Istituto Musica Comparata – Pagina 9 – Fondazione Giorgio Cini

A Descriptive Catalogue of Sanskrit Manuscripts in Alain Daniélou’s Collection at the Giorgio Cini Foundation

A Descriptive Catalogue of Sanskrit Manuscripts in Alain Daniélou’s Collection at the Giorgio Cini Foundation

a cura di Nicola Biondi
Nota editore, Udine, 2017

Il catalogo, pubblicato nella collana dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati denominata Intersezioni Musicali», edita in collaborazione con l’editore Nota di Udine, è il primo tangibile frutto di un lungo e attento lavoro di riordino e analisi dei materiali del Fondo, che consiste anche nella digitalizzazione dei manoscritti, della catalogazione dei volumi e del nuovo inventario integrale del Fondo stesso. Si tratta di un prezioso corpus di oltre 200 manoscritti redatti prevalentemente in lingua sanscrita, relativi alla trattatistica musicologica del subcontinente indiano (Sańgīta-śāstra) e, più in generale, allo studio del suono musicale, anche in prospettiva filosofica e religiosa. Una parte importante è anche costituita dalla trattatistica sulla danza, intimamente legata alla musica nella cultura indiana. Il catalogo nasce dall’esigenza di rendere visibile e consultabile alla comunità scientifica questo importante fondo donato alla Fondazione Giorgio Cini da Alain Daniélou nel 1970. Fu infatti proprio Daniélou a raccogliere e commissionare la copiatura di questi manoscritti durante i suoi anni di soggiorno in India. Il progetto, da lui iniziato assieme ai suoi collaboratori indiani nei primi anni ’50 per il Collegio di Musica alla Banaras Hindu University, prevedeva un minuzioso lavoro di studio ed esegesi dei testi, solo in parte compiuto. La pubblicazione di questo catalogo si propone di favorire la prosecuzione di questo lavoro di studio, consentendo ai ricercatori di conoscere il contenuto del Fondo e, dunque di accedere alle fonti indiane conservate alla Cini. Il pregio di questa peculiare collezione non dipende soltanto dall’originalità dei materiali che la compongono (copie riscritte a mano o dattiloscritte in alcuni casi non più reperibili in India) ma anche dall’organicità interna dell’intera raccolta conservata a Venezia che riflette gli interessi musicali, ma anche filosofici e religiosi di Daniélou.

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology?

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology?

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology? è un volume che prende le mosse dalle ultime tre edizioni (2013-2015) del Seminario internazionale di etnomusicologia organizzato annualmente dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC), curato per un ventennio da Francesco Giannattasio. Il volume – a cura di Francesco Giannattasio e Giovanni Giuriati ed edito nella collana Intersezioni Musicali promossa dall’IISMC in collaborazione con l’editore Nota – raccoglie alcuni degli interventi di quei seminari, ampiamente rivisti per la pubblicazione.

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology? scaturisce da un’ampia riflessione riguardante le finalità, le metodologie e gli oggetti di studio dell’etnomusicologia alla luce dei profondi cambiamenti che interessano attualmente tale campo di studio. In particolare, si propone di affrontare un generale ripensamento – a livello teorico ed epistemologico – della storia della disciplina, con l’ambizione di offrire elementi di riflessione e analisi sul contributo che una nuova musicologia transculturale può offrire oggi all’indagine delle pratiche musicali contemporanee nel mondo.

La prima parte del volume è dedicata all’inquadramento di diversi possibili approcci teorici per lo studio delle musiche contemporanee in una prospettiva globale, comparativa e transculturale: alle sollecitazioni poste nel saggio introduttivo di Francesco Giannattasio rispondono nei loro interventi studiosi internazionali – e afferenti a diversi ambiti di studio – come Wolfgang Welsch, Lars-Christian Koch, Timothy Rice, Steven Feld, Jocelyn Guilbault e Jean-Loup Amselle.

Nella seconda parte del volume, diversi studiosi italiani (Giovanni Giuriati, Claudio Rizzoni, Giovanni Vacca, Raffaele Di Mauro, Maurizio Agamennone e Flavia Gervasi) presentano le loro riflessioni con riferimento alle rispettive ricerche effettuate in due contesti individuati come casi di studio: l’area della provincia di Napoli e quella del Salento.

