Mostre – Pagina 7 – Fondazione Giorgio Cini

Léon Bakst. Simbolo dei Balletti Russi

La mostra Léon Bakst. Simbolo dei Balletti Russi a cura di Natalia Metelitsa e Maria Ida Biggi, ripercorre la carriera del noto artista, scenografo e costumista russo, reso celebre dalle sue innovative creazioni per i Balletti Russi di Sergej Djagilev.
La mostra,risultato di un lavoro congiunto dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma e dello State Museum of Theatre and Music di San Pietroburgo, che conserva la più grande collezione di bozzetti e figurini bakstiani, è realizzata in collaborazione con lo CSAR – Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari e avrà luogo nell’ambito della Russian Season in Italy, organizzata dal Ministero della Cultura russo.

Il percorso espositivo documenta un ampio arco della produzione artistica di Léon Bakst: partendo dai primi e poco conosciuti lavori, quali Le Coeur de la Marquise di Marius Petipa (1902) e le tragedie Ippolito di Euripide, Edipo a Colono e Antigone di Sofocle (1902-1904), si giunge alle acclamate creazioni realizzate per i Balletti Russi, tra cui Cléopâtre (1909), L’oiseau de feu (1910), Carnaval (1910), Narcisse (1911), Le Dieu bleu (1912), Daphnis et Chloé (1912), che costituiscono il cuore  dell’esposizione. Oltre ai materiali relativi a questi spettacoli, si espongono anche i figurini di opere realizzate principalmente tra il 1910 e il 1911, quali Thaïs, La Traviata, Faust, Martyre de St. Sébastien, Manon Lescaut. A completare il percorso espositivo, una ricca serie di fotografie e costumi originali, che costituiranno un supporto fondamentale per la ricostruzione della poliedrica attività dell’acclamato artista.

Léon Bakst (1866-1924) si forma tra San Pietroburgo e Parigi. Con Sergej Djagilev e Alexandre Benois è tra i fondatori della rivista Mir iskusstva, sulla quale pubblica i suoi primi lavori grafici. Nel 1902 inizia a lavorare come scenografo e costumista per i teatri imperiali di San Pietroburgo.
Tra rotture e riconciliazioni, la sua collaborazione con i Balletti Russi, che nasce nel 1909, si estende per quasi tutto l’arco della sua carriera.

 

La vetreria M.V.M. Cappellin e il giovane Carlo Scarpa 1925-1931

La mostra autunnale de LE STANZE DEL VETRO sarà dedicata alla vetreria M.V.M. Cappellin & C., fondata da Giacomo Cappellin nel 1925, prendendo in esame la sua attività in un arco temporale che va dalla fine del 1926 all’inizio del 1932, anno in cui chiuse per fallimento.
In questi anni la fornace si qualificò come la migliore alla pari della V.S.M. Venini & C. con cui rivaleggiò idealmente, realizzando una produzione di qualità eccezionale, sia per i tessuti vitrei impiegati sia per il design degli oggetti.

Il progetto intende ripercorrere per la prima volta la storia della vetreria mettendo in luce l’importanza che ha avuto nella Murano degli anni venti e l’inizio degli anni trenta. Animata dalla passione di Giacomo Cappellin, dalla fine del 1926 la fornace vide anche la collaborazione del giovane architetto Carlo Scarpa, attivo in azienda fino al 1931. Scarpa assunse presto una certa autonomia nella progettazione dei modelli, che si distinsero soprattutto per il ricorrere di forme geometriche. In questi anni la M.V.M. seppe inoltre proporre nuove serie di vetri frutto di continue ricerche sulla materia vitrea e sulla forma, spesso rivisitando antiche tecniche di lavorazione come la filigrana a reticello e il decoro fenicio. Seppe poi cogliere la sfida del vetro opaco, ottenendo tessiture di notevole impatto cromatico.

La storia della vetreria verrà raccontata ricostruendo per la prima volta l’intero catalogo di produzione attingendo a diversi archivi.

Homo Faber. Crafting a more human future

La Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, istituzione con sede in Svizzera che si dedica alla promozione della maestria artigiana a livello internazionale, organizza il suo primo grande evento culturale dedicato ai mestieri d’arte in Europa. Homo Faber. Crafting a more human future è concepito da un selezionatissimo team di progettisti, curatori e architetti di fama mondiale e si pone l’obiettivo di mettere in risalto l’eccellenza della produzione artigianale europea, offrendo ai visitatori un’esperienza unica e memorabile.

