Editore Neri Pozza, Vicenza – Pagina 11 – Fondazione Giorgio Cini

Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa

INDICE

Ulderico Bernardi
Prefazione

Susanna Celi
Nota al testo

Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa
Giacomo Agostinetti

A’Lettori

Tavola delli Ricordi contenuti nell’opera

Cento e dieci Riccordi

Rimedii per varie infirmità

Rimedi per mal de’cani

Rimedi applicati alle infermità che i cavalli patiscono

Saggio e apparato critico
Enzo Demattè

Un fattore nel consseco georgico
Nota sulle edizioni
Ragguaglio sulle partizioni tematiche
Glossario generale
Indice dei nomi personali, titoli e casati
Indice dei nomi geografici
Autori espressamente nominati nel testo
Bibliografia di riscontro

 

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Processioni e feste dogali

La millenaria Repubblica di San Marco ebbe, più che qualsiasi altro stato europeo, il maggior numero di processioni, un intreccio inscindibile che abbinava il culto civico alle celebrazioni religiose.
Proprio per questa costante esse svanirono, più che altrove, insieme alla perdita della libertà politica, al glorioso passato sui mari, all’intraprendenza mercantile in quel fatale 1797.
Venezia appariva in tutto il suo splendore sia che i cittadini partecipassero coralmente col doge allo Sposalizio del mare, sia che lo seguissero nelle innumerevoli andate (visite) a chiese e monasteri. Molteplici celebrazioni traevano origine da fatti storici o erano in ringraziamento per cessazioni di calamità naturali, altre solennizzavano l’elezione dogale, il trionfo della dogaressa, l’ingresso in Palazzo Ducale di un procuratore di San Marco, del Cancellier Grande, di ambasciatori, l’entrata in San Pietro di Castello del patriarca, la consegna del vessillo e del bastone di comando a un capitano generale. Alcune erano singolari e uniche: se il Serenissimo, per ribadire il suo jus patronato sul convento delle vergini, sposava simbolicamente la badessa lo Stato indiceva in onore dell’arrivo da Roma del cappello cardinalizio, destinato ad un patrizio veneziano, un
solenne corteo. La maggior parte delle cerimonie trovava conclusione in piazza, in Palazzo Ducale e in basilica di San Marco, spazi teatrali, in cui si esaltavano la giustizia del Governo, la tutela dell’evangelista sulla sua città, la concordia delle classi sociali, la potenza e la ricchezza della Serenissima.
L’ufficialità era rappresentata dal corteo dogale. Il Serenissimo vi doveva partecipare in prima persona, preceduto dalle insegne del potere, sui cui simboli, secondo la tradizione, poggiava ab antiquo il mito di Venezia. Se i più antichi percorsi processionali furono indetti per i ludi mariani, nel Rinascimento e nell’età barocca Venezia si presentava in tutto il suo splendore con la festa del Corpus Domini, su cui si esemplavano tutte le altre processioni, in specie quelle di carattere laico nazionalistico, allestite dal Governo per informare i
cittadini su fatti ed episodi di estrema importanza per lo Stato veneziano. Una presenza imponente erano le Scuole Grandi, in specie per i soleri (palchi mobili) su cui erano collocate, accanto ad oggetti preziosi, anche allegorie, che Marin Sanudo chiama demonstrationi, in legno e stucco, rivestite con abiti preziosi. Non di rado si collocavano sui palchi anche persone vive che col supporto di simboli, cartigli con iscrizioni, elementari dialoghi – rappresentavano episodi dell’Antico e Nuovo Testamento, vite di santi, Virtù cardinali e teologali, ma anche allegorie profane complesse e articolate: potenti alleati e mortali nemici di Venezia, il doge, san Marco, la Giustizia, il papa, cardinali, re, ambasciatori.

INDICE

Antonio Niero
Presentazione

Introduzione

Processioni per festività annuali

I ludi mariani ossia la festa delle Marie
San Marco: processioni, feste e leggende
Riti contro il carnevale: perdoni, oratori, quaresimali
I riti della Settimana Santa
L’andata a San Geminiano la domenica degli Apostoli
La festa della Sensa e lo sposalizio del mare
La processione del Corpus Domini
L’andata dogale a San Giorgio Maggiore

