Istituto Musica Comparata – Pagina 13 – Fondazione Giorgio Cini

XIX Seminario internazionale di etnomusicologia. Living music: case studies and new research prospects

Living music: case studies and new research prospects

Musiche viventi: casi esemplari e nuove prospettive di ricerca

L’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati organizza, nei giorni 30-31 gennaio e 1° febbraio 2014, il  XIX Seminario Internazionale di Etnomusicologia che avrà per titolo Living music: case studies and new research prospects (Musiche viventi: casi esemplari e nuove prospettive di ricerca).


Il tema sviluppa ed estende quello affrontato nel XVIII Seminario (2013), che aveva per titolo Perspectives on a XXI century comparative musicology: ethnomusicology or transcultural musicology? (Prospettive di una musicologia comparata nel XXI secolo: etnomusicologia o musicologia transculturale?): argomento, ormai cruciale, che induce a riconsiderare la prospettiva comparativa alla luce dei drastici cambiamenti nel nostro campo di studi e a compiere un bilancio sull’etnomusicologia, sul suo status, sui suoi compiti e metodi d’indagine nonché sulla sua posizione nel quadro più generale della ricerca scientifica sulle forme e i comportamenti dell’espressione e della comunicazione attraverso i suoni. Nella scorsa edizione furono affrontate varie questioni e, in primo luogo, ci si interrogò sulla necessità di abbandonare definitivamente quella visione “etnologica” del mondo che, per ragioni più che legittime di pari dignità delle culture e delle musiche, le scienze umane hanno nel secolo scorso diffuso dappertutto a piene mani, creando anche, purtroppo, una metacultura delle “alterità” alla quale credono ormai soltanto gli operatori turistici, il popolo dei consumatori, gli estremisti etnici, i musicisti del neo folk revival e di certa cosiddetta world music. La realtà attuale è molto più complessa, anche se non meno interessante: i più diversi stili, repertori e modi di realizzazione del musicale ormai consuonano tutti, pancronicamente, in una nuova dinamica interculturale e intersoggettiva.

Di fronte a una così profonda trasformazione dell’oggetto di studio, nelle forme, nei comportamenti e nelle connotazioni sociali, ci si deve domandare in che cosa consista, oggi, la specificità dell’etnomusicologia. Nonostante sia stato spesso sottolineato come la disciplina dovesse costituirsi più per il metodo che non per l’oggetto delle ricerche, e che in teoria qualsiasi musica potesse essere affrontata con uno sguardo etnomusicologico, è un dato di fatto che ci si è soprattutto caratterizzati, sia al nostro interno che rispetto alle discipline confinanti, per il fatto di occuparsi di “certe” musiche. Fino a che punto, dunque, la trasformazione di tali musiche, il progressivo venir meno della separazione socio-culturale e dell’alterità, si ripercuote sull’identità della disciplina?

Ad esempio, è ancora giustificato un ruolo degli etnomusicologi come promotori, garanti e protettori delle “altre” musiche? E con quali motivazioni? La questione chiama in causa l’attuale statuto di oggetti e di ambiti che, ormai più per convenzione che per convinzione, chiamiamo ancora musica colta, musica popolare, musica di tradizione orale, musica elettronica e così via, o anche etnomusicologia, musicologia d’arte, musicologia contemporanea, popular musicology ecc. Certamente le loro estensioni e i loro confini sono da rivedere, dato che i percorsi storici e le mappe geo-antropiche, sociologiche e stilistiche cui facevano riferimento sono radicalmente cambiati, con una velocità che ormai supera i nostri tempi di reazione e le nostre capacità di adattamento.

La necessità più urgente sembra dunque quella di liberare l’etnomusicologia dal peso dei suoi miti di fondazione e da un ormai inammissibile attardamento nei canoni ideologici della rivoluzione antropologica compiutasi nel secolo ormai trascorso, ampiamente superati dalla realtà attuale; ferma restando, naturalmente, la possibilità di uno studio storico delle diverse culture musicali, oggi anzi accresciuta grazie ai documenti raccolti in oltre un secolo di studi etnomusicologici. A tale fine è certamente utile anche la riconsiderazione di una serie di slittamenti semantici di termini che ne hanno caratterizzato le vicende, a cominciare dalla denominazione stessa della disciplina e di tutti i termini caratterizzati dal prefisso ‘etno-‘ (o dall’aggettivo ‘etnico’), che assumono oggi un suono sinistro e una connotazione larvatamente razzista; ma altrettanto da rivedere sono nozioni ormai abusate e pericolose come “musica tradizionale” (e quale non lo è?) o “identità” (culturale, musicale, etnica ecc.). La stessa dicotomia oralità/scrittura ha ormai perso, nell’attuale quadro di trasformazioni, buona parte delle sue potenzialità euristiche; o, per lo meno, va ripensata in base alle condizioni di nuova oralità e nuova scrittura mediatiche, primarie e secondarie, soprattutto determinate dalla diffusione universale dei mezzi informatici di comunicazione di massa. L’attuale predominanza dei modi di fruizione degli eventi culturali sui loro contenuti e sulla loro specifica forma espressiva (in linea con la ben nota premonizione “il medium è il messaggio” di Marshall McLuhan) meritano in questo senso un’approfondita e meditata riflessione.