Homo Faber si avvale della collaborazione di una squadra d’eccezione, che annovera personalità di spicco come Michele De Lucchi, Stefano Boeri, India Mahdavi, Judith Clark, Jean Blanchaert e Stefano Micelli, i quali infonderanno alla mostra una straordinaria creatività ed energia. All’organizzazione collaborano i partner della Michelangelo Foundation, che ne condividono la visione: la Fondazione Giorgio Cini, la Fondation Bettencourt Schueller, il Triennale Design Museum e la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. L’esposizione presenterà un’ampia selezione di materiali e discipline, dal gioiello alle biciclette su misura, dalle competenze artigiane che stanno scomparendo ad alcuni degli esempi più rappresentativi dei mestieri d’arte a livello europeo. Coprendo una superficie di ben 4.000 metri quadri, Homo Faber sarà la più grande mostra mai realizzata presso la Fondazione Giorgio Cini e offrirà ai visitatori l’opportunità di accedere a spazi che normalmente non sono aperti al pubblico.


Per accedere all’evento è necessario registrarsi sul sito: www.homofaberevent.com

Vatican Chapels. Padiglione della Santa Sede alla 16. Mostra Internazionale di Architettura

Vatican Chapels alla Fondazione Cini,
un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea

Il progetto si pone in continuità con una delle missioni principali della Fondazione: stimolare la riflessione e il dialogo comparativo sulle diverse religioni e tradizioni spirituali. 

Il parco dell’isola di San Giorgio sarà accessibile a tutta la cittadinanza. 

La Fondazione Giorgio Cini ospita nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia Vatican Chapels, il primo Padiglione della Santa Sede alla Biennale Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia. Uno spazio di circa un ettaro e mezzo che accoglie 10 cappelle realizzate da 10 architetti internazionali. Un luogo sospeso nella laguna, tra acqua, cielo e terra, ideale per ospitare un padiglione votato alla riflessione e all’esperienza spirituale, perfettamente coerente con la storia e la missione della nostra Istituzione.

 

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels”- prima parte

Scarica qui la rassegna stampa “Vatican Chapels” – seconda parte


Commissario: Cardinale Gianfranco Ravasi
Curatori: Francesco Dal Co, Micol Forti
Espositori: Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats e Ricardo Flores, Norman Foster, Teronobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo Souto de Moura, Francesco Magnani e Traudy Pelzel.

 

La Santa Sede partecipa per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia con un padiglione di dieci cappelle costruite nel parco dell’isola di San Giorgio Maggiore da altrettanti architetti provenienti da tutto il mondo.

Promosso dal Cardinale Gianfranco Ravasi, coordinato dal Pontificio Consiglio per la Cultura, curato dal Prof. Francesco Dal Co e della Dott.ssa Micol Forti, il progetto è ispirato alla Cappella del bosco di Gunnar Asplund costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma.

Dieci architetti di comprovata esperienza e diversa formazione hanno proposto e realizzato altrettante cappelle, indagando le possibilità offerte dai differenti materiali. Nella progettazione e realizzazione delle strutture è stata prestata particolare attenzione anche alla possibilità di riutilizzare le cappelle dopo l’esposizione, nella tutela e nel rispetto dello spazio naturale circostante.

 

Provenienti da Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Australia, Brasile, Giappone, Cile/Serbia e Paraguay, gli architetti si sono confrontati con una nuova tipologia edilizia: le cappelle, infatti, sono di solito identificate come parte di un più vasto spazio religioso e ambiente di culto, come una chiesa o cattedrale, mentre qui le cappelle saranno isolate e collocate in un ambiente naturale e astratto – il bosco – metafora del peregrinare della vita.

Progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini.

Per maggiori informazioni: www.labiennale.org/it/architettura/2018

 

 


 

Una fornace a Marsiglia. Cirva

© 2017 Photographie David GIANCATARINA

Apre il 9 aprile 2018 la prossima mostra primaverile de LE STANZE DEL VETRO, Una fornace a Marsiglia. Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques. Per la prima volta nella storia del progetto ideato da Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, l’esposizione avrà due sedi: LE STANZE DEL VETRO e la Fondazione Querini Stampalia, per un totale di 17 artisti.

