Istituto di Storia dell’Arte – Pagina 12 – Fondazione Giorgio Cini

Virgilio Guidi. I disegni della Fondazione Giorgio Cini

Virgilio Guidi. I disegni della Fondazione Giorgio Cini
a cura di Luca Massimo Barbero
Marsilio Editori, Venezia, 2017

Il volume presenta il catalogo dei cento disegni di Virgilio Guidi (Roma 1891 – Venezia 1984) donati dal critico Enzo Di Martino all’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini. Questo nucleo grafico, perlopiù  inedito, costituisce una significativa testimonianza del multiforme e longevo percorso artistico di uno dei maestri del Novecento italiano. Da alcune prime prove databili agli anni Dieci fino a quelle dell’ultimo
periodo di attività, il corpus permette di rileggere i grandi temi dell’arte guidiana – dagli Incontri alle Figure nello spazio, dalle Marine ai Grandi alberi – rivelando l’aspetto più intimo e “segreto” del suo creare. In
linea con la vocazione per lo studio del disegno che caratterizza l’attività dell’Istituto di Storia dell’Arte, il volume costituisce una prima ricostruzione critica dell’opera su carta di Guidi, ancora oggi poco nota e indagata, su cui si soffermano i saggi di Enzo Di Martino, Luca Massimo Barbero e Chiara Mari. A partire dall’analisi dei singoli fogli, riproposti in una sequenza cronologica e tematica, il volume intende restituire un contesto ampio di riferimenti e aprire strade di indagine per ulteriori approfondimenti, leggendo l’opera grafica in parallelo alla produzione pittorica e indagandone la fortuna critica ed espositiva.

La giovinezza di Tintoretto

a cura di Guillaume Cassegrain, Michel Hochmann, Augusto Gentili, Valentina Sapienza
Fondazione Giorgio Cini / lineadacqua Edizioni, Venezia, 2017

In occasione del quinto centenario della nascita di Jacopo Tintoretto, l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini presenta gli atti del convegno dedicato al grande artista veneziano, annoverato fra i
più originali interpreti della stagione manierista.
In armonia con una proficua tradizione di studi dedicati all’arte veneta, e in ideale continuità con le fondamentali ricerche di Rodolfo Pallucchini, si è voluto contribuire alla celebrazione del maestro – in opportuno anticipo rispetto al momento più specificamente commemorativo – con una riflessione
critica capace di restituire la complessità culturale ed artistica del suo periodo giovanile.
È sembrato importante dare un segno di concreta presenza istituzionale nel panorama degli studi storico-artistici, ospitando un convegno di respiro internazionale (28 – 29 maggio 2015) e dando seguito alla pubblicazione degli interventi, qui raccolti secondo le linee tematiche definite nel corso delle giornate di studio. Si possono così ripercorrere i tratti salienti che hanno animato il confronto fra studiosi: la ridefinizione di stile giovanile, l’articolata indagine dei contesti storico- documentari, nonché la proposta di nuove letture iconografiche ed iconologiche. Dopo il volume dedicato a Paolo Veronese, è questo il secondo tassello di un progetto editoriale che, ponendosi nel solco di una storia prestigiosa, ha trovato configurazione nella collana riservata agli atti dei convegni, presentata nel 2016 con una nuova veste grafica ed estetica,
curata da Lineadacqua Edizioni.

Lo specchio del gusto. Vittorio Cini e il collezionismo d’arte antica nel Novecento

«La collezione Cini è la più importante collezione fatta in Italia negli ultimi cinquant’anni. […]». Così esordiva il grande storico dell’arte Federico Zeri – già consulente del conte Cini – nel 1984, celebrando uno dei maggiori collezionisti italiani della prima metà del Novecento. Nello stesso anno veniva allestita, in quella che era stata la dimora veneziana di Vittorio Cini, l’esposizione permanente di un nucleo di pregio della sua raccolta, donato nel 1981 dalla figlia Yana Cini Alliata di Montereale. Il monumento al suo mecenatismo restava comunque il castello di Monselice, dove una parte delle sue collezioni, come la celebre armeria, era stata ordinata dalla geniale personalità di Nino Barbantini.
A quarant’anni dalla scomparsa, la Fondazione Giorgio Cini intende celebrare il suo Fondatore proprio per l’intensa attività d’illuminato collezionista di opere d’arte antiche, tra i maggiori del secolo scorso. Le celebrazioni comprenderanno una giornata di studio, il 14 novembre, incentrata sulla figura di quello che Zeri definì ‘l’ultimo doge’ di Venezia.