Ecco perché, ci si deve domandare in cosa consista oggi, in questo nuovo Media Evo, la specificità dell’etnomusicologia, dato che, comunque la si voglia denominare, è di una musicologia transculturale che ci si dovrà d’ora in poi occupare.

Nel Seminario 2014 tale discussione, così importante per il nostro settore di studi, proseguirà a partire da specifici casi di studio, che forniranno esempi particolarmente significativi dei concreti processi musicali (culturali, sociali) contemporanei.

Francesco Giannattasio

 

 


 

Programma

30 gennaio

mattina, ore 9.30 – 12.30

Francesco Giannattasio (Università di Roma “Sapienza”)

Introduzione al Seminario

Steven Feld (University of New Mexico)

Acoustemology: Toward a Posthumanist, Transpecies, and Cyborg Sound Studies

pomeriggio, ore 14.00 – 16.00

Jocelyne Guilbault (University of California, Berkeley)

The Politics of Musical Bonding: New Prospects for Cosmopolitan Music Studies


31 gennaio

mattina, ore 9.30 – 12.30

Giovanni Giuriati (Università di Roma “Sapienza”)

Claudio Rizzoni (Università di Roma “Sapienza”)

Giovanni Vacca (Università di Roma “Sapienza”)

Raffaele Di Mauro (Università di Roma “Tor Vergata”

Attuali ricerche in area napoletana

pomeriggio, ore 14.00 – 16.00

Maurizio Agamennone (Università di Firenze)

Flavia Gervasi (Université de Montréal)

Attuali ricerche in area salentina 


1° febbraio

mattina, ore 9.30 – 13.30

Jean-Loup Amselle (EHESS, Paris)

Métissage, branchements et triangulation des cultures

Discussione finale

Voce e Suono della preghiera 4. Il canto liturgico copto

martedì 3 dicembre, 2013 
ore 9.15 GIORNATA DI STUDI 
 
ore 18.30 CONCERTO 
Basilica di San Giorgio Maggiore
Coro “Cantor Mikhael Girgis El-Batanouny”
(Institute of the Coptic Studies, Cairo)

Ingresso libero


Come nelle prime tre edizioni (2010: Il canto liturgico armeno; 2011: Il canto bizantino in Italia fra tradizione scritta e orale; 2012: Il canto liturgico melchita), anche quest’anno il Seminario del ciclo Voce e suono  della preghiera, organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, sarà dedicato a una tradizione musicale ecclesiastica dell’Oriente cristiano: il canto liturgico della chiesa copta. L’evento è in collaborazione con Fondazione Ugo e Olga Levi Onlus, l’Abbazia di San Giorgio Maggiore Benedicti Claustra Onlus e la Regione del Veneto.


 

1-2 dicembre 2013
Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi, Palazzo Giustinian Lolin

Convegno di studio

PER ROBERTO LEYDI
Canti liturgici di tradizione orale: le ricerche dell’ultimo decennio


Il termine “copto” (dal greco [Ai]gyptos) indica i cristiani d’Egitto, riuniti sotto il Patriarcato di Alessandria. Le liturgie copte si svolgono in tre lingue: il copto (antica lingua egiziana, scritta in caratteri assai simili a quelli greci, con l’aggiunta di alcuni grafemi supplementari), l’arabo e il greco-bizantino. Le origini di questa tradizione spirituale, liturgica e musicale possono essere fatte risalire ai primi secoli del cristianesimo (dal II al IV secolo). La musica copta si formò sotto l’infl uenza di diverse tradizioni: l’egiziano-faraonica e l’egiziano-demotica, l’ebraica, la greco-ellenistica, la cristiano-siriaca, la bizantina.