I due capitoli della mostra, curati entrambi da Isabelle Reiher, direttrice del Cirva di Marsiglia, e da Chiara Bertola, responsabile per l’arte contemporanea della Querini, chiuderanno in due momenti diversi: il 24 giugno 2018 la Fondazione Querini e il 29 luglio LE STANZE DEL VETRO.

Il progetto espositivo Una fornace a Marsiglia. Cirva presenterà le opere di 17 artisti e designers, in residenza al Cirva negli ultimi trent’anni, nel tentativo di evidenziare i momenti salienti della creazione.

Gli artisti selezionati dalle due curatrici Isabelle Reiher e Chiara Bertola sono entrati in contatto solo saltuariamente con il mondo del vetro nel corso delle loro carriere: anche per questo motivo i risultati proposti in mostra sono originali e sorprendenti, straordinari e non prevedibili. L’incontro tra due realtà apparentemente lontane, quali l’arte contemporanea e il vetro, ha consentito di immaginarne e costruirne una terza: un mondo in cui il vetro non rappresenta più semplicemente un simbolo della tradizione ma si presenta in un nuovo paesaggio e visionarietà.

In particolare a LE STANZE DEL VETRO, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, verrà presentata la storia del Cirva attraverso le opere di dieci artisti che hanno contribuito a formare una parte importante della sua collezione, riuscendo a infondere intelligenza, creatività e capacità sperimentale ai loro progetti. E’ così che Larry Bell, Pierre Charpin, Lieven De Boeck, Erik Dietman, Tom Kovachevich, Giuseppe Penone, Jana Sterbak, Martin Szekely, Robert Wilson e Terry Winters troveranno uno spazio dedicato al loro mondo: in ogni sala del percorso espositivo infatti, verrà sottolineato come la ricerca e l’esercizio di ciascun artista nei laboratori marsigliesi siano stati fondamentali per il loro lavoro.

Alla Fondazione Querini Stampalia, negli spazi contemporanei del terzo piano, verrà presentato invece il lavoro di otto artisti per dimostrare come il vetro sia la traduzione di un pensiero, di un passaggio da uno stato all’altro, la realizzazione di una forma a partire da un’idea: Dove Allouche, James Lee Byars, Giuseppe Caccavale, Hreinn Fridfinnsson, Philippe Parreno, Remo Salvadori, Jana Sterbak, Francisco Tropa.

Per sottolineare questo raccontare e rappresentare il vetro in modo vivo e relazionato allo spazio, Giuseppe Caccavale e Remo Salvadori sono stati invitati a produrre al Cirva due nuovi lavori, che saranno poi esposti alla Querini Stampalia in occasione della mostra.

Nell’ideazione di Una fornace a Marsiglia. Cirva Isabelle Reiher e Chiara Bertola hanno cercato di coniugare il vetro agli elementi naturali che caratterizzano il sistema ambientale delle loro due città: Venezia e Marsiglia, entrambe toccate dall’acqua, dentro la luce, partecipi dell’invenzione del vetro e mai dimentiche del suono. L’esposizione nasce quindi dalla consapevolezza che il vetro non è una materia ma una condizione, uno strumento ottico che aiuta a vedere qualcos’altro: permette di immaginare la traduzione di un’idea, di cogliere il solidificarsi dell’energia di una visione, di toccare il colore di una profondità, di mostrare la durezza di un solido che si scioglie in brillantezza. In questo paesaggio “congelato”– ma nato dal fuoco – la luce, i riflessi e le trasparenze risultano assolutamente determinanti.

La riflessione sulla straordinaria relazione tra arte contemporanea e vetro proposta da Isabelle Reiher e Chiara Bertola sarà ulteriormente approfondita in un’occasione speciale: il 22 maggio 2018 è in programma una conversazione con alcuni degli artisti de Una fornace a Marsiglia. Cirva.

Progettato come un laboratorio di ricerca, il Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les artes plastiques nasce a Marsiglia nel 1986 come un ente statale senza fini di lucro per ospitare artisti, designer e architetti internazionali che desiderano introdurre il vetro nel loro processo creativo: questi artisti, che spesso si confrontano per la prima volta con una materia difficile da padroneggiare, sviluppano i loro progetti assistiti dal team tecnico del Cirva.

In questi trent’anni il Cirva ha ospitato circa 200 artisti per vari progetti nei campi dell’arte contemporanea, del design e delle arti decorative: possiede, inoltre, una collezione
di 700 opere esposte in musei e centri d’arte in tutto il mondo.

