Mostre – Pagina 6 – Fondazione Giorgio Cini

Vita tra le carte. Roman Vlad attraverso i documenti del suo archivio

In occasione del centenario della nascita di Roman Vlad  (1919-2013), il Comitato Nazionale per le celebrazioni in onore del compositore e musicologo di origini rumene organizza la mostra Vita tra le carte. Roman Vlad attraverso i documenti del suo archivio, a cura di Angela Carone.

Attraverso manoscritti autografi e documenti di varia natura provenienti dal Fondo Roman Vlad conservato all’Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini, il percorso espositivo ricostruisce alcuni aspetti della lunga ed eclettica carriera di Roman Vlad: il perfezionamento pianistico con Alfredo Casella e l’attività concertistica e teorica degli anni Quaranta; i contatti tra il compositore ed Eugenio Montale e le fasi creative relative alla nascita di brani vocali, strumentali e commenti sonori per film e documentari, firmati da celebri registi italiani e stranieri (tra cui Renato Castellani, René Clément, Luciano Emmer, Franco Zeffirelli).

La mostra rende accessibile ai visitatori uno spaccato dell’appassionante biografia umana e artistica di un pianista, compositore e musicologo protagonista della scena musicale internazionale del Novecento.

Invincible Truth di Marianna Kennedy

Invincible Truth è una mostra, a cura di Lars Rachen e Paolo Vincenzi, dell’artista e designer londinese Marianna Kennedy, appositamente concepito per gli spazi della Sala Borges della Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. L’esposizione sarà aperta gratuitamente al pubblico da domenica 1 a domenica 22 settembre 2019.

 

Il progetto nasce e si esplicita come un dialogo creativo con i luoghi dedicati a Jorge Luis Borges della Fondazione Giorgio Cini e con la città di Venezia, che insieme fondano l’ambientazione ideale per la presentazione di una serie di opere, storiche e recenti, dell’artista, tra cui due creazioni inedite molto speciali che danno il titolo alla mostra. Si tratta di due libri d’artista di grande formato, realizzati secondo tecniche tradizionali di lavorazione, che attraverso l’esplorazione di temi e immagini dell’emblematica e dell’alchimia, rappresentano un catalogo contemporaneo dell’immaginario di Marianna Kennedy. “Guardando al passato, Marianna Kennedy crea opere che parlano del presente e vivranno nel futuro”, afferma Rupert Thomas nel testo introduttivo al catalogo della mostra.

 

Il titolo della mostra, “Invincible Truth” rimanda a un emblema raffigurante la “Veritas Invicta” contenuto in Choice of Emblemes di Geffrey Whitney. Pubblicato nel 1586, il testo ha portato in terra inglese la grande tradizione emblematica continentale, incarnata da Andrea Alciato, autore dell’Emblematum Liber (1531). L’opera presentava una galleria di situazioni umane trasfigurate in metafore, che doveva trasmettere un patrimonio di saggezza e moralità, facendo ricorso anche all’efficacia del mezzo iconografico.

 

I due libri d’artista sono stati creati da Marianna Kennedy combinando stampa tipografica, disegni originali riprodotti in lastre tipografiche e magnifiche legature contemporanee che riprendono lo stile classico veneziano e saranno esposti su due grandi tavoli in lacca e bronzo che volutamente ricordano quelli della splendida Biblioteca del Longhena della Fondazione Cini, da cui l’artista ha tratto ispirazione.

 

Cuore del progetto espositivo, i due volumi trovano una naturale eco nel celebre Labirinto Borges, su cui si affaccia la sala espositiva: progettato da Randoll Coate, ispirandosi al racconto “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, il labirinto si presenta come un libro aperto, cosparso della simbologia presente nelle opere dello scrittore argentino, così come “Invincible Truth” schiude la visuale sull’immaginario creativo di Marianna Kennedy.

 

L’allestimento si sviluppa poi come una scenografia di oggetti prodotti dall’artista: il visitatore potrà ammirare vasi in gesso con inserti in vetro di Murano policromo; specchiere intagliate con specchi di mercurio infusi di colore; guéridons in bronzo e lacca cinese; candelabri in bronzo, dorati a fuoco, e monumentali lampade in resina.