La musica copta viene ancora oggi trasmessa oralmente, è monodica modale, e prevede l’uso di strumenti quali il triangolo e i cimbali. Come scrive Egon Wellesz, «la musica liturgica copta di oggi è notevole per la bellezza e la ricchezza delle melodie, e possiamo affermare che essa ha raggiunto un alto grado di perfezione, soprattutto se si considera che, nonostante le persecuzioni che i copti hanno subito nel corso di più di mille anni, la loro musica ha risentito assai poco degli influssi arabi. Si può dunque concludere che essa conserva ancora oggi i segni di una grande civiltà del passato».

Al seminario parteciperanno studiosi e specialisti egiziani ed europei. Come negli anni precedenti, l’incontro si conclude con un concerto.


Program

9.15-9.30

 Giovanni Giuriati (Director of the Intercultural Institute of Compared Musical Studies of the “Cini Foundation” of Venice)

Greetings

9.30- 9.45

Girolamo Garofalo (Scientific and artistic responsible of the Study-Day)

Presentation of the Study-Day

9.45-10.15

Morcos Ghattas (Department of Coptic Music and Hymns – Institute of Coptic Studies, Cairo, Egypt)

An introductory overview: the Coptic Orthodox Church

10.15-11am

Michael Ghattas (Department of Coptic Music and Hymns – Institute of Coptic Studies, Cairo, Egypt)

Keynote: Coptic Music and Hymnography

11.30-12am

Ulrike-Rebekka Nieten (Vertreterin des Lehrstuhls Semitistik – Seminar für Semitistik und Arabistik, Berlin, Germany)

Coptic Church Music in Context: Interrelationships between the Syro-palestinian Realm and the Orbis Aethiopicus

12-12.30 Discussion

14-14.30

Séverine Gabry Thienpont (Centre de Recherche en Ethnomusicologie, Université Nanterre-Paris 10, France)

Music and identity: issues of the Coptic music transmission

14.30-15.00

Raimund Vogels (Studienzentrum Weltmusik – Hochschule für Musik un Theater, Hannover, Germany)

Sound archives between canon and preservation: the case of the Coptic Orthodox Patriarchate

15.30-16.00

Magdalena Kuhn (University of Leiden, The Netherlands)

 

Constructions and notation of Coptic melodies

16-16.30

Maria Rizzuto (University of Rome “La Sapienza”, Italy)

An audiovisual reportage of the Coptic Orthodox Holy Week in St. George Church in Rome

16.30-17

Discussion

 17-17.45

Questions and answers session with Dr. Michael Ghattas and the singers of his choir, and musical demonstrations

 18.30-19.45

EVENING CONCERT

Choir of “Cantor Mikhael Girgis El-Batanouny” for Coptic Music and Hymns

of the Institute of Coptic Studies of Cairo (Egypt), Director: Michael Ghattas

Corso di duduk armeno (VII Edizione)

Maestro Gevorg Dabagyan (Conservatorio Statale di Erevan)
29 novembre – 1 dicembre 2013
Presso la sede del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena
Biblioteca Zenobiana del Temanza
Corte Zappa, Dorsoduro 1602 | I-30123 VENEZIA

Orari: 11:00-13:00 / 14:30-16:30
Quota di iscrizione: Euro 150,00

La sezione musicale del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena di Venezia, diretto da Minas Lourian organizza in collaborazione con l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini un corso dedicato al duduk, strumento a fiato a doppia ancia, costruito in legno d’albicocco e simbolo della tradizione musicale armena. Nel 2005, il duduk (o dziranapogh in armeno) viene proclamato capolavoro rappresentativo della tradizione musicale armena all’interno del “Programma dei Capolavori del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità” dell’Unesco, e quindi iscritto nel 2008 all’interno della nuova “Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità”. Il duduk (considerato convenzionalmente come l’oboe armeno) è uno strumento popolare dal timbro caldo, leggermente nasale e dalla sonorità fortemente evocativa, che accompagna i canti e le danze di tutte le regioni dell’Armenia oltre che essere lo strumento privilegiato per i raduni matrimoniali o funerei. Il solista viene di solito accompagnato da un secondo suonatore di  che tiene continuamente il bordone grazie ad una tecnica di respirazione circolare e da un suonatore percussionista di dhol.

Gevorg Dabagyan è uno dei massimi specialisti viventi di questo antichissimo strumento e fondatore di varie formazioni tra cui l’Ensemble Shoghaken, votato alla salvaguardia del ricchissimo patrimonio folkloristico armeno. Nel vastissimo repertorio di Dabaghyan ha grande rilievo anche la musica
liturgica, parte fondamentale di una tradizione plurimillenaria caratterizzata dalle sue forti radici culturali cristiane, essendo l’Armenia la prima nazione che proclama il cristianesimo come religione di stato nel 301.