(https://www.notamusic.com/prodotto/ethnomusicology-or-transcultural-musicology/)

Trio da Kali

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, proseguendo un’importante collaborazione con l’Aga Khan Music Iniziative – programma educativo promosso dall’Aga Khan Foundation, con il contributo della Regione Veneto, organizza sabato 1 luglio un concerto del Trio Da Kali.

Il Trio Da Kali è un gruppo di musicisti del Mali che proviene da una tradizione familiare di griot di lingua e cultura Mandé, stanziata nella parte meridionale del paese. Come da tradizione, ognuno dei tre musicisti proviene da importanti dinastie familiari di griot dove il sapere è trasmesso e conservato oralmente di generazione in generazione.I griot sono figure ricollegabili a quelle dei cantastorie nelle corti occidentali, dei veri specialisti della parola.

Il Trio nasce alcuni anni fa in occasione di un progetto condiviso con il celebre quartetto d’archi Kronos, specializzato in collaborazioni con musicisti di diverse parti del mondo, ed è formato dalla cantante Hawa
Kassé Mady Diabaté, figlia del famoso musicista Kassé Mady Diabaté, da Lassana Diabaté, maestro di balafon (lo xilofono tipico dell’Africa Occidentale) e da Mamadou Koyaté, suonatore di ngoni (liuto africano a manico corto, nel registro grave, che funge da ‘basso’). I tre musicisti, che realizzano anche progetti indipendenti, collaborano con l’obiettivo di valorizzare repertori e stili performativi griot dimenticati o negletti e di metterli a contatto con i nuovi linguaggi della musica contemporanea. Il repertorio dei musicisti, infatti, spazia da brani tradizionali a musiche contemporanee che sono divenute successi della world music.

Il Trio Da Kali si è esibito in importanti festival e istituzioni come la Royal Albert Hall di Londra,
il Théâtre de la Ville di Parigi e la Royal Festival Hall a Londra, il Montreux Jazz Festival,
in Svizzera.

Il concerto si terrà alle ore 19 nella cornice della Sala degli Arazzi,
ingresso libero fino a esaurimento posti

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Concerto di musica indiana Colours of Raga

L’11 aprile alle ore 18.30 l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza un concerto di musica classica dell’India del nord.

L’artista è la cantante Sangeeta Bandyopadhyay, autorevole esponente del genere vocale khyal, affermata a livello internazionale e proveniente da un importante lignaggio di musicisti di Calcutta.
La presenza di Sangeeta Bandyopadhyay a Venezia è particolarmente gradita in quanto si tratta di un ritorno. Infatti, la musicista si è esibita e ha tenuto corsi per l’IISMC già negli anni novanta.

Inoltre, Sangeeta è figlia dell’importante suonatore di tabla Sankha Chatterjee che per oltre trent’anni ha tenuto con grande apprezzamento dei suoi allievi, alcuni dei quali ormai professionisti, i corsi di tabla per l’Istituto. La famiglia Bandyopadyay si divide tra Berlino e l’India, tenendo numerosi concerti a livello internazionale. Il genere khyal, di cui Sangeeta è specialista, è uno dei più importanti generi classici della musica dell’India del Nord, un genere che richiede grandi capacità tecniche ai cantanti, che devono essere particolarmente versati nell’improvvisazione per eseguirlo. Sangeeta Bandyopadhyay, una delle principali
interpreti attuali del khyal ha studiato con maestri delle scuole di Lucknow, Patiala e Indore, sviluppando uno stile unico, che esprime una sintesi di queste tre scuole, muovendosi a proprio agio tra tutte
le sottigliezze nell’espressione dei raga, i modi della musica classica indiana nei quali si fondono espressività, originalità e maestria nell’elaborazione melodica.
Ad accompagnare la voce di Sangeeta Bandyopadhyay ci saranno Saibal Bandyopadhyay all’harmonium e Nihar Mehta alle tabla.