L’incontro prevede nella mattinata interventi che toccheranno vari aspetti della sua personalità di collezionista, concentrandosi in particolare sulle figure di storici dell’arte e antiquari che gli furono amichevoli collaboratori e consulenti, come Nino Barbantini, Federico Zeri, Bernard Berenson. Nel pomeriggio altre relazioni illustreranno invece gli elementi di contiguità e le differenze di Vittorio Cini rispetto ad altri collezionisti a lui contemporanei del calibro di Angelo Costa, Riccardo Gualino, Guido Cagnola e Aldo Crespi.


Scarica il  Programma del Convegno


 

L’attività è riconosciuta dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, in seguito alla stipula del protocollo d’intesa (articolo 4), datato 8 marzo 2017.

 

 

Libri a San Giorgio

Riprende in autunno la rassegna dedicata alle novità editoriali della Fondazione Giorgio Cini.


4 ottobre 2017 ORE 17
Nel corso del primo appuntamento, il 4 ottobre, sarà presentato il volume La giovinezza di Tintoretto,
che comprende gli atti del convegno dedicato al grande artista veneziano, annoverato fra i più originali
interpreti della stagione manierista, in vista del quinto centenario della sua nascita.

Presenta Vittoria Romani.


L’EVENTO DEL 10 OTTOBRE PER CAUSE DI FORZA MAGGIORE È STATO ANNULLATO, CI SCUSIAMO PER L’INCONVENIENTE.

10 ottobre 2017
Il secondo incontro sarà riservato al volume La scena di Mariano Fortuny. Atti

del Convegno Internazionale di Studi, a cura di Maria Ida Biggi, Claudio Franzini, Cristina
Grazioli e Marzia Maino. Il libro raccoglie gli atti del convegno, tenutosi tra Padova e Venezia
nel novembre 2013, dedicato all’opera e alla poetica teatrale di Mariano Fortuny y Madrazo.
Studiosi ed esperti del settore indagano l’opera del poliedrico artista spagnolo, attraverso le sperimentazioni
negli ambiti dell’illuminotecnica e della scenotecnica e le relazioni con i grandi
maestri della regia del primo Novecento e con i maggiori esponenti negli ambiti di danza, arti
visive, musica e fotografia.

Presentano Marco Carminati e Doretta Davanzo Poli


18 ottobre 2017 ore 17
L’ultimo appuntamento, previsto per il 18 ottobre, proporrà infine, da parte dell’Istituto per la
Musica, i volumi online Variazioni in sviluppo. I pensieri di Giovanni Morelli verso il futuro, a
cura di Giada Viviani e Teatro di avanguardia e composizione sperimentale per la scena in Italia:
1950-1975, a cura di Gianmario Borio, Giordano Ferrari e Daniela Tortora.

Presentano Michele Girardi ed Emilio Sala.

Partecipano Daniela Tortora e Giada Viviani.

Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini

E’ dedicata a Vittorio Zecchin, artista muranese, la mostra autunnale de LE STANZE DEL VETRO. In mostra i vetri soffiati trasparenti disegnati per Cappellin e Venini dal 1921 al 1926.

La mostra Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini, a cura di Marino Barovier, è dedicata ai vetri trasparenti disegnati negli anni Venti dallʼartista per la V.S.M. Cappellin Venini & C., prima, e per la M.V.M. Cappellin & C., poi.

Di origine muranese, Zecchin (1878-1947), dopo aver studiato all’Accademia di Venezia, si dedicò alla pittura rivolgendosi alla cultura artistica contemporanea, specie alle avanguardie mitteleuropee. Partecipe della grande stagione di Ca’ Pesaro, si interessò progressivamente alle arti applicate, dai ricami agli arazzi, ma soprattutto al vetro a cui guardò con passione ed entusiasmo.