Dabagyan, nato nel 1965 in Armenia, insegna al Conservatorio Statale di Erevan. Dal 1991 ha intrapreso una carriera che lo ha portato a farsi apprezzare a livello internazionale e a collaborare con musicisti come Gidon Kremer, Jan Garbarek e Yo-Yo Ma che lo ha coinvolto nel suo progetto Silk Road (la Via della Seta). Su iniziativa del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, il Trio Dabagyan è stato più volte in Italia, ospite ai festival di Musicarmena, al Ravenna Festival, all’Aterforum Festival di Ferrara, alla V Rassegna di Musica Contemporanea Est Ovest 2006 di Torino, al festival promosso dall’Associazione Suoni e Pause di Cagliari e alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

Per informazioni e iscrizioni:
Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena
Corte Zappa, Dorsoduro 1602
I-30123 Venezia
Tel./fax: +39 041 5224225
E-mail: oemme.ed@iol.it | www.cini.it
Info: www.unesco.org/venice

Modalità di iscrizione:
È obbligatoria l’iscrizione preventiva via fax o E-mail, mentre la quota di iscrizione di €150,00 va versata in
contanti all’inizio del corso presso la sede del Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena.

Musica di tradizione orale

Seminario ore 14

Concerto ore 18.30

Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore


La musica di tradizione orale in Italia si è caratterizzata nel corso della sua storia per specifiche modalità di esecuzione, vale a dire dei modi di cantare e suonare che si contraddistinguono per sonorità diverse da quelle della musica colta, e per una continua variazione (o micro-variazione) di melodie e testi che circolavano in forme che combinavano tradizioni scritte e orali. Oggi queste modalità di esecuzione permangono in un contesto profondamente mutato nel quale i modi di vita contadini e le musiche dei portatori di quella cultura cambiano radicalmente di forma e di senso, ricostituendosi in nuove forme di aggregazione sociale nelle quali il fare musica assieme rimane pratica fondamentale.

La giornata di studi e il concerto intendono riflettere su queste questioni, presentando alcune esperienze significative come la riproposta filologica (abbinata alla ricerca), la contaminazione multietnica, lo studio sulle nuove forme di aggregazione sociale determinate dal fare musica assieme, coinvolgendo, assieme agli studiosi, anche gli interpreti di tali pratiche.

Si inizierà con un incontro di riflessione seminariale, nel quale, assieme agli interventi di studiosi, verranno presentate esperienze diverse quali quelle della ricerca di Marcello Conati e Teresa Camellini assieme ai cantori di Fumane (Verona) e di Monchio (Reggio Emilia) e quelle del coro multietnico di Via Piave a Mestre coordinato da Giuseppina Casarin e Elena Zanovello.

Concerto di musiche tradizionali del veronese e dell’appennino emiliano nel quale I Cantor ed Monc, il Duo strumentale Simonazzi Reverberi  e L’eco dei Cantadori da Fumane, presenteranno il loro lavoro illustrando la loro ricerca sulle modalità esecutive della musica di tradizione orale nel contesto attuale.

6 novembre, 2013
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
SEMINARIO
Modi esecutivi della tradizione orale e pratiche recenti di aggregazione sociale: recuperi e nuovi contesti
Programma
14.00 Saluto dei rappresentanti della Fondazione Cini e dell’Istituto Memoria & Durata
14.10-14.30 Giovanni Giuriati
Musica di tradizione orale e nuove forme di aggregazione sociale. Alcune riflessioni
introduttive
14.30-15 Maurizio Agamennone
Sulle “polifonie viventi”
15-15.30 Matteo Del Negro
Esperienze recenti di canto di gruppo in ambiti di lavoro
15.30-16 Giuseppina Casarin – Roberta Zanovello
Voci dal mondo……il canto che avvicina .Una storia di convivenza nel quartiere di via
Piave a Mestre Venezia
Ore 16.00 Pausa
16.30-17.30 Marcello Conati – Teresa Camellini
Modi esecutivi e poetica dei canti della tradizione orale: il canto di un’area dell’appennino
parmense; il canto di un’area delle prealpi venete (con dimostrazioni dal vivo)
17.30-18 Paolo Simonazzi
Le danze e gli strumenti tradizionali in uso nelle province di Parma e Reggio Emilia –
origine e forma (con dimostrazioni dal vivo)

Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati – www.cini.it – musica.comparata@cini.it – T 041 2710357

PROGRAMMA DEL CONCERTO
I Cantor ed Monc (Monchio, Parma)
1) Credo (prima strofa)
2) Dies Irae solenne (prima strofa)
3) Magnificat (prima strofa)
4) Stabat Mater (prima strofa)
5) Stornelli a due voci
6) La rondinella
7) Stornelli a tre voci
8) O cancelliere
9) La Pia de’Tolomei
10) Bel pecoraio
Duo strumentale Simonazzi Reverberi (Reggio Emilia)
1) I Calderai – Bigordino – In tal bosc – Giga
2) La ricciolina – Furlana di Cervarolo – Furlana di Migliara
3) Piva di Bedonia – Piva di Scurano
4) Marcia degli sposi – Passo doppio francese
5) Scala santa – Monecò
6) Marcia del Maggio di Costabona – Marcia del Maggio di Asta
l’eco dei Cantadori da Fumane (Fumane, Verona)
1) Come faremo girare la Francia
2) Le rondinele le va per l’aria
3) Le guardie di Sant’Ana
4) La barca degli amori
5) Allerta, allerta giovinotti
6) L’odore del garofolo quel bel garofolo
7) O barbiera, bela barbiera
8) Dammelo, dammelo
9) Li alpini na pena sola
10) Io ti cerco o sciagurata
11) Cara mamma voi maridarmi
Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati – www.cini.it – musica.comparata@cini.it – T 041 2710357

La musica per l’insegnamento della lingua straniera (L2)

Laboratorio di aggiornamento didattico per insegnanti.
La musica per l’insegnamento della lingua straniera L2)

La musica può favorire, trasversalmente, anche l’apprendimento di una seconda lingua? L’osservazione delle pratiche didattiche sperimentate in questi ultimi decenni dai docenti della scuola italiana che lavorano quotidianamente con classi multietniche ha dimostrato come, in effetti, la musica possa facilitare gli allievi immigrati ad apprendere la lingua italiana ma anche quelli italiani ad imparare una lingua straniera, curando gli aspetti musicali interni ad essa, quali: suono dei fonemi, intonazione, ritmo, velocità delle parole, pause. Allo stesso tempo, la musica può favorire l’incontro, lo scambio e la trasformazione delle diverse identità degli studenti.

Il seminario organizzato dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati in forma di laboratorio tenuto da Serena Facci e Gabriella Santini, rivolto ai docenti di scuola primaria, secondaria di primo grado e agli insegnanti di italiano per stranieri, guiderà i partecipanti nella simulazione di pratiche didattiche basate sull’uso di un repertorio di canti italiani e stranieri da insegnare agli studenti, utilizzando una metodologia che curi la musicalità delle parole e coinvolga anche il linguaggio del corpo.

MODULO DI  ISCRIZIONE


Programma

23-24 ottobre 2013, 16.30-19

Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio, Venezia

 Iscrizione obbligatoria gratuita

Il laboratorio, a cura dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, propone l’uso didattico di canti italiani e stranieri per facilitare l’apprendimento di una lingua seconda (l’Italiano per alunni gli stranieri e le lingue straniere per gli alunni italiani). A gestirlo saranno Serena Facci e Gabriella Santini, che hanno avuto l’opportunità di sperimentare nelle classi della scuola dell’infanzia, della scuola primaria, della secondaria di primo grado e in quelle dei C.T.P (Centri Territoriali di Educazione Permanente) come la musica possa facilitare l’apprendimento di una lingua seconda curando gli aspetti musicali interni ad essa, che sono legati alla sua struttura prosodica (ad esempio al suono dei fonemi, all’intonazione, al ritmo, alla velocità delle parole e alle pause, ai silenzi tra esse) e, allo stesso tempo, favorire l’incontro, lo scambio e la trasformazione delle diverse identità – anche musicali – degli studenti immigrati e non.

