documentari di quei compositori del Novecento
storico ch’egli aveva amato, in Italia e che in Italia ed in particolar
modo a Venezia, sia alla Fenice, sia nel quadro del festival musicale
della Biennale, avevano concepito e co-promosso le sue creazioni più
libere e mature.

INDICE

Premessa

Stefano Tomassini, Introduzione – Aurel Milloss nella prigione della danza

Nota di edizione

MARSIA A VENEZIA Libretto di Marsia
Due lettere a Laura Dallapiccola (1979)

SCRITTI TEORICI

La nuova accademia statale di danza (1929)
La relazione tra balletto e nuova danza è un compromesso (1931)?
Le direzioni della critica (1931)
Theatertanz aristocratico e proletario (1933)
Il teatro di danza a Düsseldorf (1934)
Coreosofia – Coreologia – Coreografia. Breve introduzione accademica all’arte della danza (1942)
Balletti e malintesi (1945)
Balletto e Opera (1969)
Un manifesto per la danza (1973)
Il problema del balletto shakespeariano (riflessioni critiche sulle parole di Stendhal)

TESTIMONIANZE

I Sakharoff a Roma (1940)
Vaslav Nijinsky (intervista di Saint-Liber) (1945)
Diaghilev, un anniversaire (1945)
Rolan Petit e “Les Ballets des Champs-Elisées” (1947)
Cecchetti, Blasis e la tradizione del balletto (1978)
Discorso sulla evoluzione storica del balletto in Italia (1981)
Sandor Veress.Una parola nuova anche per il balletto (1982)
Rudolf Laban: “una nuova era nella storia della danza europea” (1982)

INVIO

Lettera a Hans Kresnik (1980)

Indice dei nomi
Indice delle opere coreografiche

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Ah les beaux jours!

Raccogliere
una serie di cronache musicali che coprano il quarantennio
di inesauribile attività di recensore di Mario
Messinis è un’operazione da cui inevitabilmente
emergeranno agli occhi del loro autore, ignaro festeggiato,
quando ne scorrerà rapidamente l’indice, tante
dimenticanze, tante lacune.
Tuttavia, per sostenere questa mia apologia, valga il fatto
che non è stato facile muoversi fra le innumerevoli
recensioni, gli elzeviri, i ritratti, le prese di posizione
anche polemiche, in cui si è riflessa una
appassionata attività critica, mai paga e sempre
attenta alle mutevoli vicende della vita musicale
contemporanea. Troppe le prove dell’inesausta
curiosità nei confronti della musica nuova, nei cui
ambiti Mario Messinis si è sempre mosso con scelte di
indubitabile coerenza e gusto, troppo fertile la sua
capacità, unica, di cogliere in un interprete, ancora
sconosciuto o non necessariamente inserito nei grandi
circuiti concertistici, interessanti novità esecutive
che dovevano essere incoraggiate, troppo esercitata
l’apertura critica di Messinis verso proposte di spettacolo
inusuali, nei cui confronti egli mai ha assunto
atteggiamenti pregiudizialmente orientati. Troppi sono gli
aspetti che da sempre hanno fatto sì che i giudizi –
caso piuttosto raro nel mondo delle cronache musicali degli
ultimi anni – hanno assunto sempre più il valore di
sicuro punto di riferimento.

INDICE

Paolo PINAMONTI Ah
les beaux jours! Il magistero critico di Mario
Messinis

Ansermet: la voce di Debussy
Il grido in tre atti di Carlos Kleiber
Compositori affinati dall’esperienza direttoriale
Karajan rende all’Ottava di Bruckner la sua luce
parsifaliana
L’Aida del debuttanti
Le elettrizzanti infedeltà di Bernstein. Alla
scoperta della teatralità sinfonica di Berlioz e di
MahIer .
Chung e il Mahler-dopo-Mabler
Fra Vivaldi e Bohème i magnifici ottant’anni di
Karajan
I due Kleiber
Monumento Boulez
La depurata Romantik di Giuseppe Sinopoli
Maestrie del Maestro
Salzburg contra Karajan, con lieto fine funebre
Sinopoli affronta la totale consapevolezza di Mahler, dopo
il congedo
L’asse ereditario di Arturo Toscanini .
Tristani Tristani
«Strauss via Berg e Schoenberg»: la cifra
interpretativa della Elektra fiorentina di Abbado Salutare
rivisitazione di Boito
Immediatezze e riflessioni pucciniane di Giuseppe
Sinopoli
L’armonia e la distruzione nell’ultimo Parsifal di Abbado a
Salisburgo
Mila alla Scala
Il pensiero pianistico di Carlo Pestalozza
Ricordo di Giulio Confalonieri
Nono, l’antitesi e il progetto
L’esempio di Massimo Mila
Debito a Varèse
Folla ed entusiasmo per Schnittke
Petrassi: altri Beaux jours a Siena e a Città di
Castello
La scrittura di Malipiero