Processioni annuali in ringraziamento per vittorie,
sventate congiure, votive

L’andata a San Marco per la sventata congiura di Marin Faliero
L’andata alla Salute nella festività di sant’Antonio
L’andata a San Vio per la congiura di Baiamonte Tiepolo
L’andata a Santa Marina per il recupero di Padova
L’andata a Santa Giustina per la vittoria di Lepanto
L’andata al Redentore per la cessazione della pestilenza del 1575-1577
L’andata a San Rocco nel dies natalis del santo
L’andata alla Salute per la pestilenza del 1630-1631

Processioni laico-nazionalistiche

Processione per la lega contro Carlo VIII
Processione per la promulgazione della lega Santissima
Processione per la promulgazione della lega anti imperiale
La processione dell’8 settembre 1515
Processione per la promulgazione della lega di Cognac
Processione per la promulgazione della pace di Bologna
Processione per la venuta dei Signori giapponesi
Processione per la pace tra Enrico IV di Francia e Filippo II di Spagna

Feste Dogali

Il corteo e i simboli del potere dogale
Feste e processioni per le elezioni dogali
L’andata alle Vergini e lo sposalizio della badessa
Trionfi delle dogaresse

Solenni Ingressi e cerimonie di Investiture

Ingresso di un patriarca in San Pietro di Castello
Solenne ingresso di un procuratore di San Marco
Ingresso in Palazzo Ducale di un cancellier grande
Solenni ingressi in Palazzo Ducale di ambasciatori
Consegna del cappello cardinalizio a un patrizio
veneziano
Investiture di capitani generali

Bibliografia

Indice dei nomi

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Scartafaccio di agricoltura

La trattatistica dedicata all’agricoltura vanta nel Veneto una lunga
tradizione, a partire almeno dal XVI secolo, per arrivare alla
fioritura di pubblicazioni divulgative nel periodo tra la fine della
Repubblica veneta e l’unità nazionale. Appartiene a questo filone il
manoscritto anonimo, conservato nella biblioteca dell’orto Botanico
dell’Università di Padova, faticosamente redatto tra il 1805 e il 1810
da un contadino di Oderzo che ha trasferito sulla carta le esperienze
di tutta una vita, soprattutto nella tecnica di coltivazione della
vite.
La sua importanza come vivo documento linguistico, miracolosamente
riemerso, risulta dallo stile, che guarda al modello biblico della
similitudine, e dal lessico, ricco di voci del dialetto locale, molte
delle quali scomparse, soprattutto nella terminologia specialistica,
dalla semina all’innesto alla vendemmia.
Al lettore moderno del testo, che superi l’incertezza dell’espressione
tra italiano e dialetto e l’ossessione devota circolanti in ogni
pagina, risulteranno godibili le aperture del narratore popolare,
mentre lo faranno riflettere l’atteggiamento di rispetto nei riguardi
di ogni essere vivente e di concreta solidarietà verso gli uomini.

INDICE

Manilo Cortelazzo
Premessa

Luciano Morbiato
Le due «recolture»

Scartafaccio d’agricoltura

Nota alla trascrizione
Testo e note
Glossario

Appendici

Appunti di agricoltura scritti da un contadino di Emilio Teza
Carteggio P.A. Saccardo-E. Teza (1895)
Bibliografia

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La fienagione nelle prealpi venete

Questo saggio conclude una ricerca durata dieci anni (1988-98) e segue
e completa altre indagini di carattere lessicale ed etnografico che in
questi ultimi venti anni abbiamo svolto nel Veneto settentrionale.
In questo periodo abbiamo potuto assistere alla fine di un’epoca, al
disgregarsi e sparire di quella civiltà contadina che per millenni è
stata la base dell’esistenza delle popolazioni di questa zona. Sono
scomparse tecniche agricole più o meno primitive, oggi sostituite da
moderne tecnologie; abitati rurali ed antiche costruzioni hanno
lasciato il posto a villette moderne o a tipologie costruttive che di
solito nulla hanno salvato dell’edilizia tradizionale; i fienili sono
stati sostituiti dai garage. Tutto ciò è visibile ovunque: qui
ricordiamo (ma è solo uno fra i tanti esempi) Santa Croce e Farra
d’Alpago.
Materiali locali come legno e pietra risultano stravolti da
importazioni da continenti più o meno lontani; ramaglie, canne palustri
e laste di pietra sono state abbandonate in favore di materiali meno
naturali ma più funzionali.
Non visibile ma riscontrabile è invece la perdita del dialetto, che
muore con i cambi di tecnologia, l’abbandono delle attività
tradizionali e la scomparsa delle vecchie generazioni.
Un tempo ogni oggetto o utensile aveva il proprio nome, oggi solo nomi
generici o perifrasi identificano oggetti dall’effimera vita
lavorativa. Un contadino anziano possiede (o forse meglio possedeva) un
patrimonio lessicale più articolato, funzionale e ricco dei propri
figli o nipoti. Qui ricordo (ma anche questo è solo un esempio) che
venti anni fa a Revine era noto il termine postòk (terreno non più
coltivato), che oggi nessuno più conosce. Questa civiltà contadina,
fatta fra l’altro di utensili antichi e parole millenarie, povera ma
completa e solida, è stata sostituita da qualcosa che non si sa ancora
cosa sia, da mode fugaci, da simboli effimeri e da impensabili
ricchezze, tutte cose che non riempiono il vuoto lasciato dal
disgregarsi dell’antico modo di vivere.
La vita oggi è più facile e comoda, ma ciò non ha comportato un aumento
della felicità, mentre la scolarizzazione globale e i mass media non
hanno creato una cultura che possa essere tramandata.