 

Marianna Kennedy, da oltre venticinque anni, lavora nella parte orientale di Londra, creando nella sua casa-studio di Spitalfields un limitatissimo numero di pezzi di design artistico, ognuno dei quali è il risultato di mesi di collaborazione con alcuni dei migliori artigiani britannici. Conosciuta e apprezzata a livello internazionale, i suoi lavori sono entrati a far parte di importanti collezioni private di tutto il mondo. Nell’opera dell’artista, l’impiego di tecniche tradizionali convive da sempre con una visione estetica estremamente contemporanea. “Richiamandosi al passato, Kennedy cerca – come nella visione di Carlo Scarpa – di dare nuovo vigore a modelli storici creando opere che possano vivere oggi e domani” – affermano Lars Rachen e Paolo Vincenzi, curatori dell’esposizione.

 

Come è caratteristico della sua pratica creativa, anche per l’esposizione alla Fondazione Cini, Marianna Kennedy ha attivato collaborazioni con significative realtà delle arti minori locali, in particolare con alcuni maestri vetrai di Murano e con l’Officina fabbrile Zanon. Molte delle opere in mostra saranno collocate su supporti realizzati dai fratelli Zanon, alcuni disegnati dall’artista e altri frutto di storici progetti di Carlo Scarpa, originariamente pensati per le Gallerie dell’Accademia e per la Gipsoteca di Possagno.

La profonda fascinazione per Venezia che si riflette nell’opera dell’artista trae origine anche dal suo quotidiano contatto con una delle principali testimonianze dello stile palladiano nell’Inghilterra di inizio Settecento, la Christ Church di Spitalfields, opera di Nicholas Hawksmoor che sorge accanto al suo studio.

 

L’esposizione sarà documentata da un catalogo con testo introduttivo firmato da Rupert Thomas.

Presso il bookshop della Fondazione sarà disponibile una collezione speciale di candelabri in resina, realizzati in colorazioni appositamente studiate per questa occasione veneziana ispirandosi alle tinte dei vetri di Murano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Thomas Stearns alla Venini

La mostra autunnale de le Stanze del Vetro, curata da Marino Barovier, è dedicata all’artista americano Thomas Stearns, che frequentò la vetreria Venini nei primi anni Sessanta.

Dopo un primo periodo in cui si avvicinò alle tecniche muranesi, Stearns cominciò a realizzare alcune opere dal carattere estremamente originale ed insolito per la produzione locale. Nacquero delle piccole serie di vetri concepiti come espressione artistica dal carattere scultoreo, distinguibili per le forme asimmetriche e organiche e per i singolari tessuti vitrei, di grande matericità e con inediti accostamenti cromatici.

Nel 1962, alla 31a Biennale, la Venini espose, insieme ai vetri di Tobia Scarpa, anche sei opere dell’artista americano che riscossero il plauso della commissione giudicatrice. Celebri i suoi pezzi: Il cappello del Doge, Facciate di Venezia. Per questi lavori venne proposta la medaglia d’oro che però poteva essere assegnata solo ad un artista italiano.
L’interesse di Stearns si è rivolto anche alle tecniche di rifinitura a freddo e all’illuminazione, valorizzando sia l’espressione artistica che la ricerca tecnica.

Emilio Isgrò

La Fondazione Giorgio Cini presenta per la stagione autunnale una nuova, ricca antologica dedicata a un grande artista italiano. La mostra è organizzata con Archivio Emilio Isgrò e propone opere dagli anni Sessanta a oggi in un’ambientazione che trasformerà in modo inedito gli spazi espositivi

 

 

La stagione espositiva della Fondazione Giorgio Cini propone per l’autunno una nuova, importante antologica: Emilio Isgrò, dal 13 settembre al 24 novembre 2019. L’esposizione, a cura di Germano Celant, in collaborazione con l’artista e Archivio Emilio Isgrò, si propone come un attraversamento e un’ampia ricognizione nel suo percorso creativo e estetico a partire dagli anni Sessanta a oggi. Una ricca esposizione che si dipana dalle prime cancellature di libri, datate 1964, e continua con le poesie visuali su tele emulsionate e le Storie rosse, per arrivare agli imponenti e articolati testi cancellati nei volumi storici de L’Enciclopedia Treccani, 1970, fino a quelli etnici dei Codici ottomani, 2010.

