Istituto Musica Comparata – Pagina 16 – Fondazione Giorgio Cini

Stage di Danza del Maghreb (Marocco) 2007 a cura di Badiaa Lemniai

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza per il terzo anno uno stage intensivo dedicato alle danze del Maghreb con particolare attenzione alla tradizione del Marocco. Lo stage è affidato alla nota danzatrice Badiaa Lemniai, divulgatrice di una danza di tradizione millenaria che si distingue per la sua grande compiutezza.

Nata a Marrakech, Badiaa impara le danze popolari marocchine, dapprima in ambito familiare poi al Conservatorio di Musica.
Trasferitasi in Europa continua a studiare con i più grandi maestri coreografi del mondo arabo tra i quali Mahmoud Reda e Farida Fahmy, pionieri della danza orientale. Badiaa Lemniai diffonde da anni la danza orientale in Europa, America del Sud, Australia, Marocco, Tunisia ed Egitto. Partecipa a diversi festival e tiene stages in varie città della Svizzera e in Francia, a Bar-le-Duc, ove prepara gli studenti del Centre d’Initiation Musicale nell’ambito della rassegna “Oriente e Occidente”. Insegna all’Università popolare di Mulhouse, a Basilea al Centre “Oasis”, a Losanna al Centro di scambi culturali arabo-svizzeri e a Ginevra all’Atelier d’Ethnomusicologie.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
30 marzo – 1 aprile 2007

Orari dei corsi:
venerdì 30 marzo 10.00 – 12.00  14.00 – 16.00
sabato 31 marzo 10.00 – 12.00  14.00 – 16.00
domenica 1 aprile 10.00 – 12.00  14.00 – 16.00

Contatti:
Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati
tel. +39 041 2710357
e-mail: musica.comparata@cini.it

Polifonie in viva voce 11. Polifonie femminili della Georgia

L’undicesima edizione, che si tiene quest’anno, è dedicata alle polifonie femminili della Georgia. All’edizione di quest’anno, nel concerto serale, partecipa il gruppo polifonico femminile Mzetamze, costituito nel 1987, e assai noto anche fuori della Georgia, per la scelta di proporre in palcoscenico sia il repertorio tradizionale, sia musiche di composizione recente, a testimonianza della continuità e vitalità della polifonia georgiana.
Al seminario pomeridiano di studio, proposto per approfondire i tratti musicali e gli aspetti culturali delle pratiche polifoniche georgiane, parteciperanno alcuni tra i massimi specialisti dell’analisi e classificazione delle procedure polifoniche: Maurizio Agamennone, Simha Arom, Polo Vallejo e Nato Zumbadze.
Molti musicologi, soprattutto euro-orientali, hanno a lungo considerato e descritto la Georgia come la “culla” della polifonia in Europa, a causa della grande esuberanza e varietà di procedure e generi che le pratiche del cantare in gruppo assumono in questa regione europea. Anche se questa interpretazione, con il tempo, è stata ridimensionata, resta tuttavia indubbio come le manifestazioni georgiane della polifonia risultino tuttora straordinariamente vivaci e complesse: cantare in gruppo è una azione quasi spontanea, per i Georgiani, una consuetudine quotidiana. Pur se prevalentemente maschile, e associata frequentemente a esperienze conviviali, in Georgia è praticata altresì una polifonia femminile, presente in occasioni forse meno appariscenti, ma altrettanto rilevanti sul piano socio-culturale, con esiti musicali di grandissimo interesse.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
28 novembre 2007, Seminario, ore 16.00 – Concerto, ore 20.30

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Master Class di oboe armeno duduk 2007 e concerto di Gevorg Dabaghyan

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza per la prima volta, in collaborazione con la sezione musicale del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena di Venezia, diretta da Minas Lourian, un seminario dedicato al duduk, strumento a fiato a doppia ancia, costruito in legno d’albicocco e simbolo della tradizione musicale armena. Il duduk (considerato convenzionalmente come l’oboe armeno) è uno strumento popolare dal timbro caldo, leggermente nasale e dalla sonorità fortemente evocativa, che accompagna i canti e le danze di tutte le regioni dell’Armenia oltre ad essere lo strumento privilegiato per matrimoni e funerali.
Nel 2005, il duduk (o dziranapogh in armeno) venne proclamato come il capolavoro rappresentativo della tradizione musicale armena all’interno del “Programma dei Capolavori del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità” dell’Unesco. Il seminario, cui seguirà un concerto, sarà tenuto da Gevorg Dabaghyan, che sarà accompagnato da due maestri del suo Trio: un secondo suonatore di duduk che tiene continuamente il bordone grazie ad una tecnica di respirazione circolare, e un suonatore percussionista di dhol.
Dabaghyan, docente al Conservatorio Statale di Erevan, è uno dei massimi specialisti viventi di questo antichissimo strumento e fondatore di varie formazioni tra cui l’Insieme Shoghaken, votato alla salvaguardia del ricchissimo patrimonio folkloristico armeno. Nel vastissimo repertorio di Dabaghyan ha grande rilievo anche la musica liturgica, parte fondamentale di una tradizione plurimillenaria caratterizzata dalle forti radici culturali cristiane, essendo l’Armenia la prima nazione che proclamò il cristianesimo come religione di stato nel 301.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
26 maggio 2007