INDICE

Giovan Battista Pellegrini
Presentazione

Premessa del raccoglitore

La Fienagione nelle prealpi venete
Etnologia ed Etimologia

Gli attrezzi della fienagione
I lavori della fienagione
Il trasporto del fieno
Il fienile e la mangiatoia

Atlante
I colori del fieno

Ringraziamenti
Punti d’indagine e informatori
Indice dei concetti
Indice degli appellativi segnalati
Indice delle tavole
Bibliografia essenziale

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Abiti antichi e moderni dei Veneziani

Per moda si è soliti intendere quella delle classi altolocate,
dimenticando che, sia pure in ritardo e protratta poi per periodi più
prolungati, qualunque foggia arriva anche alle classi borghesi nonché,
grazie al fiorentissimo, un tempo, mercato dell’ usato, al popolo
minuto, e che quindi per capire il modo di vestire dei poveri bisogna
conoscere il modo di vestire dei ricchi. Il presente studio intende
analizzare i cambiamenti delle mode nel corso dei secoli a Venezia e
nei suoi domini in Terraferma, dall’origine della Repubblica ad oltre
la sua caduta, fino al nascere del costume ‘popolare’ o folclorico,
investigato in particolare per quanto rìguarda il modo di vestire di
tipiche classi popolari (quali per esempio quelle di gondolieri e
tabacchine o impiraresse, queste ultime caratterizzate dall’ uso dello
scialle nero). Lo scialle (quasi un fil rouge nell’abbigliamento
veneto), riscontrato fin dai Paleoveneti (rappresentato in lamelle
bronzee e altri reperti archeologici dei Veneto), persiste infatti
nella moda dei fazzuoli cinquecenteschi e ancora nei cendali e nei
ninzioletti settecenteschi. Ma emergono altri numerosissimi tratti di
originalità del vestire marciano: dal colore azzurro delle origini al
rosso cremisi o scarlatto del Rinascimento; dalle acconciature a fungo
agli altissimi zoccoli femminili del secolo XV; dai calzoni affusolati
a ‘coscia di pollo’ degli uomini alle scollature velate da alti bavari
e alle pettinature a corna delle donne, nonché all’ utopia dell’ abito
‘divisa’ (tale da rendere immediatamente riconoscibile la condizione
sociale di chiunque) nel secolo XVI; dalle sopravvesti leggere e
rigonfie come mongolfiere ai sontuosi merletti tridimensionali nel
secolo XVII; dai ganzi esclusivi e pesanti di metalli pregiati alle
aristocratiche baute, inquietanti travestimenti unisex del secolo
XVIII; dal pittoresco costume di pellestrinotte e bigolanti
all’uniforme folcloristica di gondolieri e barcaroli del secolo XIX;
dalla magia di delphos e knossos reinventati dell’ hidalgo Fortuny ai
tubini trompe-l’ oeil di Giuliana di Camerino. Il tutto dosato e
mescolato alle tendenze di volta in volta provenienti dalle corti o
dalle nazioni leaders del momento.