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Schoenberg & Nono

Nuria
Schoenberg Nono è stata una protagonista della storia musicale del
Novecento e tale resta, attivamente, anche nel nuovo secolo. Le sue
iniziative per la diffusione e la
valorizzazione dell’opera di Arnold Schoenberg e di Luigi Nono, cui si
dedica con maniere insieme dolci e determinate, meritano il plauso e il
ringraziamento della comunità scientifica e civile; […] Per queste
ragioni, e tante altre ancora, Nuria Schoenberg Nono è oggi la
dedicataria ideale di una Festschrift nella migliore tradizione dei
volumi celebrativi, quella costituita da pubblicazioni dotate di una
precisa identità, sia come testi di
riferimento scientifico rivolti al futuro della ricerca sia come
memoria dell’evento festivo che le ha generate.
L’elemento costante in questa raccolta è la relazione diretta o mediata
con Nuria Schoenberg Nono anche nel suo
essere donna, e non a caso ampio spazio è dedicato alla famiglia e alla
figura di Gertrud Kolisch Schoenberg. I saggi affrontano temi cari alla
dedicataria e
suggeriti da lei stessa nelle sue frequenti e puntuali osservazioni sui
due maestri che hanno accompagnato gran parte della sua vita, anche
lungo le linee di tangenza tra Nono e Schoenberg, nelle vicende
biografiche e nel pensiero compositivo. I numerosi documenti qui
pubblicati per la prima volta sono conservati prevalentemente negli
archivi dei quali la dedicataria è presidente e ai quali si
dedica con la sua dolce forza, Arnold Schoenberg Center Privatstiftung
di Vienna (ASC) e Archivio Luigi Nono di Venezia (ALN). Come è facile
verificare, il volume curato da Nuria Schoenberg Nono Arnold Schoenberg
1874-1951. Lebensgeschíchte in Begegnungen
(Klagenfurt, Ritter,
1992) trova qui una conferma ulteriore della sua importanza scientifica
nella misura in cui ha costituito una fonte preziosa per tutti i saggi
su Schoenberg. I contributi sono stati richiesti e redatti
anteriormente alla data del compleanno; in particolare il saggio di
Victoria
Martino era compiuto prima del convegno Arnold Schoenberg und sein Gott svoltosi
a Vienna nel giugno di quest’anno.
Tengo a ricordare che la pubblicazione in questa sede dell’intervista
su Gertrud Kolisch Schoenberg, letteralmente catturata alla
dedicataria, ha rappresentato per lei una
effettiva sorpresa.Nuria Schoenberg Nono ha saputo infatti della
preparazione di questo volume nel giorno del suo compleanno, nel corso
della cerimonia a lei dedicata dalla
Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Le testimonianze degli amici
elencati nella tabula gratulatoria posta in fine a questo volume – alle
quali si sono aggiunte altre voci augurali in forma privata con
lettere, telefonate e fax –
sono pubblicate nel volume Happy Birthday to Nuria Schoenberg Nono on May 7, 2002 (Venezia, Arti Grafiche Venete, 2002). […]

7 maggio 2002
Anna Maria Morazzoni

INDICE

Premessa di Pasquale Gagliardi

Anna Maria Morazzoni, Alla dolce forza di Nuria Schoenberg Nono

Arnold Schoenberg, Beobachtungen am Neugeborenen
Kind .« … die Welt sehen wollende Tochter». Bruchstucke aus Schoenbergs Korrespondenz, ausgewáhlt von Iris Pfeiffer

E. Randol Schoenberg, Brief
Biographical History and Genealogy of Nuria Schoenberg Nono

Anna Maria Morazzoni, Il paradosso del donare nelle Festschriften intorno a Schoenberg

Joseph Auner,On the Emotional Character of Schoenberg’s Music

Victoria Martino, Moses und Arnold: Schoenberg’s Autobiographical Theology

Therese Muxeneder, Lebens(werk)geschichte in
Begegnungen. Vorgesprache zu Arnold Schoenbergs
«A Survivor from Warsaw» op. 46

Konrad Oberhuber, Thoughts about my Schoenberg the Painter

Nuria Schoenberg Nono, Gertrud
Bertha Kolisch Schoenberg. A Collection of Memories about my Mother, an interview wíth
Anna Maria Morazzoni

Giovanni Morelli, «Wie es ist, so hat es sein sollen». Un «motto» (1980) per Gertrud Kolisch Schoenberg

Veniero Rizzardi, Nono e la `presenza storica’ di Schoenberg.

