Istituto Musica Comparata – Pagina 15 – Fondazione Giorgio Cini

Polifonie ‘in viva voce’ 12 – di area veneta e friulana

Questa dodicesima edizione, felice risultato di una ricerca finanziata attraverso la Borsa “Vittore Branca” conferita dalla Regione Veneto a Matteo Del Negro per la promozione di ricerche sulla cultura veneta, è dedicata alle polifonie di area veneta e friulana e si articolerà in tre appuntamenti, nei quali si incontreranno gruppi polifonici diversi, rappresentativi di esperienze multiformi di canto d’insieme: tre concerti pomeridiani nei quali si potranno ascoltare le differenti tipologie del “cantare in gruppo”, espressioni di altrettante identità musicali locali.

Il giorno 4 ottobre alle ore 16 si esibiranno i seguenti cori:

Coro Du Muini, Gazzo e Grantorto, PD
direttore: Luciano Rampazzo

Coro Pod Lipo, San Pietro al Natisone, UD
direttore: Antonio Specogna

Grop Coral Gjviano, Udine
direttore: Massimo Persic

Corale Quirita, San Quirino, PN
direttore: Lidio D’Orico

Coro Vôs di Vilegnove, San Daniele del Friuli, UD
direttore: Don Romano Michelotti

Coro Sot la Nape, Villa Santina, UD
direttore: Enza Petris

Cantori Veneti, Trebaseleghe, PD
direttore: Thomas Mazzucchi

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Musica dall’Armenia

L ’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza per la
seconda volta, in collaborazione con la sezione musicale del Centro Studi
e Documentazione della Cultura Armena di Venezia, diretta da Minas
Lourian, un corso dedicato al duduk, strumento a fiato a doppia ancia, costruito in legno d’albicocco e simbolo della tradizione musicale armena.

Il corso sarà tenuto da Gevorg Dabaghyan.

Il duduk
(considerato convenzionalmente come l’oboe armeno) è uno strumento
popolare dal timbro caldo, leggermente nasale e dalla sonorità
fortemente evocativa, che accompagna i canti e le danze di tutte le
regioni dell’Armenia oltre ad essere lo strumento privilegiato per
matrimoni e funerali.

Nel 2005, il duduk (o dziranapogh
in armeno) venne proclamato come il capolavoro rappresentativo della
tradizione musicale armena all’interno del “Programma dei Capolavori
del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità” dell’Unesco.

Gevorg Dabaghyan,
docente al Conservatorio Statale di Erevan, è uno dei massimi
specialisti viventi di questo antichissimo strumento e fondatore di
varie formazioni tra cui l’Insieme Shoghaken, votato alla salvaguardia
del ricchissimo patrimonio folkloristico armeno. Nel vastissimo
repertorio di Dabaghyan ha grande rilievo anche la musica liturgica,
parte fondamentale di una tradizione plurimillenaria caratterizzata
dalle forti radici culturali cristiane, essendo l’Armenia la prima
nazione che proclamò il cristianesimo come religione di stato nel 301.

Contatti:
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Polifonie ‘in viva voce’ 12

Il ciclo Polifonie “in viva voce”, ideato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini, a cura di Maurizio Agamennone, è per tradizione dedicato allo studio e analisi delle pratiche di canto di gruppo in area europea; giunto ormai alla sua 12° edizione, è dedicato quest’anno a Polifonie di area veneta e friulana. Si tratta di una manifestazione che costituisce uno dei risultati della borsa di studio “Vittore Branca”, conferita dalla Regione Veneto a Matteo Del Negro per la promozione di ricerche sulla cultura veneta.

L’edizione 2008 è stata realizzata grazie all contributo della Regione del Veneto e in collaborazione con il Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici “G. Mazzariol” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, la Provincia di Padova, il Comune di Venezia, il Comune di Udine, il Comune di Fumane.

L’evento si articola in tre appuntamenti pomeridiani, nei quali si proporranno all’attenzione di ascoltatori, appassionati e studiosi, gruppi polifonici rappresentativi di esperienze diverse di canto d’insieme, in area venetofriulana, espressioni molteplici di numerose identità musicali locali.