 

Una fornace a Marsiglia. Cirva – Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques sarà accompagnata da un catalogo, a cura di Isabelle Reiher e Chiara Bertola, edito da Skira.

Architettura immaginata. Disegni dalle raccolte della Fondazione Giorgio Cini

Dal 20 aprile al 17 settembre la Galleria di Palazzo Cini a San Vio inaugura la stagione espositiva 2018 con una mostra che unisce in maniera originale la bellezza del disegno alle catturanti architetture dell’inganno: Architettura Immaginata è un’esposizione che mette in risalto, attraverso l’esposizione di un centinaio di disegni, la ricchezza della raccolta Antonio Certani della Fondazione Giorgio Cini, eccezionale collezione di oltre 5.000 disegni acquisita da Vittorio Cini nel 1962, che raccoglie molti generi e numerosi esponenti della celebre scuola bolognese dal Cinque all’Ottocento. Grazie ad Assicurazioni Generali, main partner della Galleria fin dalla sua riapertura nel 2014 e da molti anni sostenitore istituzionale della Fondazione Cini, la stagione espositiva sarà aperta al pubblico fino al 19 novembre 2018.

Curata da Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, e dagli studiosi dell’Istituto stesso, la mostra condurrà il visitatore in un viaggio affascinante tra disegni legati all’architettura illusiva e di ornato: quadrature, sfondati, prospettive, scenografie e campionari di oggetti come cartouches, vasi ornamentali ed elementi decorativi che spesso ornano le architetture dipinte, talmente visionari e curiosi da rappresentare quasi le radici del design.

“Questa mostra segna un nuovo capitolo del percorso di valorizzazione delle collezioni intrapreso dall’Istituto di Storia dell’Arte, nel quale rientrano gli studi sfociati nelle importanti pubblicazioni relative alla raccolta di arte antica conservata nella Galleria di Palazzo Cini e alla collezione di miniature, ma anche la digitalizzazione e la catalogazione dei fondi documentali e fotografici e le attività del Centro Studi Vetro. – afferma Barbero – Con Architettura Immaginata vogliamo mostrare al grande pubblico capolavori in parte mai esposti, opere rare e affascinanti che rappresentano al meglio un’epoca effervescente in cui l’architettura come inganno, cioè l’architettura disegnata e dipinta, rappresentava il cuore dell’espressione artistica”. Ma non mancherà in mostra una sezione dedicata a quei repertori di ornato in cui la potenza dell’immaginazione e la maestria tecnica si esprimono con forza sorprendente in forme zoomorfe e antropomorfe e in un florilegio di dettagli.

 

La raccolta Certani, costituita nella prima metà del secolo scorso dal violoncellista e compositore emiliano Antonio Certani (Vedrana di Budrio, 1879 – Bologna, 1952), è uno dei fondi di grafica più rilevanti conservati da un’istituzione privata e dedicati principalmente al disegno bolognese ed emiliano. Acquistata dal bibliofilo e antiquario Tammaro De Marinis, rischiò di essere smembrata e poi dispersa; a garantirne la preservazione intervenne la decisione di Vittorio Cini di acquistarla e destinarla come fondo integro all’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione, consentendone così la conservazione e lo studio.

 

Architettura Immaginata vuole essere un nuovo appuntamento per il grande pubblico, un’occasione per visitare Palazzo Cini e conoscere al contempo un aspetto finora in parte sconosciuto delle grandi collezioni della Fondazione Giorgio Cini, di cui la casa museo costituisce una vitale e affascinante cornice.

RENATA RAMPAZZI, CRUOR – sangue sparso di donne

MOSTRA DI RENATA RAMPAZZI, CRUOR – sangue sparso di donne

L’esposizione presenta un’installazione inedita dell’artista

ispirata al tema della violenza sulle donne.

La violenza sulle donne sta diventando una quotidiana ritualità. Trattato ormai come freddo dato di cronaca, questo tema necessita di rinnovati sforzi di riflessione per stimolare una matura e consapevole presa di coscienza.

In questo, anche l’arte può assolvere un importante ruolo di sensibilizzazione per provocare, con il linguaggio e l’immediatezza che le sono propri, un responsabile rifiuto e una ribellione.

Da queste premesse nasce la mostra di Renata Rampazzi dal titolo Cruor – sangue sparso di donne, ospitata dal 6 aprile al 17 giugno 2018 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

L’esposizione, accompagnata da uno scritto inedito di Dacia Maraini e da un testo critico di Claudio Strinati, presenta una grande installazione dell’artista, vera testimone del tempo nel quale vive.