Alla fine del 1921 assunse la direzione artistica della V.S.M. Cappellin Venini & C., vetreria fondata quell’anno da Giacomo Cappellin e da Paolo Venini, destinata in breve ad affermarsi sia nel panorama nazionale che internazionale.

I manufatti della Cappellin Venini si differenziarono subito dalle coeve realizzazioni muranesi, spesso connotate da eccessivi virtuosismi, per le proporzioni classiche e le linee di notevole essenzialità.

Lo scioglimento della società tra Cappellin e Venini nel 1925 non interruppe lo sviluppo di questo indirizzo poiché Zecchin continuò fino al 1926 a ideare nuovi modelli per la M.V.M. Cappellin & C. fondata da Giacomo Cappellin dopo la separazione da Paolo Venini.

Franco Gentilini. Ritratti di Luciana.

La Fondazione Giorgio Cini ospita una mostra dal 15 giugno-14 luglio di Franco Gentilini Ritratti di Luciana presso la Saletta espositiva della Manica Lunga.

I venti disegni di Franco Gentilini (1909-1981), donati dalla vedova Luciana alla Fondazione Giorgio Cini nel 2017, sono la testimonianza dell’ultima e intensa stagione dell’artista, dal matrimonio del 1970 fino alla morte nel 1981. Ambito rilevante della sua ricerca artistica, sviluppato con il lungo tirocinio di illustratore per riviste come “Quadrivio”, “L’Italia Letteraria”, “La Fiera Letteraria”, il disegno costituisce per Gentilini un momento fondamentale dell’elaborazione creativa, che in questi fogli ha raggiunto il suo tipico stile gentile e arcaizzante che ne fa l’ultimo rappresentante della pittura metafisica del secondo dopoguerra, come aveva intuito con lungimiranza Carlo Cardazzo, che fu suo mercante per un lungo periodo.

Il corpus grafico di Franco Gentilini della Fondazione Cini, quasi integralmente esposto in questa piccola mostra che vuole essere un omaggio al maestro e alla generosità della vedova Luciana, è costituito da disegni di varie tecniche (matita rossa, penna acquerellata, carboncino, tempera) e cronologia: venti suggestivi ritratti di Luciana Gentilini che compongono una galleria ‘privata’ ricca di sottili modulazioni espressive e connotata da affascinanti recuperi iconografici dalla tradizione ritrattistica del Seicento e dell’Ottocento.

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[accordion_entry title=”Biografia di Franco Gentilini”]

Franco Gentilini nasce nel 1909 a Faenza, dove frequenta i corsi di Disegno e Plastica per artigiani e contemporaneamente lavora per la manifattura “Focaccia & Melandri”. Incoraggiato dal pittore faentino Giovanni Romagnoli, intraprende la via della pittura, che presto lo avvia a una fitta carriera espositiva dalla fine degli anni Venti, con una prima partecipazione alla Biennale di Venezia già nel 1930.

Nel 1932 si trasferisce definitivamente a Roma, dove frequenta la famosa “Terza Saletta” del Caffè Aragno, punto di ritrovo di scrittori e letterati. A Roma realizza la sua prima mostra personale presso la Galleria di Roma, diretta da Pietro Maria Bardi (1933), a cui segue la partecipazione alla II Quadriennale di Roma nel 1935, mentre alla III del 1939 avrà persino una sala personale e alla IV (1943) la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli acquisterà un dipinto.

