Saggi – Pagina 8 – Fondazione Giorgio Cini

Da Giorgione a Canova

Dopo il volume dedicato a Giambattista e  Giandomenico Tiepolo (edito nel 2008), vengono qui pubblicati gli altri scritti di Adriano Mariuz, che pure rivelano la straordinaria qualità delle sue intuizioni critiche. Nessun aspetto viene trascurato nella lettura dell’opera d’arte, considerata sempre nella sua complessità, con stile accattivante, mai accademico: esemplari, per varietà di approcci, i saggi sugli affreschi di Giorgione e sul paesaggio del Cinquecento. Fulcro del volume è il Settecento veneziano ed europeo, analizzato in alcuni dei suoi aspetti più originali, mentre, fra le personalità artistiche, particolare attenzione è riservata a Giambattista Piazzetta, l’anti-Tiepolo.

Giambattista Crosato. Pittore del Rococò europeo

Giambattista Crosato (1697-1758) è stato pittore, frescante e scenografo operoso tra la Serenissima e il Piemonte sabaudo, attivo in alcuni dei luoghi simbolo della civiltà settecentesca europea: dalla Palazzina di caccia di Stupinigi, al salone di Ca’ Rezzonico, alle ville venete. Autore di pannelli per boiseries come di grandi cicli ad affresco, Crosato è stato, fra i grandi veneziani di quel tempo, colui che meglio ha saputo interpretare in chiave personale lo stile del rococò internazionale, dialogando parimenti con la cultura piemontese negli anni di Beaumont e Giaquinto e proponendo una pittura “risoluta e bizzarra” – per riprendere le parole dei suoi contemporanei –, fra le poche a offrirsi quale alternativa alla grande maniera del genio del secolo, Giambattista Tiepolo.

Il volume rappresenta la prima monografia con il catalogo ragionato dei dipinti.

Sebastiano Ricci 1659-1734. Atti del Convegno Internazionale di Studi (14-15 dicembre 2009, Venezia, Fondazione Giorgio Cini)

Sono qui pubblicate le comunicazioni presentate al Convegno su Sebastiano Ricci tenutosi allaFondazione Giorgio Cinidi Venezia il 14-15 dicembre 2009. Dagli interventi, la figura di Sebastiano Ricci si conferma come una delle maggiori personalità artistiche a livello europeo tra Sei e Settecento. Assimilando le più importanti esperienze precedenti, dapprima nel suo continuo vagare da Venezia attraverso l’Italia – tra Bologna e Parma, Torino, Milano e Roma e infine Firenze – poi richiesto ovunque in Europa, da sovrani e intendenti d’arte – a Vienna, Parigi e Londra – l’artista riuscì a creare una pittura che per leggerezza, fantasia, libertà coloristica ha pochi eguali, pervasa di una grazia ormai rococò, in anticipo addirittura sulle invenzioni di Antoine Watteau.

Sfogliare il volume significa imbattersi in novità molteplici, dalle precisazioni d’archivio, agli inediti, come l’eccezionale Marte curato da Peone, a riflessioni iconografiche, a incursioni a Napoli, in Lombardia, a Vienna, in area germanica, a Londra fino alla Russia.

Lettere artistiche del Settecento veneziano 3. L’epistolario Giovanni Antonio Armano – Giovanni Maria Sasso

Oltre quattrocento sono le ‘lettere pittoriche’ scritte da Giovanni Antonio Armano all’amico e collega in affari Giovanni Maria Sasso, in un arco temporale che va dal 1776 al 1802. Pittore, restauratore, collezionista e soprattutto mercante, Armano – veneziano d’origine ma bolognese d’adozione – giocò un ruolo tutt’altro che secondario nella geografi a del mercato d’arte italiano fra Sette e Ottocento. Tenne infatti rapporti strettissimi con collezionisti e mercanti italiani ed europei, comprando e vendendo dipinti, ma soprattutto disegni e stampe. Fu proprio la passione per le arti grafi che a procurargli il miglior credito fra i collezionisti e i conoscitori del tempo, specialmente inglesi, cui vendette diverse opere. Il suo nome era ben noto anche ad eruditi del calibro di Luigi Lanzi e Giuseppe Pelli Bencivenni, grazie all’aiuto dei quali riuscì a procurare alcuni dipinti per la Galleria degli Uffi zi. I suoi traffi ci commerciali, pur fra crescenti rivalità, si
svolgevano a Roma, grazie alla protezione del principe Sigismondo Chigi, ma anche a Firenze e soprattutto a Bologna e a Venezia, ove fu tra i protagonisti nell’acquisto dei più bei disegni di Parmigianino della collezione Zanetti, di cui tentò anche, ma senza esito, una preziosa edizione a stampa a fi ni propagandistici e commerciali. Fondamentale, nel suo percorso professionale, resta inoltre la creazione della più ricca raccolta di stampe di Marcantonio Raimondi mai realizzata, documentata sinora soltanto da un catalogo a stampa descrittivo: le ricerche e le indagini hanno portato a identifi carne un cospicuo nucleo nelle raccolte della Kunsthalle di Amburgo.