Già dalla fine degli anni ’70, infatti, la tematica della violenza, del sangue, del dolore facevano parte dell’universo creativo di Renata Rampazzi, fino a diventare una delle cifre più caratteristiche del suo percorso espressivo.

“Molte delle mie opere – ricorda Renata Rampazzi – portavano tracce del mio turbamento di fronte a quelle manifestazioni esistenziali di sopraffazione maschile. Era un grido personale, un disagio che ruotava attorno al sesso, alla metafora della ferita, che rimandava ad azioni e comportamenti ancora generalmente tenuti nascosti, taciuti, e che oggi per diffusione, per violenza e ostentazione, ormai non sono solo un fenomeno sociale che inquina le società occidentali ma che sotto forme diverse reclama una denuncia, una rivolta, un

rifiuto di complicità e sudditanza in tutte le espressioni individuali e collettive della cultura, del potere e della vita sociale”.

Oggi di fronte alla recrudescenza della violenza nei confronti delle donne, l’artista torna ad affrontare questo argomento, attraverso nuovi lavori, realizzati con materiali e forme per comunicare in maniera più diretta e coinvolgente.

Alla Fondazione Giorgio Cini, l’esposizione CRUOR, appositamente pensata per la Sala Borges dell’Isola di San Giorgio Maggiore, unisce il passato al presente. Un presente in cui le tele vengono sostituite da garze che si rifanno ai bendaggi per curare le ferite, le piaghe, i segni delle deturpazioni e in cui i pigmenti e gli spessori di colore che ruotano attorno alle gradazioni del rosso, e contengono anche tracce di sangue, rimandano alla tragica realtà delle lacerazioni, mutilazioni, offese e sofferenze delle vittime.

Il percorso espositivo parte dalle opere storiche, realizzate da Renata Rampazzi negli anni ‘70/’80 per arrivare all’’installazione realizzata per l’occasione, che non vuole essere un semplice momento di contemplazione, ed è costituita da un labirinto di teli e garze che dal soffitto arriveranno fino al pavimento rosso cupo. L’opera avvolgerà fisicamente ed emotivamente il visitatore in modo da provocarne un suo coinvolgimento non solo estetico ma soprattutto emotivo e civile.

Accompagna la mostra un catalogo delle Edizioni Sabinae (bilingue italiano, inglese) con testi di Dacia Maraini e Claudio Strinati.

Durante il periodo della mostra, la Fondazione Giorgio Cini ospiterà una tavola rotonda sul tema della violenza sulle donne, coordinata dalla storica Francesca Medioli, cui parteciperanno, tra le altre, personalità quali Chiara Valentini, Dacia Maraini, Luciana Castellina, Chiara Saraceno.

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[/accordion]Note biografiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eleonora Duse e Arrigo Boito

Nel corso del 2018, in occasione delle celebrazioni legate al centenario della morte di Arrigo Boito (1842-1918), l’Istituto per il Teatro e il Melodramma, capofila del Comitato Nazionale per le celebrazioni boitiane, presenta la mostra Eleonora Duse e Arrigo Boito, a cura di Maria Ida Biggi.

L’esposizione intende ricostruire il sodalizio artistico e personale che vide coinvolti l’attrice e il celebre letterato, compositore e intellettuale, a lungo un punto di riferimento per Eleonora e per il suo teatro. L’Istituto espone i documenti boitiani, per la maggior parte inediti, acquisiti in seguito alle donazioni Carandini Albertini, Sister Mary Mark e Nardi: tra questi materiali spiccano il prezioso corpus di lettere che i due si scambiarono tra il 1884 e il 1918; i copioni dei testi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Giulietta e Romeo e Macbeth, di cui Arrigo curò la traduzione e l’adattamento sulla base delle peculiarità artistiche e recitative di Eleonora; autografi vari e abbozzi del Nerone; fotografie originali.

La Stanza di Eleonora Duse, aperta e visitabile dal 2011, è nata con l’intento di rendere accessibile a un pubblico interessato il prezioso patrimonio custodito nell’Archivio Duse. I materiali originali afferenti all’archivio vengono esposti a rotazione, in una serie di mostre temporanee volte ad approfondire uno o più aspetti della vita e dell’arte dell’attrice.


Catalogo: Eleonora Duse e Arrigo Boito, a cura di Maria Ida Biggi, Fondazione Giorgio Cini, Venezia 2018.