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Workshop di canto indiano Dhrupad 2007 a cura di Amelia Cuni

Il Dhrupad, il genere più antico della musica colta dell’India del Nord, influenzato dalle pratiche dello yoga del suono (nada yoga) e tramandato oralmente da famiglie d’arte. Evolutosi nel corso dei secoli fino a diventare il tramite fra la musica dei templi e quella delle corti, fra sacro e profano, viene oggi considerato il fondamento della musica strumentale e vocale indostana. L’aspetto introspettivo e meditativo si alterna a strutture ritmiche e improvvisazioni di grande vitalità, i vocalizzi ai versi poetici.

Il seminario, che si svolge nell’arco di 4 giorni, è tenuto da Amelia Cuni, con la collaborazione di Francesca Cassio. Durante le lezioni, articolate su due livelli, sono gradualmente esposti e praticati i fondamenti della tradizione dhrupad che si possono così riassumere:

– lavoro dettagliato sull´emissione della voce e esercizi fisici preparatori
– il modo musicale: RAGA
– l´intonazione e le tecniche vocali
– il ciclo ritmico: TALA
– l´improvvisazione

Questi elementi sono compatibili con qualsiasi genere vocale e forniscono una serie di tecniche ed esercizi che possono essere integrate con successo anche in altri linguaggi musicali.
Amelia Cuni trasmette la sua ventennale esperienza con la vocalità indiana in modo diretto e personalizzato secondo le esigenze dello studente europeo.
Il corso privilegia l´aspetto pratico e, per mezzo di semplici esercizi alla portata di ciascuno, la materia è svolta in modo sistematico, affrontando comunque tutti gli argomenti principali della teoria musicale indostana.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
26 – 29 aprile 2007

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Seminari internazionali di etnomusicologia XIII edizione. L’etnomusicologia e le musiche contemporanee

Dal 25 al 27 gennaio a Venezia, sull’ Isola di San Giorgio Maggiore, si svolge il tradizionale Seminario Internazionale di Etnomusicologia, giunto ormai alla sua XIII edizione. Il seminario è organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comaparati della Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione con il Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici “G. Mazzariol” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
L’edizione 2007, coordinata da Francesco Giannattasio, è incentrata sul rapporto tra l’etnomusicologia e le musiche contemporanee. Specialisti internazionali analizzano le problematiche derivanti dalla continua trasformazione dell’etnomusicologia attuale che, da disciplina votata allo studio delle pratiche musicali di tradizioni orali del folklore europeo o extraeuropeo, si trova oggi di fronte a un cambiamento profondo di queste musiche, oramai divenute parte integrante di un mondo sonoro globalizzato. Tema centrale e obiettivo chiave del Seminario è discutere le strategie di ricerca e gli strumenti teorici da utilizzare per studiare e comprendere questi nuovi fenomeni, molto diversi da quelli indagati dall’etnomusicologia ‘classicamente’ intesa.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
25-27 gennaio 2007

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Canto difonico 2007 a cura di Tran Quang Hai

L’ Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza anche quest’anno il tradizionale corso di Canto Difonico aperto sia ai principianti che agli avanzati.
Nella pratica del Canto Difonico una sola persona canta a due voci emettendo un suono grave laringeo cui si sovrappongono, in funzione melodica, suoni acuti prodotti da armonici ottenuti sulle pareti della cavità oro-faringea.

Tran Quang Hai
Viene da una famiglia di musicisti da cinque generazioni. Il padre Tran Van Khe, noto musicista, è tra i maggiori studiosi di musica vietnamita. Tran Quang Hai, nato nel Vietnam del Sud, ha studiato al Conservatorio di Saigon e quindi in Francia presso il Centre d’Etudes de Musique Orientale di Parigi; dal 1968 fa parte del gruppo di ricerca del CNRS – dipartimento di musicologia presso il Musée de l’Homme di Parigi. Questo artista è un raffinato interprete delle tradizioni musicali dell’Estremo Oriente su strumenti tipici di vari paesi. Egli è inoltre compositore, autore e curatore di numerose pubblicazioni (saggi, documentari, dischi). Per la sua attività scientifica e musicale ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali. Ha partecipato con successo a “Les Tambours 89” di Yves Herwan-Chotard in l’occasione del Bicentenario della Rivoluzione Francese, a “La Composition Française” di Nicolas Frize 1991 al Festival di Saint Denis e al Festival Internazionale “Chant de Gorge Khoomei” a Kyzyl e Tuva nel 1995. Da ricordare anche il Film etnomusicologico di Hugo Zemp e Tran Quang Hai “Le Chant Des Harmoniques” (1989) premiato in quattro manifestazioni internazionali.
Da molti anni si dedica allo studio etnomusicologico e fisiologico del Canto Difonico.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
19 – 21 ottobre 2007, ore 14.00 – 18.00