Sono del 1941 i primi contatti con Carlo Cardazzo e le Edizioni del Cavallino, per le quali illustra le Prose di Renato Mucci. Il rapporto con il gallerista di Venezia si intensificherà poi a partire dagli anni Cinquanta, quando Gentilini diventa uno degli artisti di punta delle sue gallerie del Cavallino e del Naviglio, dove espone per la prima volta nel 1952 in concomitanza con l’uscita di una piccola monografia (la seconda della sua carriera) con introduzione di Alberto Moravia. Sei anni dopo ne seguirà una terza firmata da Guido Ballo (1958). Grazie a questo contesto si recupera traccia del fitto sodalizio con poeti e letterati, di cui l’artista coltiva l’amicizia, testimoniata da edizioni illustrate di loro testi poetici o in prosa, come nel caso, fra i molti, di Leonardo Sinisgalli, Raffaele Carrieri, Libero De Libero, Gualtieri di San Lazzaro. Progressivamente, infatti, Gentilini si afferma come il pittore dei letterati, la cui ricerca sognante e surreale si rivela congeniale a una visione incantata e accostante del reale. Dopo una prima stagione in linea con gli indirizzi estetici dell’arte fra le due guerre, periodo in cui si collocano anche le prime grandi decorazioni murali, nel dopoguerra la sua pittura di tono lieve assume un carattere peculiare, grazie a un particolare espediente tecnico come la preparazione a sabbia delle tele, che conferisce alla superficie pittorica una consistenza granulosa simile a un affresco, ma soprattutto grazie all’elaborazione di uno stile grafico, sintetico e di invenzione surreale. Non a caso, infatti, Carlo Cardazzo, che intuisce da un punto di vista mercantile una continuità fra il suo lavoro e quello di Massimo Campigli, lo presenta nelle numerose mostre presso la sua galleria come un pittore neometafisico, capace, dopo De Chirico, di dare una nuova e moderna dignità d’arte alle Piazze d’Italia. A partire dalla fine degli anni Quaranta si susseguono mostre personali di rilievo in numerose città italiane e all’estero, fra Europa (e in particolare Parigi) e Stati Uniti.

Fu membro dell’Accademia di San Luca dal 1969, divenendone presidente nel 1979. Dopo breve malattia, Franco Gentilini muore nell’aprile del 1981.
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La Galleria di Palazzo Cini: Dipinti, sculture, oggetti d’arte

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
Fondazione Giorgio Cini, sala Barbantini
29 maggio 2017, ore 17

Il catalogo, edito da Marsilio e realizzato con il fondamentale contributo della Regione del Veneto, prosegue la serie dei volumi dedicati alle collezioni d’arte della Fondazione Giorgio Cini, frutto di un impegno catalografico e di ricerca che in tempi recenti ha conosciuto una forte accelerazione e che si pone l’obiettivo primario, in armonia con gli orientamenti culturali e metodologici dell’Istituto di Storia dell’Arte e con valori statutari della Fondazione, della valorizzazione costante del proprio patrimonio storico-artistico.
Il volume sarà presentato da Mauro Natale, Professore onorario presso l’Università di Ginevra.
Partecipa il direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte: Luca Massimo Barbero

Per informazioni:
Istituto di Storia dell’Arte
tel.: +39 041 2710217
arte@cini.it
www.cini.it

Conversazioni d’arte

Nel quarantennale della morte di Vittorio Cini e a seguito della pubblicazione del catalogo scientifico, completo e aggiornato della Galleria di Palazzo Cini, il ciclo primaverile delle Conversazioni d’arte verterà sull’analisi di alcune tra le opere più significative del museo, rappresentative del gusto e del collezionismo Cini. Un’occasione per essere accompagnati da esperti e storici dell’arte nella lettura e nell’approfondimento dei capolavori di una delle collezioni d’arte antica più suggestive di Venezia.

24 MAGGIO | ORE 17:30 I dipinti fiorentini antichi: dal Maestro del Bigallo a Taddeo Gaddi
Angelo Tartuferi Vicedirettore Galleria dell’Accademia di Firenze

31 MAGGIO | ORE 17:30 Sul polittico di San Paolo della Collezione Cini
Federica Siddi Storica dell’arte

7 GIUGNO | ORE 17:30 L’ultima stagione di Piero di Cosimo nei due dipinti della Collezione Cini
Marco Campigli Storico dell’arte

14 GIUGNO | ORE 17:30 Ritratto di un’amicizia. Il Pontormo di Palazzo Cini
Vittoria Romani Università degli Studi di Padova

21 GIUGNO | ORE 17:30 La zuffa di Dosso Dossi della Collezione Cini
Lucia Menegatti Storica dell’arte


La partecipazione all’incontro è compresa nel prezzo del biglietto di ingresso alla Galleria. È consigliata la prenotazione: palazzocini@cini.it

È possibile acquistare un biglietto cumulativo a 12€, valido per la partecipazione a tutti gli incontri previsti dalla rassegna.