Scarica la locandina e la cartolina

Scarica la copertina del catalogo

Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini

E’ dedicata a Vittorio Zecchin, artista muranese, la mostra autunnale de LE STANZE DEL VETRO. In mostra i vetri soffiati trasparenti disegnati per Cappellin e Venini dal 1921 al 1926.

La mostra Vittorio Zecchin: i vetri trasparenti per Cappellin e Venini, a cura di Marino Barovier, è dedicata ai vetri trasparenti disegnati negli anni Venti dallʼartista per la V.S.M. Cappellin Venini & C., prima, e per la M.V.M. Cappellin & C., poi.

Di origine muranese, Zecchin (1878-1947), dopo aver studiato all’Accademia di Venezia, si dedicò alla pittura rivolgendosi alla cultura artistica contemporanea, specie alle avanguardie mitteleuropee. Partecipe della grande stagione di Ca’ Pesaro, si interessò progressivamente alle arti applicate, dai ricami agli arazzi, ma soprattutto al vetro a cui guardò con passione ed entusiasmo.

Alla fine del 1921 assunse la direzione artistica della V.S.M. Cappellin Venini & C., vetreria fondata quell’anno da Giacomo Cappellin e da Paolo Venini, destinata in breve ad affermarsi sia nel panorama nazionale che internazionale.

I manufatti della Cappellin Venini si differenziarono subito dalle coeve realizzazioni muranesi, spesso connotate da eccessivi virtuosismi, per le proporzioni classiche e le linee di notevole essenzialità.

Lo scioglimento della società tra Cappellin e Venini nel 1925 non interruppe lo sviluppo di questo indirizzo poiché Zecchin continuò fino al 1926 a ideare nuovi modelli per la M.V.M. Cappellin & C. fondata da Giacomo Cappellin dopo la separazione da Paolo Venini.

Lyda Borelli primadonna del Novecento

La mostra Lyda Borelli primadonna del Novecento, curata da Maria Ida Biggi e allestita nella cornice della casa-museo di Palazzo Cini a San Vio, si propone di raccontare la vicenda artistica di una delle più affascinanti attrici italiane del primo Novecento, dai grandi successi sui palcoscenici d’Italia e del mondo sino al trionfo nel cinematografo, attraverso una straordinaria galleria di fotografie, materiali audiovisivi, opere d’arte e rari documenti d’archivio.

Figlia d’arte di Napoleone Borelli e Cesira Banti, Lyda Borelli (1887-1959) frequenta il palcoscenico sin da bambina, debuttando nel 1901 al fianco di Virginia Reiter. Dal 1903, anno del suo ingresso nella Compagnia di Virgilio Talli, fino al ritiro dalle scene del 1918, Lyda Borelli è l’acclamata protagonista di testi teatrali di successo firmati da autori quali Gabriele D’Annunzio, Oscar Wilde e Sem Benelli, e lavora accanto ai più importanti interpreti del suo tempo. La sua immagine di attrice teatrale preannuncia quell’icona liberty di stile e di eleganza che, con le successive interpretazioni cinematografiche, si imporrà all’attenzione di un pubblico più vasto.

Il progetto, in accordo e con il sostegno degli eredi di Lyda Borelli, è realizzato in collaborazione con istituzioni quali SIAE – Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo, Roma; ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma; Fratelli Alinari. Fondazione per la Storia della Fotografia, Firenze.

 

La mostra rappresenta l’evento di punta all’interno del ciclo di attività legate alla riscoperta della figura di Lyda Borelli, ed è allestita al termine di un lungo percorso di studio e ricerca che ha portato alla pubblicazione del volume monografico Il Teatro di Lyda Borelli, a cura di Maria Ida Biggi e Marianna Zannoni (Fratelli Alinari, Firenze 2017). In occasione dell’esposizione, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma ha organizzato la rassegna Lyda Borelli diva cinematografica, che ha visto la proiezione di alcune tra le più importanti pellicole interpretate dall’attrice: Rapsodia satanica, presso le Sale Apollinee del Teatro La Fenice, con accompagnamento musicale dal vivo; Ma l’amor mio non muore!, Malombra e Carnevalesca, presso la Casa del Cinema – Videoteca Pasinetti, con proiezioni precedute da incontri con studiosi del settore; La memoria dell’altro, proiettato presso l’Ateneo Veneto dopo un accurato restauro realizzato dalla Cineteca Nazionale di Roma.