In particolare, il laboratorio di aggiornamento didattico sarà articolato in due parti:

  • nella prima parte, gli insegnanti che parteciperanno sperimenteranno alcune metodologie di pratica vocale finalizzate all’insegnamento di una lingua seconda,  lavorando con canti di tradizione orale legati ai momenti e  alle attività significative della vita di ogni essere umano, perché connessi ad occasioni e funzioni sociali diffuse a tutte le latitudini. Dunque, si lavorerà con canti italiani e stranieri caratterizzati da tratti ritmici e sonori ben definiti, scelti all’interno dei repertori infantili, di lavoro, di danza, delle forme di preghiera intonata e delle narrazioni in musica, anche per facilitare un confronto interculturale tra gli studenti italiani e immigrati, sollecitando in ciascuno la memoria dei propri vissuti musicali, lo scambio e la loro reciproca trasformazione;
  • nella seconda parte, l’attività del laboratorio didattico sarà dedicata più specificamente al repertorio delle canzoni italiane per l’insegnamento dell’Italiano agli alunni stranieri e di quelle straniere per l’insegnamento delle lingue straniere agli alunni italiani. I docenti partecipanti al laboratorio potranno sperimentare che il genere della canzone è caratterizzato da aspetti ritmico-sonori particolarmente adatti a veicolare contenuti; inoltre, verificheranno che “la musica e il testo delle canzoni rispondono alle esigenze di ‘un’introduzione’ emotiva alle più importanti unità semantiche, fonetiche e grammaticali”[1] facilitando l’apprendimento di una seconda lingua oltre a svolgere la preziosa funzione di formulario mnemonico.

L’attività del laboratorio, inoltre, prevede l’ascolto e l’ausilio di numerose registrazioni (alcune d’archivio e altre raccolte sul campo). Agli insegnanti partecipanti verranno forniti supporti didattici sotto forma di testi scritti ed esempi sonori.

Come nell’anno precedente, il laboratorio prevede la possibilità di svolgere il lavoro nelle classi durante l’anno scolastico tenendosi in contatto con le docenti e poi, nella primavera 2014, l’organizzazione di un momento pubblico di presentazione del lavoro svolto in classe.

 

Per iscrizioni e informazioni:
musica.comparata@cini.it
tel. 041 2710357

 


[1] Renzo Titone, “Prefazione” in  Losanov G, Gateva E., op. cit., 1983, [ed. or. 1978]  p 3.

Compositori alla corte ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2013

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM01

Questo CD – con il quale si inaugura la collana Intersezioni Musicali, promossa dall’IISMC in collaborazione con la casa editrice Nota di Udine – contiene sedici brani brani tratti da repertori di musica classica ottomana eseguiti dall’Ensemble Bîrûn sotto la guida del maestro Kudsi Erguner. Il CD è inoltre corredato da un libretto di 54 pagine contenente alcune note introduttive – in italiano e in inglese – a cura di Giovanni De Zorzi e Kudsi Erguner.

Bîrûn, di cui questo CD documenta i frutti della prima edizione (2012), è un programma di alta formazione nell’ambito della musica classica del mondo ottomano promosso dall’IISMC. Il progetto prevede la formazione di un ensemble temporaneo di giovani musicisti provenienti da diversi paesi, selezionati attraverso un bando internazionale. Dopo una settimana di incontri intensivi presso la Fondazione Giorgio Cini, volti all’approfondimento di uno specifico repertorio, l’ensemble presenta i frutti del proprio lavoro esibendosi in un concerto pubblico e registrando un CD.

I brani proposti nel CD attingono a repertori composti da autori appartenenti a diverse comunità etniche e religiose presenti nell’Impero Ottomano – e soprattutto a Istanbul – a partire dal XV secolo. L’intento di questo lavoro è infatti quello di permettere di apprezzare il contesto sostanzialmente cosmopolita che ha fatto da sfondo alla genesi del mondo musicale ottomano, in passato a volte frainteso ed erroneamente definito “musica d’arte turca”. Si tratta invece di una tradizione musicale composita che ha saputo avvalersi, nei cinque secoli che hanno segnato il suo sviluppo fino alla decadenza che ha di poco preceduto la fine dell’Impero, di numerosi apporti e che ha conosciuto diverse declinazioni corrispondenti ai vari contesti in cui veniva composta ed eseguita: la corte dei sultani, ma anche le cerchie di “amatori” appartenenti alle élite dell’Impero, nonché contesti religiosi e specificamente rituali (quelli delle comunità di ebrei sefarditi e, in parte, delle confraternite sufi). Lo scenario composito fin qui delineato emerge con nettezza se si guarda ad alcune tra le principali figure di compositori attivi in ambito ottomano. Vi figurano infatti membri della corte e persino sultani come Selim III (traccia 13) e Mahmud II (traccia 14), ma anche discepoli della confraternita dei dervisci mevlevî, come BuhurîzâdeMustafa Itrî Dede (traccia 6); figure di rilievo vi sono poi anche i sefarditi come Aron Hamon (traccia 4) gli armeni, tra cui il più noto è Hampartzum Limonciyan (tracce 2 e 10), e i greci, con la figura, ad esempio, di Petros Lampadarios (traccia 8). All’inizio della sua progressiva decadenza, il mondo della musica ottomana vide anche la presenza di un compositore italiano, Giuseppe Donizetti (fratello del più noto Gaetano), il quale tuttavia, pur avendo composto anche secondo i dettami del sistema musicale ottomano (traccia 16), è ricordato soprattutto per aver fortemente contribuito a diffondere, a partire dal 1828, la notazione e repertori occidentali presso la corte di Istanbul.