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Ettore Sottsass: il vetro

Ettore Sottsass, Sol e Sirio, 1982 e Alioth e Alcor, 1983, edizione Memphis Srl
© Ettore Sottsass by SIAE 2017

Il simposio internazionale, organizzato in occasione della mostra Ettore Sottsass: il vetro, ha lo scopo di presentare differenti testimonianze legate alle modalità creative dell’architetto, con particolare riguardo alla sua produzione vetraria, per comprendere come questa si sia integrata con il suo concetto di architettura e di design. Il convegno comprende tre momenti distinti: una prima fase strettamente scientifica nella quale architetti, direttori e curatori museali che hanno avuto occasione di lavorare con Sottsass ne daranno una lettura storica, collocando la sua produzione di vetri, ceramiche e gioielli nel più ampio contesto internazionale dell’arte, dell’architettura e della cultura coeva. Una seconda fase sarà invece dedicata alla dimensione più umana e ‘personale’ di Ettore Sottsass: si darà voce a collezionisti, galleristi, committenti e collaboratori che hanno lavorato con lui, diventandone sovente amici stretti. Concluderà l’incontro una discussione aperta ed informale in cui i maestri vetrai – l’opera dei quali è stata spesso evocata da Sottsass come una componente fondamentale del suo lavoro – racconteranno i loro rapporti e la loro cooperazione con il grande artista, testimoniando così il significato che l’esperienza della fornace muranese ha avuto per lui.

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Alighiero Boetti: Minimum – Maximum

 La mostra celebra il genio dell’artista torinese con oltre 20 opere di forte impatto selezionate per la prima volta secondo il criterio del formato, confrontando i “minimi” e i “massimi” delle sue serie più significative

 L’esposizione, curata da Luca Massimo Barbero con l’Archivio Alighiero Boetti, presenta un progetto speciale sviluppato da Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti sul tema della fotocopia intitolato COLORE = REALTÀ. B+W = ASTRAZIONE (a parte le zebre)

L’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia ospita dal 12 maggio al 12 luglio 2017 un grande, inedito viaggio all’interno dell’opera di Alighiero Boetti, uno dei più importanti artisti italiani, al culmine di un momento di grande celebrazione che lo vede protagonista. Alighiero Boetti: Minimum/Maximum, a cura di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, con la collaborazione dell’Archivio Alighiero Boetti, presenta il risultato di un processo inedito di selezione e confronto: quello tra il formato minimo e massimo di opere dei cicli più rappresentativi del celebre artista torinese, focalizzando così uno dei temi che meglio rappresentano l’operatività creativa di Boetti. La mostra è organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con Tornabuoni Art.

Questa mostra offre al visitatore un percorso di rapporto, non antologico e mai scontato, unico nel suo genere, nato dalla raccolta in collezioni pubbliche e private di opere di Boetti di grandi dimensioni – spiega Luca Massimo BarberoÈ un progetto organico pensato appositamente per Venezia in questo momento di grandi conferme internazionali di uno dei più importanti esponenti dell’arte italiana”.

Articolata in sezioni, per un totale di più di 20 opere, l’esposizione include, oltre ai cicli più significativi di Boetti – Ricami, Aerei, Mappe, Tutto e Biro – alcune opere meno note come i Bollini colorati, la Storia Naturale della Moltiplicazione e le Copertine, e costituisce un’occasione preziosa per presentare anche lavori di fatto sconosciuti al grande pubblico, come la grande opera con bollini colorati Estate 70 (1970) – prestata per quest’evento direttamente dalla famiglia dell’artista – e Titoli (1978), uno dei più grandi formati del raro ciclo dei Ricami monocromi. In mostra ci sarà anche uno dei più grandi Mimetico (1967), una delle prime serie di opere di Boetti, in prestito dalla Fondazione Prada.

Il tema del formato è cruciale per comprendere il modo in cui Boetti ideava e realizzava i suoi lavori, ed è direttamente collegato al concetto di tempo: come in Estate 70, opera monumentale che apre il percorso espositivo, realizzata su un rotolo di carta lungo venti metri sul quale Boetti ha incollato migliaia di bollini autoadesivi colorati: unica per le dimensioni e perché introdusse in modo dirompente il tema del tempo necessario alla fruizione dell’opera. Complementari a livello di senso sono le opere di formato minimo, che rappresentano l’opposizione dialettica nella creatività di Boetti.