Sabato 4 ottobre, all’Auditorium “Cesare Pollini” di Padova, si terrà un concerto di cinque gruppi polifonici friulani e due veneti;

Sabato 11 ottobre, al Teatro Palamostre di Udine
, un concerto di cinque gruppi veneti e due friulani;

Sabato 18 ottobre, al Teatro Toniolo di Mestre, un concerto di quattro gruppi friulani e quattro gruppi veneti. Nella stessa giornata è anche previsto, prima del concerto, un seminario di approfondimento teorico rivolto principalmente a studiosi e studenti universitari.

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Corso di canto difonico a cura di Tran Quang Hai

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza il tradizionale corso di canto difonico aperto sia ai principianti sia ad allievi di livello avanzato. Il canto difonico è una tecnica vocale di origine sciamanica diffusa in Mongolia, in Siberia e in Sudafrica. Nella pratica del canto difonico (overtones) una sola persona canta a due voci emettendo un suono grave laringeo cui si sovrappongono, in funzione melodica, suoni acuti prodotti
da armonici ottenuti sulle pareti della cavità oro-faringea. Il corso è affidato al Maestro Tran Quang Hai, considerato il più grande specialista del mondo di canto difonico.

Raffinato interprete delle tradizioni musicali dell’Estremo Oriente, è stato maestro di artisti come Demetrio Stratos, David Hykes, Meredith Monk, Roberto Laneri. Tran Quang Hai proviene da una famiglia di cinque generazioni di musicisti. Il padre Tran Van Khe è tra i maggiori studiosi di musica vietnamita. Nato nel Vietnam del Sud, Tran Quang Hai ha studiato al Conservatorio di Saigon e quindi in Francia presso il Centre d’Etudes de Musique Orientale di Parigi; dal 1968 fa parte del gruppo di ricerca del CNRS, dipartimento di musicologia presso il Musée de l’Homme di Parigi. Polistrumentista, suona oltre quindici strumenti musicali vietnamiti, cinesi, indiani, iraniani, indonesiani ed europei. Compositore, autore e curatore di numerose pubblicazioni (saggi, documentari, dischi), per la sua attività scientifica e musicale ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali. Ha partecipato con successo a Les Tambours 89 di Yves Herwan-Chotard nell’occasione del Bicentenario della Rivoluzione francese, a La Composition Française di Nicolas Frize (1991), al Festival di Saint-Denis e al Festival Internazionale Chant de Gorge Khoomei a Kyzyl e Tuva nel 1995. Da ricordare anche il film etnomusicologico di Hugo Zemp e Tran Quang Hai, Le Chant des Harmoniques (1989), premiato in quattro manifestazioni internazionali. Si è esibito in oltre duemilacinquecento concerti in quarantacinque paesi, contribuendo all’introduzione della tecnica difonica nella musica contemporanea.

Corso di Canto difonico a cura di Tran Quang Hai

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
3 – 5 ottobre 2008

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Master Class e Spettacolo di danza e strumenti africani dei Baganda e dei Basoga

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati ha promosso, in collaborazione con il Dipartimento di “Art, Dance and Drama” della Makerere University di Kampala (Uganda), una master class sulle musiche dei Baganda e dei loro vicini Basoga a cura di Sylvia Nannyonga Tamusuza a cui segue uno spettacolo dell’Ensemble “Ugandan Beat of Africa”.