Vero e proprio “linguaggio” musicale condiviso dalle diverse componenti dell’Impero, la musica classica ottomana ha sviluppato un corposo sistema estetico e stilistico non meno articolato di quello che caratterizza la musica d’arte occidentale, alla base del quale vi è il sistema modale denominato maqâm, mutuato, come la presenza di intervalli micro tonali nelle scale, dalla cultura araba. Fra quelle che possono essere invece considerate peculiarità del sistema musicale sviluppato in ambito ottomano rispetto quelli propri delle aree circostanti vi è la fioritura di una componente metrico-ritmica estremamente articolata, basata su cicli ritmici di varia complessità, e la presenza predominante della forma detta fasıl, una sorta di suite all’interno della quale si incardinavano forme compositive diverse ma accomunate dall’adozione di un maqâm, che veniva palesato ed “esplorato” durante il  Taksîm, un’introduzione strumentale improvvisata affidata a uno o più solisti.

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Laboratorio di aggiornamento didattico

LABORATORIO DI AGGIORNAMENTO DIDATTICO
Canti italiani di tradizione orale per una didattica interculturale
24-25 ottobre 2012
Fondazione Giorgio Cini, Venezia

Il laboratorio, a cura dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, propone l’uso, in chiave didattica, di alcuni canti italiani di tradizione orale con la finalità di guidare i docenti ad attivare percorsi di didattica multiculturale. A gestirlo saranno Serena Facci e Gabriella Santini, autrici del volume “Chants d’Italie. Pour chanter ensemble de 8 à 14 ans”, pubblicato nella collana Traditions Chantées, della Cité de la Musique di Parigi.
Gli insegnanti che parteciperanno al laboratorio sperimenteranno praticamente le possibili applicazioni scolastiche di importanti repertori della tradizione italiana, a partire da registrazioni che Facci e Santini hanno effettuato espressamente con finalità didattica grazie alla collaborazione di cantori e musicisti popolari.
In particolare, il repertorio selezionato comprende: ninne nanne, canti narrativi, racconti in musica improvvisati dai cantori in ottava rima e dai cantastorie, canti polifonici femminili a due voci (canti delle mondine, canti durante il lavoro), canti polifonici maschili a quattro o cinque voci (canto a tenore, trallallero genovese) e canti rituali eseguiti in occasioni festive come il Capodanno e il Carnevale. Gli esempi illustrano alcuni importanti repertori di diverse regioni italiane: Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
I brani sui quali si svilupperà l’attività del laboratorio di aggiornamento – già sperimentati con successo in diverse classi della scuola primaria e secondaria di primo grado – offriranno numerosi spunti ai docenti per attivare diversi percorsi di didattica musicale: dal confronto interculturale dei repertori infantili (conte, ninne nanne e filastrocche) raccolti in classe sollecitando la memoria del vissuto musicale dei singoli alunni, all’improvvisazione di storie in musica partendo dall’imitazione dei modelli poetico-musicali utilizzati dai poeti-cantori di tradizione orale, alla pratica vocale polifonica (per terze, con l’uso del bordone oppure imparando ad intonare scale musicali con la quarta aumentata), al percorso didattico che guida gli alunni a diventare i protagonisti di una festa (ad esempio, imparando a costruire gli strumenti musicali che tradizionalmente ne accompagnano i canti e/o intonando, suonando e ballando i canti ritualmente connessi alle occasioni festive, ancora oggi intensamente praticate e partecipate in molte regioni italiane).
L’attività del laboratorio, inoltre, prevede l’ascolto e l’ausilio di numerose registrazioni (alcune d’archivio e altre raccolte sul campo). Agli insegnanti partecipanti verranno forniti supporti didattici sia a stampa che audio.
Come nell’anno precedente, il laboratorio prevede la possibilità di svolgere il lavoro nelle classi durante l’anno scolastico tenendosi in contatto con le docenti e poi, nella primavera 2013, l’organizzazione di un momento pubblico di presentazione del lavoro svolto in classe.