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Musica e cultura da Herat a Istanbul a cura di Giovanni De Zorzi

Intervengono:

Giampiero Bellingeri, Michele Bernardini, Giovanni De Zorzi, Alessia Dal Bianco, Kudsi Erguner, Giovanni Giuriati, Francesca Grisot, Giovanni Pedrini, Luigi Perissinotto, Will Sumits, Ermanno Visintainer

CFZ Cultural Flow Zone – TESA 1 Zattere al Pontelungo, Dorsoduro 1392 Venezia
21 marzo 2017 ore 10.30

 

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Bîrûn Musiche delle corti: da Herat a Costantinopoli

Dal 27 marzo al 1 aprile 2017 l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza la sesta edizione di Bîrûn, un ciclo di seminari di alta formazione in musica classica ottomana diretti dal maestro Kudsi Erguner, rivolti a musicisti professionisti e semi professionisti.

L’appuntamento, quest’anno dedicato alle musiche delle corti del Khorasan e, più in particolare, alle opere del compositore Abd-al Qader Marâghî (1360?-1435), vede l’incremento di due borse di studio rispetto alle precedenti edizioni grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri della Turchia.

Gli otto borsisti selezionati tramite bando internazionale e specializzati in diversi strumenti (ney, ûd, tanbûr, kanûn, kemençe, percussioni, voce) avranno l’opportunità di studiare brani composti da Marâghî, opere attribuite al sultano timuride Huseyn Bayqara (1469-1506) e al poeta di lingua persiana Molla Jamî (1414-1492), tutte composizioni salvate dall’oblio grazie al lavoro di musicologi come Rauf Yektâ bey (1871-1935), Refik Fersan (1893-1965) e Ulvi Erguner (1924-1974).
La regione divisa tra gli attuali Iran, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan è detta in lingua persiana Khorasan (“sol levante”) e i suoi centri principali, le città di Ghazni, Bukhara ed Herat, furono nel tempo capitali di diverse dinastie, come quelle dei Sassanidi, dei Ghaznavidi e dei Timuridi. Musicalmente l’area fu la culla d’una cultura che sta alla base delle musiche d’arte di tutte le corti d’oriente: dai tempi del sultano Mahmud di Ghazna (971-1030) sino alla fine dell’impero ottomano (1923), tutte le tradizioni musicali delle diverse corti furono intimamente legate tra loro così che si può, oggi, viaggiare attraverso la storia musicale da Istanbul ad Herat, da Herat sino a Baghdad e in India.

Un simile patrimonio di musica colta documentata storicamente fu preservato e trasmesso dagli Ottomani sino al XX secolo soprattutto nella loro capitale, Istanbul, mentre in altri paesi del Medio Oriente questo venne progressivamente sostituito da musiche popolari e regionali.

Il seminario si concluderà con un concerto dell’ensemble Bîrûn sabato1 aprile alle ore 18 diretto da Kudsi Erguner.

Il 21 marzo si svolgerà una giornata di studi dal titolo Musica e cultura da Herat a Costantinopoli, a cura di Giovanni De Zorzi nella sede universitaria Ca’ Foscari Zattere CFZ, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.


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Musiche (e musicologie) del XXI secolo. Processi di trasformazione nelle musiche di tradizione orale

Processi di trasformazione nelle musiche di tradizione orale
in ricordo di Febo Guizzi

La seconda edizione dei Seminari dell’IISMCMusiche (e musicologie) del XXI secolo’ è dedicata al tema dei Processi di trasformazione nelle musiche di tradizione orale. Si tratta di una questione di grande attualità, proprio perché le musiche di tradizione orale si vanno trasformando in maniera molto rapida e profonda a seguito delle dinamiche sociali e culturali che investono il mondo contemporaneo.

La prospettiva con la quale si intende affrontare il tema è duplice: riferire su estese ricerche sul campo con cui sono state documentate, in diversi contesti, le radicali trasformazioni che stanno investendo le musiche tradizionali. Le musiche della diaspora croata della Posavina bosniaca, il rapporto tra musica e riti femminili a Meknès (Marocco), i rapporti tra musica, festa e rito in contesti africani (Malawi), sud-est asiatici (Birmania, Cambogia e Indonesia) e italiani (Campania), indagini su pratiche contemporanee in Italia centrale (ottava rima) e in Sicilia (comunità albanofone) sono alcuni dei temi di ricerca che verranno presentati durante il seminario.  Parallelamente, si rifletterà anche sulle questioni relative alle ricerche d’archivio in prospettiva diacronica prendendo in considerazione registrazioni, immagini e documentazione audiovisiva che hanno ormai anche più di un secolo di vita. Particolare attenzione sarà rivolta alle procedure di recupero, restauro, digitalizzazione di documenti sonori e audiovisivi risalenti alle ricerche degli ultimi decenni del secolo scorso che altrimenti rischiano di andare perduti, e che costituiscono preziose fonti documentarie, anche in prospettiva comparativa.