L’epistolario Helmut Lachenmann – Luigi Nono (1957-1990)

In «Alla ricerca di luce e chiarezza». L’epistolario Helmut Lachenmann – Luigi Nono (1957-1990), a cura di Angela Ida De Benedictis e Ulrich Mosch, sono raccolti più di centoventi documenti – tra lettere, cartoline, telegrammi ecc. – scambiati in circa trent’anni tra due delle più grandi personalità della musica contemporanea. Il volume, che viene ad arricchire la collana degli Studi dell’Archivio Luigi Nono, disegna l’arco evolutivo di un rapporto artistico e umano di insolita intensità e importanza, instauratosi dapprima in una dialettica maestro-allievo e sviluppatosi nel tempo fino a superare disaccordi, lunghi silenzi e momentanee incomprensioni. Dalle iniziali discussioni sulla tecnica compositiva e le poetiche musicali degli anni Cinquanta-Sessanta, agli scambi di rara forza emotiva degli ultimi anni Ottanta, si palesa nel corso del carteggio una identica passione nei confronti del “fare” e del “vivere” la musica, di un impegno vissuto da entrambi profondamente sebbene con esiti ed emozioni talora divergenti.

Questa eccezionale esperienza epistolare, pubblicata in lingua originale, è ricostruita dai curatori integralmente ed è corredata da tre ulteriori Appendici. Nell’ordine esse compendiano alcune lettere scritte da Lachenmann a Nono che, per diversi motivi, non furono mai spedite; diciannove lettere scritte dai due corrispondenti ad altre personalità musicali del secondo Novecento; e, infine, una raccolta di sette testi, perlopiù inediti, scritti da Lachenmann su Nono in varie occasioni tra il 1957 e il 1974. L’intero epistolario e i documenti di corredo sono stati raccolti sulla scorta di ricerche d’archivio condotte pressola Fondazione LuigiNono di Venezia,la Paul SacherStiftung di Basilea e vari altri archivi europei.

L’altare di Isenheim. Mathis Grünewald pittore della Morte e della Resurrezione

«È la faccia del dolore, dell’angoscia, della morte. L’impatto è sconvolgente, fin dal primo sguardo. La Crocifissione è un culmine tragico dell’arte occidentale: uno di quei capolavori che rendono difficile il discorso critico, giacché sono nati proprio su quel limite in cui la parola esaurisce la possibilità di comunicare. Visioni generate dal silenzio e nel silenzio, la loro realtà s’invera tutta nell’evidenza flagrante dell’immagine».

Il volumetto contiene il testo della conferenza tenuta da Adriano Mariuz all’Ateneo San Basso a Venezia il 2 aprile 1987. Si è scelto di non apportare alcuna modifica o integrazione allo scritto, per lasciargli il tono colloquiale voluto dall’autore: sicuramente uno degli elementi di fascino di questa dissertazione, come dell’altra sull’Adorazione dei pastori di Tintoretto, pubblicata nel 2010, e ora ristampata in seconda edizione. Sarà una scoperta per molti accostarsi a una delle creazioni artistiche più commoventi dell’arte occidentale
– l’altare di Isenheim, un capolavoro ancora poco conosciuto ai più – e a un pittore grandissimo, Mathis Grünewald. Adriano Mariuz (1938-2003) ha insegnato Storia dell’arte moderna all’Università di Padova. Formidabile conoscitore, specialista di pittura veneziana del Settecento, ha dato fondamentali contributi su Giambattista e Giandomenico Tiepolo (raccolti nel volume, pure curato dall’Istituto di Storia dell’Arte, Tiepolo, Cierre edizioni, 2008).

A Bibliographical Repertory of Italian Private Collections. Volume IV: Paar-Ruzzini

A cura di Chiara Ceschi, con l’assistenza di Daniele D’Anza e Matteo Gardonio

Elizabeth E. Gardner, curator nel “Dipartimento di pittura europea” del Metropolitan Museum di New York, aveva iniziato sin dal 1946 a raccogliere notizie biografiche e bibliografiche sui collezionisti italiani, ponendo particolare attenzione alla storia e alla provenienza dei dipinti di proprietà del Metropolitan. L’archivio che si andava formando – tuttora unico nel suo genere e costituito nel 1973 da quasi 10.000 voci relative alle
collezioni italiane – si rivelò di fondamentale importanza per le ricerche confluite nella serie dei cataloghi a stampa del Museo.
L’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, cui l’autrice ha affidato le schede originali manoscritte con l’intento di creare un nuovo strumento di ricerca per gli studiosi del collezionismo italiano, dopo la scomparsa di Elizabeth E. Gardner ha fatto proprio il progetto e si è fatto promotore della pubblicazione a stampa. Le voci sono state aggiornate ed organizzate in forma di dizionario bio-bibliografico, formando così un repertorio dei collezionisti di opere d’arte presenti in Italia dal Quattrocento ai giorni nostri come venivano registrati dalle fonti letterarie principali, nei documenti d’archivio, nei cataloghi di mostre, di musei e di vendite. Ogni volume è corredato dalla Bibliografia e dagli Indici degli artisti e dei personaggi citati.