Gianmario Borio, «Liebeslied» di Luigi Nono: microcosmo di futuri sviluppi

Veniero Rizzardi, Una lettera di Luigi Nono su «Incontri»

Claudia Maurer Zenk, «La di Ella inaudita Finezza». Zur Entstehung der «Varianti».
Briefwechsel Luigi Nono-Rudolf Kolisch 1954-1957.

Franziska Breuning, Einige Gedanken zum Líebesmoment in Kompositionen Luigi Nonos

Klaus Kropfinger, Der befragte Raum – Nonos existentielle Vergewisserung

Massimo Cacciari, Per il «Prometeo»

Erika Schaller, Das Archivío Luigi Nono

Christian Meyer, Funf Jahre Arnold Schoenberg Center Privatstiftung

Tabula gratulatoria

Indice dei nomi

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

L’eredità  greca e l’ellenismo veneziano

Centro
gravitazionale del libro, come già del corso, una Venezia che –
paragonabile, per dirla con Goethe, solo a se stessa – svolge questa
sua unicità, questa sua peculiarità, questa sua singolarità in termine
d’assunzione del significato delle città che più, nell’umana vicenda,
appunto han significato. Altera Roma, l’han timbrata gli
umanisti. Non tutti però. Più d’uno ha storto il naso. Più d’uno una
qualifica del genere l’ha ritenuta più e meglio pertinente a Firenze.
Ma son stati ben i dotti bizantini a Venezia arrivati prima
dell’inturcarsi di Bisanzio, prima della captivitas del 1453, a
proclamare la città lagunare alterum Byzanzium

INDICE

Premessa di Gino Benzoni

Giovanni Pugliese Carratelli, Bessarione, il Cusano e l’umanesimo meridionale

Giorgio Ravegnani, I dogi di Venezia e la corte di Bisanzio

Gherardo Ortalli, Venezia mediterranea e grecità medievale: relazioni, conflitti, sintonie

Silvia Ronchey, L’ultimo bizantino. Bessarione e gli ultimi regnanti di Bisanzio

Marino Zorzi, Bessarione e i codici greci

Irene Favaretto, Sculture greche nel territorio della Repubblica

Ugo Tucci, La Grecia e l’economia veneziana

Ennio Concina, Il quartiere veneziano di Costantinopoli

Luigi Balsamo, Aldo Manuzio e la diffusione dei classici greci

Jean Claude Margolin, Erasme et Venise

Cesare Vasoli, Guillaume Postel e l’eterodossia

Marc Fumaroli, L’ellénisme vénitien et les origirtes du Collège de France

Lionello Puppi, «Quelle
cose.. che solo i Greci per magnificenza… poterono fare».
Consapevolezza ed esperienza dell’architettura ellenica da Palladio a
Scamozzi

Augusto Gentili, Tiziano, la tragedia e il crepuscolo degli dei

Gino Benzoni, Ellade e non solo Ellade: qualche appunto a e da Venezia

Vincenzo Di Benedetto, Il neoclassicismo del Foscolo: avvii di un percorso

Lorenzo Braccesi, Il mito ellenico e il fallimento di Campoformio

Giorgio Orelli, «Un perenne ronzio» (rileggendo le Grazie del Foscolo)

L’ eredità greca e l’ellenismo veneziano raccoglie gli interventi al “XL Corso Internazionale di alta cultura” tenutosi dal 31 agosto al 12 settembre 1998

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Le metamorfosi del ritratto

Le
diciannove lezioni raccolte in questo libro, tanto più se si consideri
che esso spazia al di là dei problemi del solo ritratto in ambito
visivo, pittorico, scultoreo o di ogni altra tecnica ed espressione
figurativa, ma, continuando una tradizione di multipolarità propria di
questi corsi, pur senza giustificarne esplicitamente l’estensione e
definirne le correlazioni, allargano il campo di indagine ad altri
aspetti dell’arte del ritratto, toccando tematiche letterarie e
interpretazioni antropologiche, e non rinunciando ad incursioni nei
trattati di fisiognomica sia antica, con influenze e derivazioni che
permangono fino agli studi cinquecenteschi di Leonardo e Della Porta
(Carlo Carena), sia moderna, con le nuove teorízzazioni di Lavater
(Marian Hobson) e di Cesare Lombroso (Delía Frigessí), e a una piccola
scelta di scrittori signíficativi, nei quali la focalìzzazione sul tema
“ritratto” (e soprattutto per quel che riguarda i contemporanei,
“autoritratto”, ripetendo in ciò il fenomeno iniziatosi a partire dal
Cinquecento degli autoritratti di artisti – basterà ricordare per il
caso più clamoroso la settantina di autoritratti di Rembrandt -,
prolungatosi come uno dei più sintomatici indirizzi dell’arte moderna)
hanno trovato particolarmente in un genere, quello del romanzo e della
letteratura autobiografica, la sua più straordinaria manifestazione, al
punto da potersi dire che l’intera storia del romanzo è in realtà una
storia di ritratti e, in particolare nel moderno, di autoritratti.