 

Il viaggio sperimentale e linguistico di Isgrò, in maniera inedita e spettacolare, sarà inscritto in una ambientazione architettonica inglobante e avvolgente. Le sale dell’Ala Napoleonica della Fondazione, arricchite da pareti trasversali e diagonali, utilizzate per spezzare e modificare lo spazio quasi fossero linee su un foglio, funzioneranno infatti da supporti cartacei che veicoleranno un’enorme e nuova operazione di cancellatura, condotta ancora una volta su materiale letterario, così da far entrare il pubblico in un grande libro, modificato visualmente dall’artista.

 

La scelta del testo che scorrerà sulle superfici dell’involucro espositivo è caduta sul romanzo Moby Dick di Herman Melville, così da sottintendere un transito fantastico nella pancia di un cetaceo, quello del cancellare parole e scritte che ha reso celebre Isgrò: “Il tema che affronto per questa mostra alla Fondazione Cini di Venezia, città dove nel 1964 nacquero le prime cancellature, non può che essere quello del linguaggio. Per questo mi è parso necessario ricorrere alla tradizione biblica filtrata dal Moby Dick, il meraviglioso romanzo di Melville – spiega Emilio Isgrò – Sarà l’opera cancellata di Melville a contenere quindi tutte le altre e chi entra alla mostra si lascerà accompagnare nel ventre della balena, ovvero il ventre del linguaggio mediatico che copre con il rumore il proprio reale e disperante silenzio.

 

La mostra si avvale della presenza di lavori provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, tra cui spiccano Il Cristo cancellatore, 1968, installazione composta di 38 volumi cancellati, dal Centre Pompidou di Parigi; Carta geografica, 1970, dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Storico, libro cancellato del 1972, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; la monumentale carta geografica cancellata Weltanschauung, 2007, lunga 9 metri, del Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; quattro preziose opere dalla Collezione Gallerie d’Italia; Poesia Volkswagen, 1964, dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma; e la Storia rossa La corsa di Alma, 1969, dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno.

 

L’antologica è accompagnata da un volume, pubblicato dalla casa editrice Treccani, che include, oltre a pagine cancellate dal Moby Dick e a un’intervista tra l’artista e il curatore, un’ampia cronologia illustrata che approfondisce e documenta il percorso personale e professionale di Isgrò.

 

Mostra realizzata con il contributo di Intesa Sanpaolo – Direzione Arte, Cultura e Beni Storici nell’Ambito di Progetto Cultura

 

 

Emilio Isgrò [accordion][/accordion]

Pittore e poeta – ma anche romanziere, drammaturgo e regista – Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti e prestigiosi a livello internazionale. Isgrò ha dato vita a un’opera tra le più rivoluzionarie e originali nell’ambito delle cosiddette seconde Avanguardie degli anni Sessanta, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977), oltre che ad altre importanti rassegne al MoMA di New York nel 1992 e alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia nel 1994 e le antologiche al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 2008, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma nel 2013 e a Palazzo Reale di Milano nel 2016. Nel 1998, ha realizzato un Seme d’arancia per la sua città natale. Nel 2011 realizza per l’Università Luigi Bocconi l’opera Cancellazione del debito pubblico e per Expo Milano 2015 una scultura in marmo di sette metri d’altezza, Il Seme dell’Altissimo. Iniziatore delle “cancellature” di testi, applicate su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche su pellicole cinematografiche, Isgrò ha fatto di questa pratica il perno di tutta la sua ricerca. Nel 2017 espone a Londra e Parigi e lo stesso anno, tre sue importanti opere (tra cui la celebre installazione de Il Cristo cancellatore del 1969) sono entrate a far parte della collezione permanente del Centre George Pompidou di Parigi. L’anno si conclude con Fondamenta per un’arte civile alla Triennale di Milano; un’intera giornata dedicata all’artista che lo vede protagonista della presentazione del suo ultimo libro, Autocurriculum, edito da Sellerio; dell’inaugurazione della mostra I multipli secondo Isgrò, promossa dal Gruppo Treccani, e infine della cerimonia di collocazione permanente de Il Seme dell’Altissimo negli spazi antistanti la Triennale. Nel 2018 Isgrò inaugura l’opera Monumento all’Inferno, realizzata appositamente per l’Università IULM di Milano. In aprile espone in Belgio alla MDZ Art Gallery, in una doppia personale che lo vede protagonista insieme a Christo. In estate apre Lettere, mostra dialogo tra l’artista e Osvaldo Licini presso il Centro Studi Casa Museo Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado.