Parteciperanno al Seminario docenti di diverse Università italiane che documenteranno la vivacità e profondità delle ricerche nel nostro paese che spaziano dall’Africa al Sud-est asiatico, dal mondo arabo ai Balcani, tenendo conto anche di contesti italiani (Toscana, Sicilia, Umbria, Campania, Lazio). Ci si confronterà, in un dibattito che coinvolgerà anche studiosi operanti in università straniere, discutendo su questioni, dinamiche e processi cruciali per un approccio antropologico alla musica. Tra questi, in particolare si possono segnalare i processi di migrazione e di diaspora, le dinamiche transnazionali e transculturali, le pratiche di patrimonializzazione, spettacolarizzazione e musealizzazione delle musiche di tradizione orale, il sincretismo, le contaminazioni e gli incorci sempre più frequenti con la popular music, lo sviluppo delle nuove tecnologie e di nuove modalità di creazione e trasmissione della musica attraverso la rete. Verranno inoltre considerate le dinamiche endogene di cambiamento in una dialettica tra persistenze e profonde innovazioni nelle funzioni e nei repertori.

Il seminario si svolge a conclusione di un importante progetto di ricerca di interesse nazionale (PRIN) finanziato dal MIUR al quale hanno partecipato sei unità di ricerca di diversi atenei italiani (Roma “La Sapienza”, Roma “Tor Vergata”, Bologna, Firenze, Palermo, Torino). A discutere dei risultati della ricerca sono stati invitati colleghi provenienti da altre università italiane (Cagliari, Milano, Pavia, Venezia) e straniere (Colonia, New York).

Questo incontro di studi è dedicato alla memoria di Febo Guizzi, presenza familiare alle iniziative dell’IISMC a San Giorgio, che ha attivamente promosso e partecipato alle ricerche per questo progetto fino alla sua prematura scomparsa nel dicembre del 2015.


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Programma

Mercoledì 25 gennaio (14.00-17.00)

Apertura dei lavori : Giovanni Giuriati

Gruppo di ricerca dell’Università di Torino

La Posavina canta e piange. L’universo musicale dei profughi croati della Posavina bosniaca.

Coordina: Ilario Meandri

L’universo musicale dei profughi croati della Posavina bosniaca. Esperienze, metodi, risultati (Guido Raschieri)

– Dalla Posavina bosniaca a Zagabria: il ballo del kolo. Repertori, strutture, nuovi contesti (Linda Cimardi)

– Cinesica e rilevamento dei dati di moto (Vixia Maggini,  Ilario Meandri)


Giovedì 26 gennaio (9.30-12.30)

Gruppo di ricerca dell’Università di Palermo

Questioni di etnomusicologia in Sicilia: persistenze, reviviscenze, innovazioni

Coordina: Sergio Bonanzinga

– Ritmi tecnici e valori espressivi: dal Corpus di Favara all’indagine contemporanea (Sergio Bonanzinga)

– La tradizione musicale ad Alimena: dai rilevamenti di Lomax e Carpitella (1954) alla situazione odierna (Giuseppe Giordano)

– La Settimana Santa bizantina a Piana degli Albanesi: un repertorio musicale di “lunga durata” (Girolamo Garofalo)

– Il rito musicale del Lazzaro nelle comunità arbëreshe: presentazione di un prodotto multimediale (Emanuele Tumminello)

– Nuovi scenari rituali: il canto liturgico ortodosso nelle comunità siciliane (Maria Giuliana Rizzuto)


Giovedì 26 gennaio (14.00-17.00)

Gruppo di ricerca dell’Università di Firenze

Sull’improvvisazione poetica e l’intonazione cantata in ottava rima 

Coordina: Maurizio Agamennone

– Gli studi e la documentazione (Maurizio Agamennone)

– Storie di poeti. Una anagrafe possibile (Giovanni Kezich)

– APORIE. Un archivio informatico (Layla Dari)


Venerdì 27 gennaio (9.30-12.30)

Gruppo di ricerca dell’Università di Roma “Tor Vergata”

Musica, festa, rito. Dinamiche culturali e processi di trasformazione.