INDICE

Prefazione di Renzo Zorzi
Jean Clair, Occhio per occhio, dente per dente, tratto per tratto.

Carlo Carena, Uomini e animali nella fisiognomica antica.

Enrico Castelnuovo, «Propter quid imagines faciei faciunt». Aspetti del ritratto pittorico nel Trecento.

Giandomenico Romanelli, Il ritratto assente: Marin Falier a Palazzo Ducale.

Carlo Bertelli, Il ritratto nell’opera di Piero della Francesca.

Gino Benzoni, Ritrarre con la penna, ossia gli ambasciatori veneti ritrattisti.

Claudine Haroche, Les usages de l’impassibilité et de la maitrise de soi dans la domination politique.

Alfonso E. Perez Sanchez, Los Retratos de Velázquez .

Francis Haskell, Come si costruisce un re: Carlo I d’ Inghilterra e i suoi ritrattisti.

W. R. Rearick, The Venetian Selfportrait. 1450-1600.

Ernst J. Grube, Il ritratto nel mondo musulmano.

Maria Hobson, La physionomie: le portrait d’un exemple.

Lea Ritter Santini, Gli occhi del ritratto.

Victor Brombert, Dostoievski: portrait de l’homme à paradoxes.

Delia Frigessi, Ritratti antropologici.

Sergio Perosa, Il ritratto che uccide (da Poe a Wilde).

Paolo Costantini, «L’éternel du transitoire»: ritratto dell’artísta da (giovane) fotografo. Steíchen a Parigi, 1900-1902.

Paolo Fossati, Carlo Carrà, Gentiluomo ubriaco, 1916. Un ritratto del XX secolo.

Giovanni Raboni, Proust contro Proust.

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Lettere da Venezia a Madame la Comtesse de Caylus, 1727 – 1729

Per quali reali motivi il patrizio padovano Antonio Schinella, meglio noto
come Abate Conti, si sia recato in Francia quando aveva trentasei anni,
e quindi sia ritornato in patria solo quando aveva toccato la
cinquantina, forse non sarà mai dato saperlo. Per quali ragioni abbia
lasciata la sua città ove, erudito accanito, si era dedicato a studi
rigorosi e di lunga durata, sia nel campo delle scienze che in quello
della filosofia, sotto la guida dei dotti e dei professori più
illustri, di Venezia e di Padova, ma anche dove nulla aveva pubblicato
di importante, ancora meno ci è dato sapere. Forse la ragione deve
essere ricercata in una missione diplomatica segreta e preparata da una
accurata serie di studi (come si comincia a supporre da parte di alcuni
studiosi quando immaginano essere il Conti, accanto all’amico Dubos,
agente diplomatico segreto del marchese di Torcy). Forse muoveva il
Conti l’ambizione di continuare con più fortuna oltre frontiera una
carriera scientifica internazionale, avvicinando i più importanti
pensatori e scienziati del suo tempo. In una lettera all’amico
Martello, pubblicata nel 1726 assieme al Cesare, la sua tragedia, e
quindi riedita in Poesie e prose, una collettanea poligrafica il cui
primo tomo uscì nel 1739, Conti non lascia trapelare dubbi sui motivi
della partenza. Nel 1713 è proprio la relativa modestia degli studi
scientifici contemporanei italiani, sono proprio i meandri, i labirinti
in cui si perdono i dibattiti scolastici e teologici, sterili e inerti,
a determinare nel giovane studioso l’impulso a cercare altrove le
risposte ai suoi interrogativi, già che, fra l’altro, i libri stranieri
arrivavano in Italia con gran ritardo ed era arduo tenere il passo
delle novità. […]

INDICE

INTRODUZIONE AL CARTEGGIO

I. I soggiorni di Antonio Conti in Francia (1713 – 1715 / 1718 – 1726)

II. Le lettere di Conti alla Contessa de Caylus

III. Antichità, Archeologia, Belle Arti: Conti e il Conte de Caylus

IV. Antonio Conti e la musica: gli Antichi e i Moderni

V. Antonio Conti e Madame de Caylus: un sodalizio

Del N.H. Abbate Conti: Discorso Istorico e Politico sullo Stato della Francia dal 1700 sino al 1730

Indice analitico del Discorso Istorico

LETTERE DA VENEZIA
Trascritte dal Codice marciano I-Vnm: Mss francesi App. 58 (=12.102)

Indice dei nomi citati nelle Lettere

Opere citate nelle Lettere

Soggetti diversi a diverso titolo citati o trattati nelle Lettere

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
I
soggiorni di Antonio Conti in Francia (1713-1715 1718-1726). Gli studi,
i viaggi, le conversazioni intellettuali, le polemiche scientifiche e
letterarie.

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it