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Corso di flauto Ottomano Turco: Ney 2007

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati in collaborazione con il Dipartimento di Etnomusicologia del Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova, ha organizzato anche per il 2007 il corso annuale di ney.
Il corso si tiene presso la Fondazione Giorgio Cini, sotto la guida del grande M° Kudsi Erguner, musicista di fama internazionale, assistito dal M° Giovanni De Zorzi.
Il ney è uno strumento dal passato millenario divenuto nei secoli l’unico strumento a fiato adottato negli ensembles di musica classica persiana, araba e ottomano-turca.
Dal IX d.C. il ney è uno tra i rari strumenti musicali impiegati nell’incontro cerimoniale sufi detto ‘samâ‘, “ascolto, audizione”, nel corso del quale si ascoltano musica e poesia nell’intento di pervenire a particolari stati interiori, definibili come estasi o, più correttamente, enstasi. Dal XIII secolo il ney assume un particolare ruolo, musicale e simbolico, in seno alla confraternita sufi detta mevleviye, più nota in occidente come confraternita dei “dervisci rotanti”, sorta sull’esempio del poeta sufi di lingua persiana Mevlâna Jalâl-ud-Dîn Rumî (Balkh, 1207-Konya, 1273).

Kudsi Erguner (1952) si ricollega autorevolmente a questa tradizione spirituale e musicale provenendo da una nota e ormai secolare famiglia di neyzen che inizia con il nonno Süleyman Erguner (1902-1953) e prosegue con il padre Ulvi Erguner (1924-1974), celebre solista del suo tempo e direttore del Dipartimento di musica tradizionale della Radio d’Istanbul. Con più di cinquanta registrazioni a suo nome e con svariate collaborazioni nel campo della musica, del teatro (Peter Brook), del cinema (Martin Scorsese, Marco Ferreri) e della danza (Carolyn Carlson, Maurice Bejart) Kudsi Erguner è oggi, indiscutibilmente, il più noto neyzen sul pianeta, insieme al fratello Süleyman (1957) e all’ormai anziano, ma attivo, Niyazi Sayin (1927).

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
19 – 21 aprile 2007, ore 9.30

Contatti:
Conservatorio di Musica “Cesare Pollini”
Via Eremitani 18, 35121 Padova
tel. +39 049 8750648

Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati
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Percussione iraniana: Zarb 2007 a cura di Bijan Chemirani

Dal 8 al 9 dicembre l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini organizza per l’undicesimo anno consecutivo un corso teorico-pratico intensivo di Zarb, il classico tamburo persiano, a cura del Maestro Bijan Chemirani (figlio del noto virtuoso Djamchid).
Lo Zarb, un tamburo a calice monopelle in legno di noce, è il più antico strumento a percussione del Medio Oriente. Le sue origini si trovano nell’Iran del Nord, poi coi secoli si è diffuso in Turchia, Europa Orientale, Africa. Insieme al tabla indiano, è l’unico strumento da suonare con i polpastrelli anziché con il palmo della mano, dunque viene classificato come strumento “melodico”, più che “percussivo”. Suonato con dieci dita, lo Zarb è in grado di riprodurre lo stesso numero di note di un pianoforte e può essere percosso anche con le unghie e con anelli infilati sulle dita.

Bijan Chemirani è nato in una famiglia di musicisti ed ha cominciato quindi molto presto a studiare lo zarb con il padre Djamchid ed il fratello Keyvan. Suona anche il daf, altra percussione iraniana di origine popolare e folklorica, oggi utilizzata negli ensemble di musica tradizionale. Da qualche anno si esibisce in numerosi concerti in Europa e nell’area del Mediterraneo accompagnando sia le musiche tradizionali (la cantante del Marocco Amina Alaoui, il virtuoso del santoor Hassan Tabbar…) che la musica jazz (Percussion Orchestra, A. Mangelsdorff , Chico Freeman). Bijan Chemirani tiene anche frequentemente stages pratici di zarb in Francia, Spagna e Svizzera.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, ore 10.00 – 13.00 e 14.30 – 17.3

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Master class di Tabla a cura di Sankha Chatterjee

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza anche quest’anno un corso teorico-pratico intensivo dedicato al Tabla (percussione indiana) a cura del Maestro Sankha Chatterjee dell’Università di Calcutta, illustre interprete che ha accompagnato con il suo strumento i maggiori esponenti della tradizione musicale indiana. Il Tabla – un tipo di percussione – è un membranofono tipico della musica classica indiana, costituito dalla coppia timpano-tamburo cilindrico, e viene tradizionalmente usato come strumento solista e di accompagnamento.
Sankha Chatterjee guida i corsi di Tabla a Venezia per l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati dal 1979. Nel programma di quest’anno verranno affrontati i principali aspetti teorici e pratici del tradizionale strumento a percussione.
Il corso è aperto sia a principianti che ad allievi di livello avanzato.
La tassa di iscrizione è di euro 100 da versarsi in contanti il primo giorno di corso.