Coordina: Giorgio Adamo

– Contesti “tradizionali”: Musica e danza nelle aree rurali del Malawi (Giorgio Adamo)

– Contesti in trasformazione: Ritualità musicale in Campania (Raffaele Di Mauro)

– Nuovi contesti: Liturgia e musica nelle chiese delle comunità immigrate a Roma (Serena Facci, Alessandro Cosentino e Vanna Viola Crupi)


Venerdì 27 gennaio (14.00-17.00)

Gruppo di ricerca dell’Università di Bologna

Musiche e riti per gli spiriti in Marocco

Coordina: Nico Staiti

– Sei anni di ricerca sul campo in Marocco: una sintesi in video (Nico Staiti)

– Lalla Malika: riti femminili a Meknes (Silvia Bruni)

– I sistemi scalari della musica gnawa (Lorenzo Vanelli)


Sabato 28 gennaio (9.30-12.30)

Gruppo di ricerca dell’Università di Roma “La Sapienza”

Trasformazioni di feste, rituali, rappresentazioni teatrali in Campania e nel Sud-est asiatico: due contesti a confronto

Coordina: Giovanni Giuriati

– Feste e rituali in Campania (Giovanni Giuriati, Claudio Rizzoni)

– Rito e teatro nel sud-est asiatico (Lorenzo Chiarofonte, Vincenzo Della Ratta, Giovanni Giuriati, Ilaria Meloni)

(12.30-13.30) Sessione generale conclusiva

Interverranno nella discussione: Fulvia Caruso (Università di Pavia), Alessandra Ciucci (Columbia University, New York), , Giovanni De Zorzi (Università di Venezia), Francesco Giannattasio (Università di Roma “La Sapienza”), Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari), Nicola Scaldaferri (Università di Milano), Federico Spinetti (Universität zu Köln)


 


 

Polifonie ‘in viva voce’ 20. Voci di Corsica: il canto confraternale

Nel 2016 il programma Polifonie “in viva voce” compie vent’anni. Quando iniziò, nel 1997, si pensava a un piccolo esperimento che, invece, si è rapidamente consolidato negli anni successivi. Furono allora invitati due gruppi di donne italo-albanesi della Basilicata, ed in seguito furono ospitati altri gruppi rappresentativi della polifonia di tradizione albanese, compresa la piccola minoranza cham. Molte altre pratiche europee sono state poi presentate a Venezia: dalle babi (nonne) bulgare di Bistritza – tra le prime a essere riconosciute dall’Unesco come patrimonio immateriale vivente – alle cantanti della Georgia, un territorio quasi “mitico” nel fare polifonia vocale e negli studi relativi. E si sono aggiunte le testimonianze di area mediterranea: dalla Sardegna (il “canto a tenore” dei Tenores de Bitti, il canto devozionale di Santulussurgiu), alla Corsica, alla Sicilia, cui ha fatto seguito la proposta della polifonia Dong, piccola minoranza della Cina meridionale, anch’essa con riconoscimento Unesco.

Per il “ventennale” si è perciò pensato a una piccola celebrazione di questa “lunga” durata, che, organizzata da Maurizio Agamennone si svolgerà nel pomeriggio di giovedì 1 dicembre. Si inizierà con gli interventi di autorevoli studiosi impegnati in una riflessione “a più voci”; quindi ci si misurerà ancora con la polifonia della Corsica nel consueto seminario (Voci di Corsica: il canto confraternale) e nel concerto finale con la Cunfraterna Sant’Antone abbate di Speluncatu.

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1 dicembre 2016
Programma della giornata

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Venti anni di polifonie a Venezia (1997-2016)
ore 14.00-16.00 Incontro di studi

In occasione del ventennale del programma Polifonie “in viva voce”, curato da Maurizio Agamennone, l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza un ultimo appuntamento a chiusura della programmazione 2016: un incontro di studi con Simha Arom, etnomusicologo africanista tra i più noti, finalizzato ad una riflessione sulle prospettive di analisi e classificazione delle pratiche polifoniche nel mondo.