Per info

Programma
La didattica e la prassi esecutiva di musiche dell’Africa si è sviluppata negli ultimi decenni in Italia grazie soprattutto a musicisti provenienti dai paesi occidentali del continente. Molto meno nota è la densa e articolata produzione musicale delle zone orientali. Una delle più ricche tradizioni musicali in Uganda è quella dello xilofono su tronchi di banano, strumento diffuso in tutta la regione interlacustre. Il grande xilofono akadinda, suonato da cinque musicisti, era centrale per l’esecuzione dei repertori di corte nell’antico regno del Buganda. Un secondo xilofono, amadinda, è percosso da tre suonatori. Ambedue sono oggi praticati da musicisti esperti nella particolare tecnica di formule musicali a incastro. Analogo all’amadinda è l’embaire dei Basoga, confinanti con i Baganda, che coltivano una notevole varietà di strumenti e repertori musicali. Gli xilofoni sono accompagnati da particolari set di tamburi. Nel corso del concerto e del seminario sono anche presentati alcuni strumenti solistici come lo ndongo (lira), il mulere (flauto), lo ndingiti (fidula monocorde). La danza (musica da vedere) è parte integrante della cultura musicale ganda e soga come di altre culture musicale dell’Uganda. Durante il concerto è dunque presentata una selezione di danze tra cui il bakisimba, la più importante danza dei Baganda, basata su un particolarissimo movimento del bacino. Gli ngoma (tamburi bipelle con stringhe a fungere da tiranti) di diverse dimensioni insieme a un lungo tamburo monopelle (engalabi) formano l’orchestra usata per accompagnare le danze.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
30 maggio – 1 giugno 2008

Master Class: 30 – 31 maggio 2008
9.30 – 12.30 e 14.30 – 17.30
Quota di iscrizione: Euro 80 (da versare in contanti il primo giorno)

Spettacolo: 1 giugno 2008
18.30
Ingresso libero

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Etnomusicologia applicata: prospettive e problemi

Il volume raccoglie gli atti dell’omonimo Seminario Internazionale di Etnomusicologia curato da Francesco Giannattasio e organizzato dall’l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati nel gennaio 2003.

Anche se nata con intenti prettamente scientifici e di ricerca, l’etnomusicologia ha avuto, fin dai suoni inizi, una componente che si può definire ‘applicata’. Allestimento di musei, consulenze nell’ambito degli imperi coloniali, organizzazione di concerti, divulgazione attraverso la pubblicazione di incisioni discografiche, facevano già parte del bagaglio professionale dei musicologi comparati all’inizio del XX secolo. Col passare del tempo la figura dell’etnomusicologo come mediatore di cultura ha poi assunto un ruolo sempre più ampio all’interno della disciplina. In tempi recenti, tuttavia, la questione relativa alle diverse applicazioni del lavoro sul campo ha avuto uno sviluppo esponenziale ponendo alla figura del ricercatore di musiche tradizionali problemi e interrogativi inediti, in alcuni casi di delicatezza tale da investire lo statuto stesso della disciplina insieme alle posizioni metodologiche ed etiche di chiunque oggi faccia ricerca.

I testi qui raccolti erano stati pubblicati sul vecchio sito della Fondazione Cini già nel 2004 e hanno avuto ampia diffusione, costituendo anche utili riferimenti per i corsi di Etnomusicologia in diverse Università italiane. Vengono qui ripubblicati, sostanzialmente immutati, in una nuova versione grafica e mantenendo la loro forma multimediale, affinché possano continuare a circolare, ritenendoli ancora validi, nonostante il tempo trascorso.

 

 

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Database bibliografico sugli studi di popular music

Questa bibliografia (www.iismc.cini.it) nasce da un lavoro pluriennale di Philip Tagg, uno dei più autorevoli esperti negli studi di popular music, attualmente docente all’Università di Montreal. Tagg ha inteso creare uno strumento di ricerca dedicato a tutti coloro, ricercatori, studenti, musicisti, che si interessano alla popular music, un campo delle discipline musicologiche che ha acquistato sempre maggior rilevanza negli ultimi decenni, come dimostra l’imponente quantità di studi e ricerche pubblicate in volumi, riviste, atti di convegni. La bibliografia, nata inizialmente dalle esigenze di ricerca dello stesso Tagg, si è sostanziata, nel corso degli anni, di numerosi contributi di suoi studenti e collaboratori, raggiungendo un numero considerevole di voci ricercabili per autore, parole nel titolo e parole chiave.