 

 

Expanded

Expanded

Expanded è un progetto di ricerca, basato sull’arte e creato nel contest del First Stone Programme, promosso da Assimagra e curato da experimentadesign. Grazie alla partnership con Fondazione Giorgio Cini, Expanded presenta opere originali degli artisti Carsten Höller, Julião Sarmento e Marina Abramović, tutte concepite per essere esposte in spazi pubblici.

 

Le opere presentate esplorano, in un modo o nell’altro, la nostra percezione dello spazio, della scala di misura, del tempo e della posizione, così come la possibilità di espandere i nostri confini auto imposti o basati sulla nostra cultura.

Prodotte in pietra, una risorsa naturale di milioni di anni di età, condividono un elemento unificatore di carattere profondo, senza tempo e resiliente, contraddicendo il caos e la superficialità del mondo contemporaneo.

 

Poste nel parco della Fondazione Giorgio Cini, immerse nella natura e esposte vicini, queste opere offriranno momenti di sperimentazione e confronto con il pubblico, sottolineando il valore dell’parte e della cultura in una location alternativa.

 

 

First Stone

First Stone (Primeira Pedra) è un programma internazionale di ricerca sperimentale, che esplora le potenzialità della pietra Portoghese.

Centrato sulle caratteristiche uniche, fisiche e visive dei diversi tipi di pietra che si possono trovare nel paesaggio portoghese, First Stone interseca la produzione e il design attraverso lo sviluppo di applicazioni innovative per questo eccezionale materiale, sottolineando la sua qualità così come la vasta industria connessa alla sua estrazione e trasformazione.

 

Tra il 2016 e il 2017, First Stone ha portato avanti tre progetti di ricerca e sviluppo – Resistance, Still Motion and Common Sense – che hanno portato a mostre e presentazioni in Venezia, Milano, Weil am Rhein, São Paulo, Londra e New York. Invitando alcuni di nomi più famosi legati al design e all’architettura questi progetti sono stati un tributo alla straordinaria versatilità di questa risorsa senza tempo.

 

Restando fedeli all’obbiettivo di rivelare le possibilità della pietra portoghese così come il contesto socioculturale che la avvolge, First Stone ha sviluppato nuovi progetti per il 2019 e 2020, con nuovi architetti e designer, allargandosi verso la visual art con il contributo di artisti contemporanei di fama internazionale. I prossimi progetti verranno presentati a Venezia, Parigi e New York, per poi approdare ad una grande esposizione a Lisbona con tutti i progetti e le opere sviluppate fino ad ora.

 

Il progetto First Stone è completato anche da un sito internet, una serie di documentari sulla fruizione dei differenti progetti e da due app per piattaforme digitali mobile.

 

Le opere presentate a Venezia:

 

Carsten Höller

Dice (Limestone) 2019

Dimensioni: 2400 x 2400 x 2400 mm

Peso approssimativo: 20000 kg

Materiale: Pietra calcarea

Finitura: Lucidatura

Fornitore materiale: Solancis

Produzione: Julipedra

 

Julião Sarmento

Azul Cadoiço 2019

Dimensioni: 1200 x 1200 x 1200 mm

Peso approssimativo: 2800 kg

Materiali: Marmo Azul Cadoiço, Pallet di legno

Finitura: Levigatura, sabbiatura e spazzolatura

Produzione e fornitore materiale: Airelimestones

 

Marina Abramović

Chair for Human Use (II) dalla serie Transitory Objects for Human Use 2015/ 2019

Dimensioni: 850 x 630 x 1130 mm

Peso approssimativo: 280 kg ciascuna

Materiali: Quarzo, Granito Gabro de Odivelas

Finitura: Sabbiatura

Fornitore material: Pedra Secular

Produzione: Mármores Galrão

 

Entropy

Cogliendo le dinamiche della scena artistica cinese contemporanea, Entropy esplora le opere di sette artisti cinesi contemporanei riconosciuti a livello internazionale: He An, Liu Wei, Yang Fudong, Zhao Zhao, Sun Xun, Yu Ji e Chen Tianzhuo. La mostra ha ricevuto il plauso della critica alla vernice organizzata l’anno scorso alla Fondazione Faurschou di Pechino. Ora, una versione modificata della mostra è in arrivo a Venezia in occasione della Biennale.