INDICE

Doretta Davanzo Poli
Introduzione

I paleoveneti
Le origini e i rapporti con Bisanzio
La conquista della supremazia
Verso un’originalità delle fogge
Il Trecento e il diversificarsi delle fogge maschili e femminili
Il Rinascimento e una foggia tutta veneziana
Il Cinquecento e l’utopia dell’ abito-divisa
Il Seicento e le mode di Olanda e Francia
Il Settecento: analogie e differenze con le mode di Francia e Inghilterra
Semplicità neoclassiche e stravaganze lombardo-venete
Costumi tradizionali
Il Novecento: dall’archeologismo di Fortuny alle sfilate di Palazzo Grassi

Inventari
Glossario
Bibliografia

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Chiese e cappelle rurali nella Valbelluna

Ci si potrebbe chiedere perché un libro sulle chiese e le cappelle
rurali della Valbelluna, dato che in proposito sono apparsi,
soprattutto in tempi recenti, studi specifici molto utili a livello
informativo.

Lo scopo di questo saggio non è però quello di aggiungere nozioni o
elementi dì conoscenza analitica sul singoli edifici; all’opposto si è
cercato di avere una visione il più possibile globale, sintetica,
comparata, di un fenomeno che non pareva corretto smembrare per parti,
né tantomeno prendere in esame solo sotto l’aspetto stilistico-formale.

INDICE

Adriano Alpago-Novello
Presentazione

Chiese e cappelle rurali nella Valbelluna

Nilo Tiezza
Il cristianesimo nella Valbelluna dalle origini al periodo feudale

Adriano Alpago-Novello
Dal medioevo al dominio veneto: dal documento al monumento

Adriano Alpago- Novello
La cartografia storica riguardante chiese e cappelle rurali della Valbelluna

Paolo Mar
La cartografia storica riguardante chiese e cappelle rurali della Valbelluna

Adriano Alpago-Novello
Note essenziali di tipo urbanistico

Adriano Alpago-Novello
Tipologie architettoniche

Schede

Claudia Alpago-Novello
Santi: culto e devozione popolare

Adriano Barcelloni Corte
Rilevazioni di tipo geobiofisico
utilizzabili per l’approfondimento della conoscenza globale delle
chiese rurali della Valbelluna

Glossario
Bibliografia

Premessa

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Indici di Arte Veneta

INDICE

Presentazione

Nota esplicativa

Artisti

Artisti e luoghi

Luoghi e opere

Mostre recensite

Libri recensiti

Autori e articoli

Scritti “in memoriam”

Sommari delle annate 1961-1968

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Storia di varj costumi sagri e profani, dagli Antichi sino a noi pervenuti

Carmeli è mosso alla sua Storia non da intenti apologetici – pro o
contro (e soprattutto contro) le usanze popolari tradizionali – ma da
vivace curiosità intellettuale. Ed è così che egli compie almeno in
buona misura il passaggio dalla confutazione alla constatazione, e
dalla polemica alla erudizione, se non proprio alla storia. Tra Sei e
Settecento, altri studiosi ebbero o avranno atteggiamento analogo
(Audrey, Bourne, Brand): un atteggiamento o indirizzo che nella storia
degli studi di folklore è stato detto 1 antiquario 1 e nel quale si
fanno rientrare anche le Antiquitates italicae Medii Aevi (1732-42) di
Ludovico Antonio Muratori. Assumendo le tradizioni – anche quelle
‘riprovevoll’ – come documento di antichi modi di vita, le
consuetudines non laudabiles e gli errores divennero antiquitates
vulgares o popular antiquities oppure, nella formulazione di Carmeli,
«costumi sacri e profani degli antichi sino a noi pervenuti». A ben
guardare, s’ avverte quasi Un precorrimento o anche un preannuncio (sia
pur remoto) di quel passaggio dal concetto di ‘superstizione’ a quello
di ‘sopravvivenze’ che fu operato alla fine dell’Ottocento da E. B.
TyIor e che segnò l’avvio dei moderni Studi di etnologia, folklore e
antropologia culturale. Con tutte le cautele del caso può dunque dirsi
che Carmeli contribuì alla erosione delle pretese di validità
universale della cultura ufficiale europea ed al superamento dei suo
esclusivismo.

INDICE

Michelangelo Carmeli e gli studi di folklore di Alberto Mario Cirese

Biografia e bibliografia di Domenico Isabella

Nota all’edizione

Storia di Varj costumi sacri e profani dagli antichi fino a noi pervenuti

Tomo I

Capo I. Introduzione all’Opera
Capo II. Dell’uso del Fuoco nel rito Sagro
Capo III. Dell’uso dell’Acqua nel rito sagro
Capo IV. Dell’uso delle Processioni nel rito sagro
Capo V. Delle Agape
Capo VI. Delle Neomenie
Capo VII. Dell’uso de’ Flaggellanti, o Battuti
Capo VIII. Dell’uso del Digiuno
Capo IX. Dell’uso de’ Marchi’, o segni impressi su la carne
Capo X. Delle Prefiche, o Piagnoni
Capo XI. Dell’uso di far conviti sopra i sepolcri
Capo XII. Del vestir nero nella morte di alcuno, e delle vesti bianche
Capo XIII. Dell’uso di imbalsamare i corpi
Capo XIV. Dell’uso delle fave nel giorno de’ morti
Indice delle cose più notabili, che si contengono in questo primo tomo