Con l’intento di fornire un supporto logistico-informatico ed istituzionale al lavoro di ricerca e di consentire ad un’utenza la più ampia possibile l’accesso alla consultazione dei dati, Tagg ha cercato un interlocutore disponibile. L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini ha accettato con piacere di sostenere ed ospitare sul proprio sito la bibliografia, fornendo al contempo un supporto di programmazione informatica che consentisse l’accesso, l’uso e lo sviluppo di questo database nella maniera più efficace e semplice possibile permettendo a chiunque avesse delle proposte la libera immissione di nuovi dati con delle semplici procedure on-line.
Per sua natura una bibliografia necessita di continui aggiornamenti e, a tal fine, si è creata una ulteriore partnership con la International Association for Popular Music Studies (IASPM) che, attraverso il suo attuale presidente Franco Fabbri, ha deciso di sostenere questa impresa scientifica, ritenendo che fosse utile ed opportuno poter disporre on-line di un prezioso strumento di ricerca rivolto a chiunque si interessi di questo campo di studi.
Oltre ad un avallo scientifico esplicito da parte della assemblea dei soci IASPM, la collaborazione si è sostanziata attraverso la creazione di un’equipe di esperti incaricata di aggiornare la bibliografia e di verificare la validità dei dati immessi dai naviganti, con il coordinamento dello stesso Philip Tagg (Università di Montreal), coadiuvato da Laura Leante (Open University) e di Christophe Pirenne (Conservatorio di Bruxelles), ed esteso a un gruppo di esperti consulenti che fungono da riferimento per aree geografiche e specifici settori di studi.

L’IISMC della Fondazione Giorgio Cini si è incaricato di ospitare la bibliografia sul proprio sito, rendendola accessibile on-line e di curare gli aspetti di gestione informatica del database con la consulenza di Carlo Ercole.
Chiunque intendesse segnalare nuovi volumi può inserirne i dati on-line nella sezione SUBMIT. Dopo la verifica dell’equipe di esperti, i dati segnalati saranno liberamente consultabili.
Per qualsiasi informazione o richiesta di aiuto si invita a contattare l’equipe di esperti all’indirizzo popular.music.database@googlemail.com, mentre eventuali problemi tecnici o imprecisioni potranno essere segnalati all’indirizzo webmaster.iismc@gmail.com.

Per informazioni
e-mail: ufficio.editoriale@cini.it

Etnomusicologia e studi di popular music: quale possibile convergenza?

Il volume raccoglie gli atti dell’omonimo Seminario Internazionale di Etnomusicologia curato da Francesco Giannattasio e organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati nel gennaio 2005. Gli studi sulla popular music — termine inglese intraducibile che indica quelle musiche che si producono e diffondono attraverso i mezzi di comunicazione di massa nelle società contemporanee — sono consolidati a livello internazionale ed anche in Italia dove ormai, in diverse Università, si insegnano corsi di “Musiche popolari contemporanee”. L’oggetto di studio di questa disciplina presenta significative convergenze e sovrapposizioni con quello dell’etnomusicologia, dato che sempre più spesso le musiche cosiddette tradizionali si incrociano con i fenomeni del mercato discografico e con i processi di diffusione musicale propri delle società complesse.

 

Il crescente interesse da parte degli etnomusicologi nei confronti del fenomeno della cosiddetta “World Music”, dei panorami sonori delle realtà urbane e delle diaspore musicali, la maggiore diffusione di musiche popular extra-occidentali, o ancora la ormai costante esposizione degli ascoltatori legati all’idioma pop-rock a musiche e tradizioni “altre”, sono solo alcuni dei fattori che portano spesso le due discipline a condividere gli stessi ambiti e oggetti di studio. Eppure, i popular music studies e l’etnomusicologia, a volte per una questione di formazione, a volte per differenti metodologie di ricerca e analisi, sembrano ancora muoversi su due binari paralleli e a tutt’oggi solo di rado il dibattito è comune.