Venetian Suite

A distanza di un anno dal Poetry event, performance inedita ed esclusiva, frutto della collaborazione tra la coreografa americana Carolyn Carlson e il compositore veneziano Paki Zennaro, organizzata nell’aprile 2009 dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, viene pubblicato ora il Cd Venetian Suite, una suite di versi e poesie dedicate a Venezia, interpretate da Carolyn Carlson sulle musiche di Paki Zennaro.

Il Cd, in cui la voce di Carolyn Carlson è registrata per la prima volta, è nato dall’incontro dei due artisti sull’Isola di San Giorgio Maggiore nell’aprile 2009. In Venetian Suite episodi musicali eclettici e rarefatti, a volte crudeli, si intrecciano e si fondono con i poems di Carolyn Carlson dando vita, con grazia sapiente, ad un trasporto emozionale dal carattere magico.

Alla realizzazione del Cd hanno contribuito, oltre alla Fondazione Cini, anche l’Accademia Teatrale Nico Pepe di Udine e Matilde Tudori S.A. di Mestre.

Poetessa e calligrafa, oltre che coreografa e ballerina, Carolyn Carlson definisce la sua danza come poesia visiva e ama confrontarsi con artisti di altre discipline realizzando performance sempre nuove all’insegna della sperimentazione e dell’improvvisazione. Uno dei musicisti con cui collabora dal 1981 è Paki Zennaro: con lui ha realizzato in questi anni numerosi progetti di danza, poesia e musica, di cui Venetian Suite è l’ultima, nuovissima fatica.

Il paese senza memoria. Incursioni antropologiche: corpi e memorie nella musica

Il paese senza memoria. Incursioni antropologiche: corpi e memorie nella musica è il titolo della sezione di approfondimento del 53. Festival Internazionale di Musica Contemporanea ideata dall’antropologo Maurizio Agamennone con il direttore del festival Luca Francesconi. Realizzata in collaborazione con l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini e l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Il Paese senza memoria si articola in quattro giornate con i contributi alla riflessione di Franco Fabbri, Umberto Fiori, Paolo Apolito, Vincenzo Caporaletti, Cecilia Pennacini, Luca Marconi, Nicola Scaldaferri, Michele Lomuto, Suguru Goto, Simha Arom, a cui si integrano momenti di spettacolo dal vivo con, fra gli altri, Gamako, Janus Delaj con il gruppo di polifonia çam albanese, i quartetti Mascarimirì e Suoni rurali con Anna Cinzia Villani.

 

Venezia, Teatro Piccolo Arsenale
30 settembre – 3 ottobre, ore 10.00 – 17.00

per maggiori informazioni

041.5218.828
promozione@labiennale.org

Giornata di studi

La Giornata di Studi, curata da Giovanni De Zorzi e Razia Sultanova, è realizzata grazie alla collaborazione tra l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati della Fondazione Giorgio Cini, il Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici “G. Mazzariol” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e la Faculty of Music della Cambridge University.

Durante la sessione seminariale della mattina verranno prese in esame le due principali correnti d’area centroasiatica nelle quali spiritualità e uso dei suoni, in virtù del loro potere di in/canto, interagiscono sin dalle loro remote origini. In una prospettiva di analisi comparativa e interdisciplinare, ciascun relatore affronterà, con i rispettivi strumenti, un “fatto”, occorso nelle proprie ricerche, nel quale musica e spiritualità si combinano.

Prenderanno, quindi, rilievo le diverse forme di contestualizzazione che i partecipanti potranno offrire, grazie al contributo di etnomusicologi, antropologi, orientalisti, linguisti, storici delle letterature dell’area e musicisti; alcuni studiosi affronteranno, inoltre, con “altri strumenti”, musicali e coreutici, le ques tioni prese in esame durante il seminario, insieme agli ensembles Marâghî e Navrous con i quali da anni collaborano e che nel pomeriggio si esibiranno in concerto.

Il “criterio sonoro” adottato dai curatori è sembrato essere un efficace strumento che consente di tracciare distinzioni, così come di riconoscere parentele, all’interno della vastissima area centroasiatica nella quale vivono turkmeni, tagiki, uzbeki, qaraqalpaki, kazakhi, kirghisi, uiguri insieme ai russi, presenti da secoli, e ai nuovi immigrati in un’area geoculturale che, andando da Ovest verso Est, si estende dal Mar Caspio sino alla catena del Tian Shan e al deserto dei Gobi, mentre, andando da Nord verso Sud, va dalle steppe della Siberia sino alle catene montuose del Tibet.