Suddivisa in sette sezioni, ciascuna dedicata all’opera di uno dei sette artisti, la mostra offre una panoramica della complessità dell’odierna scena artistica cinese in costante evoluzione. Mentre gli artisti condividono l’esperienza di essere nati e cresciuti in una Cina in rapido cambiamento, contraddistinta da crescita economica e scambi culturali, la mostra fa sentire ciascuna delle loro voci in maniera distintiva. Come il termine scientifico “entropia”, che è la misura del numero di stati possibili in un dato sistema, la mostra mette in scena una voce della Cina formata da molte voci e può essere interpretata e vissuta in vari modi.

I sette artisti presentati alla Fondazione Faurschou sono cresciuti in Cina durante diverse fasi di riforma economica. He An, Liu Wei e Yang Fudong, tutti della generazione degli anni ’70, cercano di tradurre la complessità del proprio ambiente in rapido cambiamento in installazioni, dipinti, sculture e video. Le loro opere traggono origine da emozioni conflittuali, causate da scontri tra urbanismo e natura e tra tradizioni profondamente radicate e una nuova realtà moderna, tutti vissuti in prima persona dagli artisti durante la loro giovinezza.

Dalla generazione dei primi anni ’80, la Fondazione Faurschou presenta opere di Zhao Zhao e Sun Xun. Le loro installazioni contengono riferimenti a politica, storia e mitologia, con le opere di Zhao Zhao che usano sottili mezzi di espressione, mentre Sun Xun adotta un approccio più manifesto.

Yu Ji e Chen Tianzhuo, nati entrambi nel 1985, sono gli artisti più giovani nella mostra collettiva. Cresciuti in una Cina che aveva acquisito maggiori ricchezza e stabilità rispetto alle generazioni precedenti, questi artisti integrano elementi relativi a rituali religiosi e quotidiani attraverso installazioni e performance site-specific.

Dalla sua apertura a Pechino nel 2007, il continuo coinvolgimento della Fondazione Faurschou nella scena artistica cinese dura da più di un decennio. Ora, la Fondazione Faurschou è lieta di portare per la prima volta una mostra da Pechino a Venezia.

Durante la loro partecipazione a Entropy e Venezia, sia Yu Ji sia Liu Wei parteciperanno anche alla 58. Biennale Arte di Venezia ‘May You Live In Interesting Times’, curata da Ralph Rugoff.

 

FONDAZIONE FAURSCHOU

La Fondazione Faurschou è un’istituzione privata di arte contemporanea, impegnata a presentare al mondo influenti mostre.

Con il desiderio primario di presentare ai visitatori gli artisti più acclamati del XX e XXI secolo, la Fondazione Faurschou utilizza la propria considerevole collezione d’arte in costante crescita e presenta mostre personali e collettive.

Con sede a Copenaghen, la Fondazione Faurschou ha mostre permanenti a Pechino, nel 798 Art District, e a Copenaghen, nel North Harbor. Dal 2015, la Fondazione Faurschou organizza mostre a Venezia, sull’Isola di San Giorgio Maggiore in collaborazione con la Fondazione Cini, parallelamente al programma della Biennale Arte di Venezia.

Dalla sua fondazione nel 2011, la Fondazione Faurschou ha presentato mostre personali con, tra gli altri, Ai Weiwei, Doug Aitken, Louise Bourgeois, Cai Guo-Qiang, Peter Doig, Liu Xiaodong, Shirin Neshat, Yoko Ono, Gabriel Orozco, Robert Rauschenberg e Danh Vo.