Dentro l’urne confortate di pianto. Antonio Canova e il Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria

Si pubblica qui il testo della conferenza tenuta il 26 febbraio 2003 al Piccolo Teatro di Milano su invito del FAI.

«È un nuovo genere di bellezza in scultura» osservava Dominique Vivant Denon dopo aver visto il monumento nel 1809, emozionatissimo: «È la prima volta che un marmo mi ha commosso fino alle lacrime». Siamo sulla medesima lunghezza d’onda dei Sepolcri foscoliani: «All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto». Ardita è l’ideazione di quel rettangolo nero, al quale s’appressa per prima una giovinetta, segno dell’ineluttabilità del destino: occorre arrivare forse ai tagli sulla tela di Lucio Fontana per trovare qualcosa di analogo e di altrettanto originale. È quella presenza che dà significato al tutto, che giustifica quella componente patetica, quel parlare al ‘cuore’, come già i contemporanei rilevavano. Neoclassico? Romantico? Etichette inadeguate. Il Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria, il capolavoro di Antonio Canova eseguito fra il 1798 e il 1805, si rivela passaggio imprescindibile della scultura moderna, tanto da poterlo considerare incunabolo dell’età contemporanea nelle arti figurative, al pari delle creazioni dell’ultimo Mozart e del Beethoven dell’Eroica in campo musicale.

La fienagione nelle Dolomiti venete

Dopo l’uscita nello scorso anno de Il Veneto dei contadini 1921 – 1932 di Paul Scheuermeier, ecco, di Giuseppe Grava e Giovanni Tomasi, La fienagione nelle Dolomiti venete, con la quale i due autori estendono geograficamente la loro pluriennale ricerca – i cui frutti antecedenti hanno visto la luce ne La fienagione nelle Prealpi venete (1999) – alla parte settentrionale della provincia di Belluno, fino al Cadore e all’isola germanofona di Sappada. Una nuova pubblicazione sempre legata alla tematica della fienagione che appare tanto più preziosa quanto più rari e difficili da reperire sono diventati i materiali dialettologici alla base dell’indagine, patrimonio di un numero sempre più esiguo di informatori, e che attesta anche nel 2012 la vitalità della «Collana di Studi e Ricerche sulle Culture Popolari Venete», patrocinata dalla Regione del Veneto e impegnata sistematicamente nella memorizzazione di vicende dalla lunga durata.
Il volume comprende anche un ricco corredo di fotografie e di tavole, che contribuiscono in maniera determinante a restituirci nel loro insieme le tecniche della fienagione e le sue parole, riconfermando ancora una volta l’indissolubile rapporto che da sempre lega cultura materiale e lingua: da un lato il lavoro, dall’altro un ambiente, un paesaggio geoantropico in cui natura e presenza umana interagiscono.

Domenico Bossi 1767-1853. Da Venezia al Nord Europa. La carriera di un maestro del ritratto in miniatura

Il volume, frutto di un lavoro di ricerca decennale, è la prima monografia dedicata al miniaturista italiano Domenico Bossi (1767 – 1853). Nato a Trieste da famiglia veneziana, Bossi, considerato a ragione uno dei più grandi “ritrattisti in miniatura” dell’età neoclassica,
dopo essersi formato all’Accademia di Venezia sotto l’egida di Giandomenico Tiepolo, fu protagonista di una straordinaria carriera internazionale. Operoso tra Sette e Ottocento in alcune delle più importanti città d’Europa – quali Berlino, Amsterdam, Amburgo, Stoccolma, San Pietroburgo, Parigi, Vienna e Monaco di Baviera – ottenne prestigiose commissioni dalle famiglie regnanti di Prussia, Olanda, Meclemburgo- Schwerin, Svevia e Russia, venendo aggregato alle accademie di belle arti di Stoccolma (1798) e di Vienna (1818), e nominato nel 1824 “pittore di corte” del re di Svezia Carlo XIV Giovanni.
La monografia si connota come un vero e proprio risarcimento alla figura di questo grande artista, ben conosciuto in nord Europa, ma in Italia pressoché dimenticato.
Continuando valorosamente la gloriosa tradizione del ritratto in miniatura su avorio, affermatosi sin dai primi anni del Settecento grazie allo strepitoso successo dell’arte innovativa di Rosalba Carriera, si firmava con orgoglio: “Domenico Bossi, veneziano”.