Voci di Corsica: il canto confraternale
ore 16.30-18.00 Incontro di studi 
ore 18.30-19.30 Concerto 

A seguire, avrà luogo un incontro “monografico”, come da tradizione, con particolare attenzione verso la polifonia confraternale della Corsica. All’incontro, coordinato da Ignazio Macchiarella, parteciperà la Cunfraterna Sant’Antone Abbate di Speluncatu con esempi vocali dal vivo. Sempre la Cunfraternaalle 18.30 si esibirà in un concerto ad ingresso libero fino ad esaurimento posti.

Musica e Rito I tamburi batà nella Santeria cubana

Il secondo appuntamento della rassegna Musica e Rito è dedicato a I tamburi batà nella Santeria cubana, curato da Marco Lutzu e organizzato dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con il Conservatorio di Musica di Venezia “Benedetto Marcello”.

Il 9 novembre, presso la sede del Conservatorio, è previsto un workshop di percussioni afrocubane sui principali strumenti e ritmi utilizzati nei contesti rituali della tradizione afrocubana, mentre il 10 novembre, presso la Fondazione Giorgio Cini, si terrà il concerto dell’ensamble Omo Abbilona, che proporrà ritmi, canti e danze della Santeria, la più importante tra le religioni afrocubane. La Santeria nasce dal sincretismo tra il cattolicesimo dei colonizzatori europei e le espressioni religiose degli schiavi lucumi, termine che nell’isola identifica le popolazioni africane appartenenti al gruppo etnico-linguistico degli yoruba. Incentrata sul culto degli orichas, questa religione prevede diversi rituali nei quali il canto, la danza e il ritmo delle percussioni rivestono un ruolo di primaria importanza. I principali strumenti della Santeria sono i batá, tamburi sacri suonati esclusivamente da una casta di sacerdoti e nello stesso tempo professionisti della musica detti omo Aña, ovvero i figli di Aña.

L’ensemble Omo Abbilona e formato da giovani musicisti dell’Avana, apprezzati nella capitale cubana per la loro capacita di condurre cerimonie rigorose sul piano religioso e particolarmente coinvolgenti dal punto di vista musicale.


9 novembre | ore 15-18
Conservatorio B. Marcello
WORKSHOP SUGLI STRUMENTI A PERCUSSIONE NEI RITI RELIGIOSI AFROCUBANI
 Ingresso gratuito con prenotazione a: musica.comparata@cini.it

Il workshop è coordinato ed introdotto dall’entomusicologo Marco Lutzu, che tradurrà e assisterà i musicisti cubani che formano l’ensemble Omo Abbilona:
Andres Alain Medina Monteagudo
Daylon Gordon Urgelles
Alberto Elejalde Bonilla
Yester Luis Anaya Soublet
Il workshop sarà introdotto da Marco Lutzu con una panoramica sugli strumenti a percussione nei riti religiosi afrocubani. Seguirà un approfondimento sui tamburi batá nel quale verranno descritte le peculiarità organologiche, le tecniche costruttive, gli usi rituali e il repertorio di questi strumenti sacri. Le seconda parte, curata dal percussionista habanero Andres Alain Medina Monteagudo, prevede esemplificazioni pratiche e sessioni didattiche nel corso delle quali i partecipanti apprenderanno alcuni dei principali toques attraverso le tecniche di insegnamento tradizionali. I partecipanti sono invitati a portare con sé uno strumento a percussione (preferibilmente un tamburo)

10 novembre | ore 18.30
CONCERTO
Fondazione Giorgio Cini
Ingresso libero fino a esaurimento posti

I tamburi batá nella Santería cubana

Andres Alain Medina Monteagudo
Daylon Gordon Urgelles
Alberto Elejalde Bonilla
Yester Luis Anaya Soublet
tamburi batá e voce

Ulises Ezequel Mora Valina
Irma de la Caridad Castillo Ruiz
danzatori

L’ensemble Omo Abbilona è formato da quattro giovani suonatori di tamburi batá originari di Marianao, quartiere a maggioranza afrocubana nella zona sud-occidentale de L’Avana. Tutti si appassionano alle percussioni e alla musica religiosa fin da piccoli, prima assistendo e poi prendendo parte alle numerose cerimonie che si tengono quotidianamente presso le loro famiglie o nelle case degli abitanti del barrio. Il nome del gruppo è in lingua lucumí, parlata dagli schiavi africani di origine yoruba deportati a Cuba e poi divenuta la lingua liturgica della Santería, e può essere tradotto come “figli dei cammini aperti”. Facenti parte della casta sacerdotale degli Omo Añá, consacrata alla divinità dei tamburi, gli Omo Abbilona suonano i batá in occasione delle cerimonie religiose organizzate dai fedeli di tutta L’Avana.