Tomo II

Capo I. Dell’uso de’ Baccanali
Capo II. Dell’uso del Ballo
Capo III. Dell’uso delle maschere
Capo IV. Della festa detta di S. Martino
Capo V. Dell’uso del baston di comando
Capo VI. Dell’uso diporre corone, o festoni di foglie verdi su le porte, per segno di festa, o di allegrezza
Capo VII. Dell’ uso di piantare il majo
Capo VIII. Dell’uso di mangiar l’Agnello nella Pasqua
Capo IX. Dell uso di mangiar l’uova in tempo di Pasqua
Capo X. Dell’uso, che si chiama Ferrare Agosto
Capo XI. Dell uso di dar la mano dritta per segno di rispetto, e di precedenza
Capo XII. Dell uso di baciar la mano per segno di riverenza
Capo XIII. Conclusione dell’Opera

Dissertazioni sopra la venuta del messia

Dissertazione prima
Dissertazione seconda

Indice delle cose, che in questo secondo tomo si contengono
Indice dei luoghí della Sacra Scrittura citati, e spiegati
Indice degli autori citati, lodati, emendati

Appendice

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Il canto «patriarchino» di tradizione orale in area istriana e veneto-friulana

Nelle chiese grandi e piccole dell’Istria, del Friuli, del Veneto, fino
alla Lombardia, è risuonato da tempo immemorabile un canto liturgico
che, tramandato oralmente per generazioni, ha scandito i momenti
salienti della vita delle comunità montane e rurali.
Manifestazione tra le più sentite e partecipate della devozione
popolare, questo repertorio variegato, eppure compatto, viene detto
“patriarchino”, ma, più spesso, “a la vecia”, cioè more antiquo.
Entrambi gli appellativi ben comunicano il senso di dignità e il
rispetto attribuiti a una tradizione vetusta, che sembra richiamarsi
all’antico patriarcato di Aquileia.
Con il supporto di una nutrita serie di esempi musicali, questa
raccolta di saggi fa il punto delle conoscenze intorno al
“patriarchino” dopo decenni di ricerche sempre più intense: ne descrive
la varietà e la ricchezza, ma anche l’omogeneità e i tratti comuni;
tenta di dare qualche risposta ai molti interrogativi sulla sua
origine, la sua evoluzione, le sue commistioni con altri repertori, la
sua sorprendente estensione.
Ne emerge il quadro di un vero e proprio dialetto musicale dell’Italia
settentrionale, sospeso tra colto e popolare, tra scrittura e oralità,
tra storia “grande” della Chiesa e storia minuta delle parrocchie e
delle comunità, tra memoria ormai quasi dispersa e vitalità del
presente.

INDICE

Paola Barzan, Giulio Cattin
Premessa

Saluto di Sua Ecc. P. Antonio Vitale Bonmarco, arcivescovo di Gorizia

Il contesto storico-territoriale

Remo Cacitti
Dalla «leggenda» marciana allo scisma dei Tre Capitoli

Note storico-teologiche

Gilberto Pressacco
Appunti sulla tradizione liturgico-musicale del Patriarcato di Aquileia dall’epoca carolingia al XVI secolo

Giuseppe Andrich
Appunti di storia, istituzioni e liturgia dell’Agordino

Mario Ferruccio Belli
Cadore e Ampezzo all’ombra dei patriarchi

Le ricerche

Roberto Leydi
Il «patriarchino» in Istria

Giuseppe Radole
Canti liturgici «patriarchini» di tradizione orale in Istria

Luigi Donorà
Il canto «patriarchino» a Dignano

Francesco Tolloi
Umago: gli indirizzi della ricerca

David di Paoli Paulovich
Il canto «patriarchino» di Umago
e dell’entroterra umaghese (Matterada). Considerazioni musicali e
prospettive generali di ricerca

Vittorio Bolcato
Cenni storici sulla tradizione musicale in Cadore

Ermanno Livan
Il canto liturgico di tradizione orale in Cadore e in Val di Zoldo

Renzo Bortolot
Il canto liturgico di tradizione orale in Cadore e in Zoldo. La situazione attuale