The Battle between Carnival and Feast

In occasione dell’apertura della Galleria di Palazzo Cini, nel 2019 verrà proposta al pubblico una mostra di arte contemporanea dedicata all’artista Adrian Ghenie. Realizzata in collaborazione con Galerie Thaddaeus Ropac, la mostra vedrà esposte al secondo piano della casa – museo di Campo San Vio circa dieci tele pensate e realizzate appositamente per questo progetto, il cui titolo, in virtù del riferimento al carnevale, suggerisce un legame con la città di Venezia. Il titolo suggerisce l’attenzione prestata dall’artista alla tradizione, senza rinunciare tuttavia ad uno sguardo all’attualità. Nelle sue opere, caratterizzate da un uso sperimentale del colore e da una forte connotazione materica, Ghenie è infatti solito rappresentare personalità le cui azioni hanno influenzato e continuano ad influenzare il corso della storia del mondo in cui viviamo. Nato nel 1977 a Baia Mare, Romania, l’artista attualmente vive e lavora a Berlino. La sua partecipazione alla LVI Biennale di Venezia in rappresentanza del padiglione romeno lo ha consacrato a fama internazionale e le sue opere si trovano attualmente esposte presso prestigiose istituzioni museali quali il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Modern di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York. La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue (italiano-inglese) introdotto da un un testo critico del Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte Luca Massimo Barbero.

Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934

La mostra Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934, curata da Jean-Luc Olivié e Cristina Beltrami, è organizzata da Le Stanze del Vetro in collaborazione con il Museo delle Arti Decorative di Parigi (MAD). La mostra sarà il primo tributo internazionale a questo grande  artigiano del vetro – Maurice Marinot (1882-1960) – protagonista di una rivoluzione, nella tecnica quanto nel gusto.

Infaticabile sperimentatore, Marinot ha inventato formule di lavorazioni della materia emulate nei decenni a venire.

Saranno esposte oltre duecento opere, provenienti principalmente da musei internazionali, per illustrare l’evoluzione e la ricchezza del lavoro di Marinot con il vetro. Ai vetri saranno affiancati centoquindici disegni, tra schizzi e progetti per oggetti e per allestimenti, provenienti da differenti musei francesi, in particolare dal Museo delle Arti Decorative di Parigi (MAD), e dai Musei Nazionali Reali di Bruxelles. La mostra metterà così in luce l’incredibile originalità dell’artista-vetraio, dalle prime realizzazioni a smalto ai vetri soffiati e modellati di persona con  straordinaria abilità e inesauribile capacità inventiva.

BURRI la pittura, irriducibile presenza

L’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia presenta dal 10 maggio al 28 luglio 2019 BURRI la pittura, irriducibile presenza, ampia e importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, a coronamento di una stagione di grande celebrazione dell’artista umbro sia in Italia che all’estero.

 

La mostra, curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini e dalla Fondazione Burri in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA, in partnership con Intesa Sanpaolo, è un progetto concepito appositamente per Venezia che ripercorre cronologicamente le più significative tappe del percorso del Maestro della ‘materia’ attraverso molti dei suoi più importanti capolavori. Dai rarissimi Catrami (1948) agli ultimi e monumentali Cellotex (1994), BURRI la pittura, irriducibile presenza con circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri e da prestigiose collezioni private, ricostruisce nella sua interezza la parabola storica di uno dei più grandi protagonisti dell’arte italiana ed europea del XX secolo e riporta Burri a Venezia dopo la memorabile personale che nel 1983 vide protagoniste 18 opere del ciclo Sestante nel suggestivo edificio degli ex Cantieri Navali alla Giudecca, segnando una tappa fondamentale nella carriera dell’artista.

 

La lettura della carriera di Burri viene resa organica dalla presenza di una sezione documentaria multimediale dell’intera attività dell’artista, in cui è possibile vedere anche alcuni rari film che lo ritraggono in azione. Il catalogo bilingue (italiano-inglese), introdotto da un saggio critico del curatore Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e di Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, contiene il repertorio di tutte le immagini delle opere e offre così rinnovati strumenti di conoscenza del lavoro e del profilo dell’artista stesso, anche grazie a una sezione bibliografica interamente aggiornata. L’allestimento è realizzato dall’Architetto Tiziano Sarteanesi.