Guidati da Andres Alain Medina Monteagudo, allievo di Gustavo Diaz, uno tra i più apprezzati tamboreros della vecchia generazione, gli Omo Abbilona propongono un concerto che ripercorre le principali musiche impiegate nella cerimonia del toque de santo. Orun seco è la suite strumentale che apre la cerimonia. Guidati dal tamburo maggiore iyá che detta i cambi e propone un gran numero di variazioni improvvisate, il terzetto esegue una lunga sequenza di pattern ritmici che si succedono senza soluzione di continuità, ognuno dedicato a una specifica divinità del pantheon della Santería.


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Musica e Rito. Musiche rituali a Meknes (Marocco): Me’lmat, Jilala e Schigouri

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati inaugura la stagione autunnale di attività con un nuovo ciclo di incontri dal nome “Musica e rito”: un progetto pluriennale che intende affrontare, attraverso incontri, workshop e performance, il rapporto tra musica, suono, e sfera del sacro in diverse tradizioni musicali.

Una prima iniziativa riguarda il Marocco, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia e una seconda iniziativa all’inizio di novembre si concentrerà sui rituali cubani legati alla Santería, in collaborazione con il Conservatorio di Musica B. Marcello. Entrambi gli appuntamenti prevedono un evento spettacolare presso la Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia.

Musica e riti femminili a Meknes

Conferenza
19 ottobre | ore 17-19 
CFZ Cultural Flow Zone – TESA 1
Zattere al Pontelungo, Dorsoduro 1392 Venezia
Ingresso libero
con ​ Domen​ico Staiti (Uni​versità di Bologna​) e Silvia Bruni (Uni​versità Ca’ Foscari Venezia​
/Uni​versità di Padova  interateneo)
Introduce Giovanni De Zorzi (Uni​versità Ca’ Foscari Venezia​)

Musiche rituali di Meknes 

Concerto
20 ottobre | ore 18.30 
Fondazione Giorgio Cini – Sala degli Arazzi
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia 
Ingresso libero fino ad esaurimento posti 
Con alcuni rappresentanti delle tre diverse tradizioni di musica sacra e di intrattenimento di Meknes: quella della confraternita Jilala, quella delle donne m’almat e quella degli ebrei marocchini.

Il primo appuntamento, a cura di Domenico Staiti, è dedicato alle musiche rituali a Meknes e prevede una conferenza presso e in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e un concerto alla Fondazione Giorgio Cini.

Si analizzeranno e si ascolteranno tre diverse tradizioni di musica sacra di Meknes: quella della confraternita Jilala, quella della donne Me’lmat e quella degli ebrei marocchini Schigouri. I Jilala sono una confraternita sufi popolare, la cui vocazione primaria e quella di agire nei rituali domestici per cantare i santi dell’Islam marocchino e per evocare i jinn, gli spiriti del pantheon popolare. I loro strumenti musicali sono il flauto obliquo nyra, il bandir (tamburo a cornice privo di cimbali) e i qraqeb (crotali di ferro).

I gruppi femminili sono detti Me’lmat (sing. Mallema), che significa “maestre artigiane”: sono composti da donne e/o uomini effeminati che agiscono nei riti di trance e per le nascite, circoncisioni, nozze; cantando e suonando tamburi gwell (a calice), t’bla (coppia di timpani), bandir, occasionalmente riqq (piccolo tamburo a cornice dotato di cimbali). Le musiche cantate con l’accompagnamento dell’oud appartengono al repertorio Schigouri, apparentato ai modi della grande tradizione andalusa, mentre possono essere impiegate per l’evocazione di alcuni spiriti che popolano il multiforme e sincretico pantheon dei jinn in Marocco anche le musiche di tradizione ebraica, ritenute, soprattutto nelle città imperiali, particolarmente sofisticate.


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