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Tradizioni musicali dall’Impero Ottomano: risonanze e interculturalità.

La giornata si propone di affrontare il prisma culturale dell’Impero ottomano partendo dalla prospettiva dei suoi linguaggi musicali, intesi come espressioni di un’eterogeneità che caratterizzò la classe politica imperiale e i suoi sudditi per più di cinque secoli. Alla pari di altre forme artistiche che si svilupparono entro i confini dell’Impero, anche le culture musicali che emersero nei diversi ambiti della vita sociale ottomana, nelle varie fasi della sua storia, presentavano un carattere decisamente interculturale: le diverse tradizioni non coesistevano nella separazione, bensì nella reciproca interazione, un fenomeno, questo, ampiamente dimostrato dai molteplici generi musicali. La musica di palazzo, nata dalla fusione tra eredità persiana e bizantina, composta da sultani e alti funzionari – Sultan Korkut (1467-1513), Murad IV (r. 1623–40), Sultan Selim III (1761-1808), Gazi Giray Khân (1554–1607) – coesisteva con le composizioni di diplomatici e intellettuali stranieri che gravitavano attorno alla Corte imperiale, come il conte polacco Wojciech ‘Ali Ufkî Bey Bobowski (1610–c1675), il principe moldavo Dimitri Cantemir (1673-1723), entrambi autori di trattati fondamentali, e il monaco armeno Hamparsum Limoncyan (1768–1839), inventore di un sistema di notazione musicale.
Questa cultura musicale d’élite era inoltre animata da tanti musicisti e compositori attivi nella capitale e provenienti dalle più disparate tradizioni (armeni, greci, ebrei, cristiani), che catturarono l’attenzione di baili, storici e viaggiatori come Giambattista Toderini, Charles Fonton o Jean Antoine du Loir. Si pensi inoltre alla koiné melodica e lessicale delle canzoni popolari d’Asia Minore e d’Anatolia orientale, allo sconfinato repertorio di canti epico-lirici dei trovatori ashık, che nel loro vagare uniscono Armenia, Iran, Caucaso e Asia centrale, al sistema bizantino degli oktoechoi, alla musica sacra di conventi cristiani o musulmani, disseminati per tutti i Balcani, alla circolazione di cantori sinagogali nei centri sufi (tekke, dargâh) sino alle melodie ispanico-giudaiche sefardite in ladino, alla presenza costante e massiccia di interpreti zingari, all’interazione tra generi letterari colti e urban light genres, come nei casi del gazel, dello sarkı del particolare genere greco ottomano del rebetiko che risuonavano sul Bosforo e nei quartieri delle grandi capitali del commercio settecentesco. La storia musicale dell’Impero ottomano, insomma, offrì numerose risposte alla molteplicità delle sollecitazioni delle sue genti. Ben lungi dall’essere un aspetto separato e indipendente dalle vicende politiche, sociali e letterarie che interessarono governanti e governati dell’Impero, le culture musicali costituivano a tutti gli effetti un fenomeno storico, tra i molti che compongono e illustrano la nostra conoscenza di un’epoca, di un’area geografica e dei suoi abitanti. Questo è il motivo principale che ci spinge a cercare un approccio autenticamente interdisciplinare, promuovendo interventi di etnomusicologi, ma anche di specialisti di storia sociale e diplomatica dell’Impero ottomano, delle letterature e filologie delle lingue che vi erano parlate. Ciascun relatore interpreterà, con i rispettivi strumenti scientifici, un fatto musicale occorso nelle proprie ricerche e, commentandolo, lo proporrà eventualmente all’ascolto. Oggetto di interesse non sarà dunque solo una suggestione musicale, quanto le diverse forme di contestualizzazione storica che i partecipanti potranno offrire. Ben lungi dal progettare una trattazione esaustiva di tutti i generi musicali praticati in epoca ottomana, vorremmo piuttosto segnare l’inizio di un percorso di analisi comparativa e interdisciplinare, la sola che, a nostro avviso, ci consenta di proporre un’interpretazione dell’ecumene ottomana e mediterranea in tutta la sua eterogenea complessità.

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