 

In occasione di questo seminario studiosi provenienti da entrambi i campi e con diverse esperienze di ricerca hanno dimostrato di condividere problematiche, prospettive e approcci allo studio dei repertori presi in analisi, convenendo sul fatto che la convergenza tra le discipline è possibile, auspicabile e assai proficua. I testi qui raccolti erano stati pubblicati sul vecchio sito della Fondazione Cini già nel 2007 e hanno avuto ampia diffusione, costituendo anche utili riferimenti per i corsi di etnomusicologia in diverse Università italiane. Vengono qui ripubblicati, sostanzialmente immutati, in una nuova versione grafica e mantenendo la loro forma multimediale, affinché possano continuare a circolare, ritenendoli ancora validi, nonostante il tempo trascorso.


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Trio Dabaghyan

Concerto tenuto da Gevorg Dabaghyan, accompagnato da due maestri del suo Trio: un secondo suonatore di duduk che tiene continuamente il bordone grazie ad una tecnica di respirazione circolare, e un suonatore percussionista di dhol.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
26 maggio 2007, ore 20.30

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Stage di danza indiana Bharata Natyam 2007 a cura di Raghunath Manet

Dal 31 agosto al 6 settembre sull’isola di San Giorgio Maggiore si svolge un corso dedicato alla danza Bharata Natyam. Il corso, organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, è tenuto da Raghunath Manet. Il Bharata Natyam è uno stile di danza originario dei templi dell’India del Sud che vanta una tradizione di oltre tremila anni. Lirica nel concetto e nell’esecuzione, la danza combina due aspetti principali: Nritia, cioè la tecnica e Nriiya, ossia l’interpretazione emotiva attraverso i movimenti delle mani (mudras) e le espressioni del viso (abhnaya).
Con la sua sofisticata grazia il Bharata Natyam ha superato i confini dei templi indù, diffondendosi dall’India al resto del mondo. Ciò nonostante, la sua profonda religiosità, che si manifesta nella mistica identificazione della danzatrice con la divinità, non è andata perduta.

Raghunath Manet, danzatore,coreografo e musicista è nato a Pondichéry, antica legazione francese dell’India sud-orientale. Allievo di Sri Nathan presso la Scuola del Tempio di Villenour, si è diplomato nel 1985 alla Kalakshetra, Accademia di Musica e Danza di Madras. Ha continuato ad approfondire la sua conoscenza del repertorio tradizionale con numerosi maestri depositari della tradizione, tra cui Ram Gopal, ed è divenuto uno dei maggiori esponenti della danza tradizionale indiana nello stile Bharata Natyam dell’India del sud.
Musicista oltre che danzatore, è stato iniziato giovanissimo al canto dal nonno Gnanamani Pillaj ed ha appreso a suonare la vina sotto la guida di Goumati Shankara.
Nel 1998 ha fondato a Pondichéry Tala Sruti, una scuola di danza e musica e, dal 1990, dirige una propria compagnia di danza. Svolge le sue attività di danzatore e coreografo fra la Francia e l’India, effettuando inoltre tournées in tutto il mondo.
Raghunath Manet si dedica al recupero delle antiche danze tradizionali indiane a livello sia scientifico – è autore de Les Bayadères, danseuses sacrées du Temple de Villenour, ed. Tala Sruti, 1995; Bharata Natyam du Temple à la Scène, Ed. Tala Sruti, 1999; La musique carnatique, Ed. Pondichéry Artists, 2001 – sia pratico, allestendo numerosi spettacoli. Tra le più importanti coreografie: Shivanjali (1988) per la Maison du Cultures du Monde, Pas et rythme (1993) per l’Institut du Monde Arabe, Shiva Tandava (1995) per il Festival di Avignone, Terru Kuttu (1996) per il Quartier d’Eté a Parigi, Chidambaran (2000) all’Opéra Bastille di Parigi e quindi su grandi scene internazionali: Inghilterra, Italia, Stati Uniti, Africa e Australia. Nel giugno 2002, Carolyn Carson l’ha invitato a presentare il suo spettacolo Omkara nell’ambito della rassegna de La Biennale Danza di Venezia.
Nel gennaio 2001 ha ricevuto dal Ministro della Cultura il titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere.

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
31 agosto – 6 settembre 2007, 16-17.30 principianti; 17.30-19 avanzati

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