La mostra si dispiega in un puntuale confronto fra piccolo e grande, minimo e massimo, presentando le opere Storia Naturale della Moltiplicazione, Mettere al mondo il mondo e Alternando da uno a cento e viceversa – offrendo al visitatore la possibilità di fruire in un unico contesto di opere di periodi differenti – fino al grande trittico Aerei (1989), in prestito dalla prestigiosa Fondation Carmignac di Parigi.

Fra la prima e la seconda sala sarà in esposizione il documentario Niente da vedere Niente da nascondere, realizzato nel 1978 da Emidio Greco in occasione della retrospettiva dedicata a Boetti alla Kunsthalle di Basilea, che alterna immagini della mostra svizzera a momenti nello studio romano dell’artista, importante perché ridà testimonianza diretta delle parole di Boetti.

Il percorso prosegue poi con le celebri Mappe e con i Tutto, “zibaldone dei temi e delle immagini di Boetti” – spiega Barbero – che introducono l’importante tema della realizzazione differita dell’opera d’arte, del viaggio e del nomadismo dell’arte, a sua volta interconnesso con quello del tempo. Elemento ben evidente ad esempio nei ricami, che una volta iniziati dai collaboratori a Roma, venivano spediti a Kabul, poi a Peshawar in Pakistan a seguito dell’invasione Sovietica dell’Afghanistan nel 1979, dove le ricamatrici delle famiglie di rifugiati afghani li realizzavano con l’accostamento dei colori da loro scelto, seguendo le regole del gioco dettate da Boetti, per poi tornare a Roma dove l’artista le vedeva finite per la prima volta.

La parte dei confronti si chiude quindi con la grande opera Copertine (1984), che riprendere l’idea dell’ossessività dei media e la formula dell’immagine trasmessa e riutilizzata e che introduce il progetto speciale di Hans Ulrich Obrist, direttore artistico delle Serpentine Gallery di Londra, e Agata Boetti, direttrice dell’Archivio Alighiero Boetti, che esemplifica ulteriormente il modo di pensare essenzialmente dialettico di Boetti e si sviluppa attorno al tema della fotocopia. “Già nel ’69 a Torino, quando andavo allo show-room della Rank Xerox con le mie monetine in tasca, le idee erano tante. – affermava Boetti nel 1991 – Dicevo, la fotocopiatrice non è una macchina solo da ufficio, nel duemila l’avremo tutti nel salotto! Affidatemene una, ve ne documenterò alcune applicazioni creative. Non intendevo manipolare il meccanismo o l’inchiostro, come hanno fatto alcuni da Munari in poi. No, m’interessava l’applicazione standard. Ma ad esempio l’avrei messa sul balcone quando comincia a piovere, una goccia, dieci gocce, mille gocce….”.

COLORE=REALTÀ. B+W=ASTRAZIONE (a parte le zebre) esplora queste “applicazioni creative” di Boetti, riunendo per la prima volta un insieme di opere eseguite con la fotocopiatrice nei diversi momenti della carriera dell’artista e che sono, secondo Obrist, testimoni della passione di Boetti per le tecnologie della comunicazione (come la polaroid o l’uso del fax che – introdotto negli anni ottanta – è sintesi di posta e fotocopia) e invitano a immaginare gli usi creativi che Boetti avrebbe trovato per gli attuali mezzi di comunicazione e riproduzione delle immagini: “Presentando questi lavori sul muro, così come stiamo facendo con le 1665 fotocopie alla Fondazione Cini, mostreremo al pubblico che Boetti era come una versione analogica di Internet. Era come un motore di ricerca. Ha anticipato Google con mezzi analogici”.

 Al centro della sala dedicata alle fotocopie, i visitatori sono invitati a utilizzare una vera e propria fotocopiatrice, seguendo le regole del gioco appositamente create dall’artista messicano Mario Garcia Torres per rendere omaggio ad Alighiero Boetti.

Alighiero Boetti: Minimum/Maximum a cura di Luca Massimo Barbero e il progetto speciale COLORE = REALTÀ. B+W = ASTRAZIONE (a parte le zebre), curato da Hans Ulrich Obrist e Agata Boetti, sono ciascuno accompagnato da un catalogo edito da Forma Edizioni.