Paola Barzan
I canti liturgici di tradizione orale dell’Agordino

Roberto Starec
Canti liturgici tradizionali del Friuli

Giuseppe Cargnello
La Pieve di Gorto. I repertori liturgici in Carnia e Friuli

Giuseppe Camilotto
La tradizione «patriarchina» a Venezia e nell’entroterra veneto

Le musiche

Paola Barzan
Il repertorio

Godehard Joppich
Osservazioni su alcune melodie di inni nel canto «patriarchino»

Gilberto Pressacco
Prestiti musicali tra repertorio sacro e profano in Istria e in Friuli

Angelo Rusconi
Il canto «patriarchino» nell’antica diocesi di Como. Ricerche preliminari sulla tradizione scritta

Altri percorsi tra oralità e scrittura

Nicola scaldaferri
Percorsi tra oralità e scrittura nella tradizione liturgica bizantina in Italia meridionale

Marinella Ramazzotti
Oralità e scrittura in repertori liturgici e paraliturgici. Riflessioni metodologiche

Roberto Leydi
Conclusioni

Bibliografia

Indice dei nomi e dei luoghi
Indice degli incipit e dei titoli
Indice dei manoscritti

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Lettere artistiche del Settecento veneziano I

Quando
agli inizi si ebbe l’idea di portare attenzione alle lettere di
argomento artistico si era pensato a queste come a ogni altro documento
che potesse essere di utilità e sostegno alla generale ricerca nel
campo della stori adell’arte – sopratutto, in questo caso, veneta –
come era nell’intendimento e negli scopi che si proponeva l’istituendo
nosrto Istituto di Storia dell’Arte.
In questo pensare alle lettere, portare attenzione a una possibile
raccolta di esse ci si proponeva e si allargava quanto si era già fatto
per creare una particolare fisionamia alla biblioteca e alla fototeca .
E così, superati i primi anni del lavoro iniziale, si andavano a
consolidare le strutture dell’Istituto scegliendo tra i nostri molti
progetti e le molte proposte che ci pervenivano da ogni parte. E questo
mano a mano che si stringevano rapporti di Internazionali, che con
sempre maggore simpatia guardavano a Venezia e a San Giorgio e
seguivano lo sviluppo e il carattere che il nuovo Istituto andava
assumendo.
La raccolta delle lettere si andava così in certo modo collocando tra
la biblioteca e la fototeca. Si dava così prevalenza ad una prima
informazione e reale individuazione a quanto si incontrava che veniva
pubblicato e poi sistematicamente passando ad esplorare nuove
biblioteche, musei, collezioni pubbliche e private nelle loro sezioni
dedicate ai manoscritti, non trascurando qualsiasi altra possibilità
venisse offerta all’Istituto. In tal modo è stato svolto un programma
di studio e di lavoro seguendo le aperture e le possibilità – agli
inizi pressochè inesistenti – di diverso tipo che l’Istituto poteva
offrire in quegli anni.
L’idea era sempre restata ferma alla possibilità che questa raccolta di
lettere e documenti personali del Settecento veneziano fossero
sistemati e custoditi in un settore della biblioteca a dissposizione
delle usuali ricerche e degli studiosi interessati. […]
A. Bettagno

INDICE

Presentazione, Alessandro Bettagno

Francesca Del Torre
Sebastiano Ricci a Ferdinando di Toscana e altri corrispondenti
(Lettere 1 – 15)

Marina Magrini
Gianbattista Tiepolo e i suoi contemporanei
(Lettere 16 – 169)

Roberta Bandinelli
I due Zanetti ad Anton Francesco Gori
(Lettere 170 – 181)

Francesca Del Torre
Francesco Zuccarelli ad Anton Francesco Gori
(Lettere 182 – 184)

Cristina Cortese
Pierto Longhi, Giuseppe Wagner e Gian Battista Remondini
(Lettere 185 – 202)

Piervaleriano Angelini
A proposito di Giacomo Quarenghi (Tommaso Temanza, Pietro Gonzaga, Giannantonio Selva)
(Lettere 203 – 205)

Francesca Del Torre
Gavin Hamilton a Giovanni Maria Sasso (parte prima)
(Lettere 206 – 222)

Marina Magrini
Pietro Edwards ad Antonio Canova
(Lettere 223)

Nota al testo
Bibliografia
Elenco delle lettere
Indice dei nomi

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