Vola alta Parola. Trent’anni di Edizioni Colophon

La Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione con la ColophonArte, ha deciso di festeggiare questa importante acquisizione, con una selezione delle edizioni più belle e significative, presso la biblioteca seicentesca di Baldassarre Longhena. Il titolo dato all’esposizione richiama uno dei volumi esposti, recante insieme all’opera grafica di numerosi artisti, 12 componimenti poetici del grande poeta, amico dell’editore, Mario Luzi: tra queste il componimento Volta alta, parola del 1985, nel quale il poeta si rivolge direttamente alla poesia affinchè metta in comunicazione l’anima con le riposte e segrete risonanze della realtà visibile.

La collezione di grafica del Novecento della Fondazione Giorgio Cini s’arricchisce di pregevoli opere d’editoria d’arte, nel solco di una vocazione primigenia dell’Istituto di Storia dell’Arte per la produzione di libri concepiti come opere d’arte. Grazie alla generosità di Egidio Fiorin, fondatore e direttore della casa editrice bellunese ColophonArte, un nucleo di 78 libri d’artista che fanno parte della produzione più che trentennale del raffinato e lungimirante editore entrano nelle raccolte della Fondazione Cini, prendendo posto accanto ai libri d’artista donati dall’editore Neri Pozza e a quelli della collezione del collezionista e critico d’arte Manlio Malabotta, recentemente donati dalla vedova.

I libri d’artista Colophon sono edizioni di pregio, stampate a partire dal 1989 in tirature limitate su pregiatissima carta in puro cotone, prodotta dalla cartiera amalfitana Amatruda, con quell’attenzione alla qualità della stampa, delle illustrazioni, della rilegatura, del formato grafico dei caratteri mobili e a tutte quelle caratteristiche tecniche, estetiche e materiali che rendono questi libri appetibili e ricercati da bibliofili, collezionisti, amatori.

Queste edizioni sono prodotti sincretici nei quali l’opera degli artisti è chiamata a visualizzare ed evocare, attraverso risonanze riposte tra immagini e parole e accostamenti espressivi, il contenuto immateriale – perlopiù testi poetici, ma non solo, contandosi anche testi critici dedicati alla musica, alla letteratura, al cinema, alle arti visive. Più che a illustrare, l’intervento dell’artista “punta decisa alla conflagrazione dei linguaggi e dei secoli per sollecitare inedite e segrete emozioni, per avventurarsi in altri, inesplorati, territori dell’immaginario”, come ha scritto Cesare De Michelis.

E infatti accanto alla più consueta opera grafica incisoria, i libri Colophon si arricchiscono di opere tridimensionali, sculture, collage, puzzle, fotografie, secondo un fertile e polimorfico sperimentalismo espressivo e tecnico già ampiamente sperimentato dalle Avanguardie storiche, anche nella forma libro.

Accanto al coro illustre di poeti, letterati, scrittori e critici di cui le più di cento Edizioni d’arte Colophon serbano le voci – Mario Luzi, coinvolto in più occasioni, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Sebastiano Grasso, Alain Jouffroy, Stephane Mallarmé, Alda Merini, Andrea Zanzotto, Roberto Sanesi, Emilio Villa, Adonis, Ungaretti; e ancora Liliana Cavani, Massimo Cacciari, Maurizio Ferraris, Claudio Magris, Umberto Eco, Dario Fo, Ermanno Olmi, Inge Feltrinelli, Leopoldo Pirelli, Antonio Riccardi, Pietro Ingrao, Gillo Dorfles, Guido Ballo, Bruno Corà, Marco Vallora, Angela Vettese – si collocano le opere dei tantissimi artisti attivi per la Colophon: Valerio Adami, Eduardo Arroyo, Enrico Baj, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Hsiao Chin, Corneille, Lucio Del Pezzo, Nicola De Maria, Piero Dorazio, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Toti Scialoja, Walter Valentini, Emilio Vedova, Giuseppe Zigaina; e ancora Cadorin, Franco Fontana, Griffa, Guccione, Kounellis, Mattioli, Music, Nespolo, Perilli, Piano, Scianna, Shafik, Spagnulo, Staccioli, Viallat.

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