Mostre – Pagina 4 – Fondazione Giorgio Cini

«Se mi dura questo entusiasmo finirò come Narciso». Un viaggio fotografico nella vita della grande attrice. Parte I Eleonora Duse e Venezia

In preparazione della grande ricorrenza del 2024, che celebra i cento anni dalla scomparsa di Eleonora Duse (1858-1924), l’Istituto per il Teatro e il Melodramma propone una mostra fotografica sulla celebre attrice italiana. Il progetto espositivo, curato da Maria Ida Biggi e Marianna Zannoni, si sviluppa intorno al ricco fondo fotografico dell’Archivio Duse conservato presso la Fondazione Giorgio Cini, nel quale sono custodite stampe originali di numerosi e celebri fotografi del tempo, importanti esponenti della fotografia italiana e internazionale, a testimonianza del fascino esercitato da quest’attrice tra i suoi contemporanei. Questa mostra rappresenta il primo appuntamento di un ciclo di esposizioni da tenersi in Stanza Duse volte a indagare un particolare aspetto della vicenda biografica e artistica di Eleonora Duse: il rapporto dell’attrice con il territorio veneziano e veneto (2022), il successo in Italia, il contesto teatrale nazionale (2023) e la fama internazionale (2024).

Accanto alle stampe fotografiche che ritraggono l’attrice in momenti privati e scatti posati in abiti di scena, il visitatore potrà vedere una selezione di oggetti e documenti appartenuti all’attrice ricostruendo il legame di Eleonora Duse con la città lagunare e con l’intero territorio veneto. La famiglia della Duse era originaria di Chioggia, il nonno Luigi, attore anch’esso, ha fondato il Teatro Duse a Padova e la stessa attrice ha scelto Asolo, alla fine della sua vita nomade, come luogo di residenza.

FontanaArte.Vivere nel vetro

FontanaArte.Vivere nel vetro, a cura di Christian Larsen, affronterà un argomento di grande interesse nella panoramica del vetro artistico, sia per la vastità delle tematiche sia per la valenza delle personalità coinvolte nella vicenda storica e produttiva della società milanese. La mostra offrirà una retrospettiva critica degli arredi in vetro della leggendaria azienda milanese, attraverso una scansione del repertorio creativo e dei periodi di produzione dei quattro grandi direttori artistici: Gio Ponti, Pietro Chiesa, Max Ingrand e Gae Aulenti. Dalla sua fondazione, da parte di Ponti nel 1932, fino alla dipartita di Aulenti nel 1996, il catalogo di FontanaArte traccia un arco storico stilistico nel design del XX secolo, dalla logica razionale del modernismo fino alla giocosità del postmodernismo. L’azienda fissò gli standard del design italiano: la perfetta continuità tra la classicità e la tecnologia contemporanea, il connubio ideale tra arte e industria, la qualità superlativa dei materiali e della lavorazione artigianale del vetro industriale e l’elevazione dell’oggetto quotidiano all’arte del vivere. La mostra che svilupperà un percorso in cui ogni stanza focalizzerà un approfondimento specifico a ognuno dei designer, culminerà in una suite arredata nello stile FontanaArte per rievocare un appartamento milanese. L’allestimento sarà realizzato su progetto dell’architetto Massimiliano Locatelli.

On Fire

On Fire è il titolo di un’inedita mostra curata da Bruno Corà, organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con Tornabuoni Art, che si terrà dal 22 aprile al 24 luglio 2022 sull’Isola di San Giorgio Maggiore. È dedicata al più intrigante degli elementi naturali: il fuoco. Naturalmente fuggevole, privo di forma, peso o densità, questo elemento affascina da sempre gli artisti, sia per i suoi potenziali effetti sugli altri materiali sia in quanto forza attiva nelle opere d’arte.

L’esposizione mira a mostrare il fuoco non solo nelle sue conseguenze ma anche come presenza attraverso il lavoro di grandi artisti internazionali quali: Alberto Burri, Yves Klein, Arman, Pier Paolo Calzolari, Jannis Kounellis e Claudio Parmiggiani. Dalle combustioni di vari materiali di Alberto Burri all’uso di Jannis Kounellis di bombole del gas, gli artisti si sono appropriati della dicotomia che è il fuoco: sia distruttore che generatore, cenere e luce.

Per questa grande mostra convergeranno all’Isola di San Giorgio Maggiore numerosi prestiti internazionali concessi dalle più prestigiose collezioni sia pubbliche che private europee e nordamericane e tra essi numerosi pezzi inediti o raramente esposti al pubblico.

Il progetto espositivo è accompagnato da una pubblicazione edita da Forma Edizioni sotto la direzione scientifica di Bruno Corà.

Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence

La mostra Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence, a cura di Christophe Leribault,  è in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini ed è Evento collaterale  della 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, organizzata dal Musée d’Orsay, Paris e con il supporto della galleria TEMPLON.

 

In questo nuovo corpus di lavori, Wiley mette in luce la brutalità del passato coloniale, americano e globale, usando il linguaggio figurativo dell’eroe caduto. La mostra includerà una serie di dipinti e sculture monumentali inediti, ampliando il suo corpus di opere DOWN del 2008.

Inizialmente ispirata al dipinto di Holbein Il Cristo morto nella tomba, nonché dipinti e sculture storici di guerrieri caduti e figure nello stato di riposo, Wiley ha creato una serie inquietante di corpi neri inclini, riconcettualizzando le forme pittoriche classiche per creare una versione contemporanea della ritrattistica monumentale, che risuona di violenza, dolore e morte, oltre che di estasi. Per questo nuovo corpus di lavori, Wiley ha ampliato questi elementi tematici fondamentali per meditare sulla morte dei giovani neri uccisi in tutto il mondo. La tecnologia ci permette di essere testimoni di queste atrocità che una volta erano taciute. Wiley afferma: “Questa è l’archeologia che sto portando alla luce: lo spettro della violenza della polizia e del controllo dello stato sui corpi di giovani neri in tutto il mondo”.

 

Alla luce degli attuali conflitti globali, il linguaggio sulle lotte di potere e sui diritti umani inalienabili è più critico che mai.
I nuovi ritratti mostrano giovani uomini e donne neri in posizioni di vulnerabilità che raccontano una storia di sopravvivenza e resilienza, rivelando la bellezza che può emergere dalla tragedia. Le loro pose sono state mutuate da fonti storiche dell’arte dell’Europa occidentale che fungono da straordinarie elegie, evocando la metafora centrale della giovinezza e della resilienza, e si ergono come monumenti alla resistenza e alla perseveranza di fronte alla ferocia, incorporando una scala che spinge oltre il mero corporeo e nel regno di icone spirituali, di martiri e santi.

 

La mostra è curata da Christophe Leribault, Presidente del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie, che ha precedentemente curato la prima mostra di Wiley in Francia al Petit Palais nel 2016 Kehinde Wiley: Lamentation. Storico dell’arte specializzato nel XIX secolo, Leribault ha un profondo legame con le basi storico-artistiche del lavoro di Wiley.

Joseph Beuys. Finamente Articolato

La Galleria di Palazzo Cini, straordinaria casa-museo che custodisce i capolavori della collezione personale del grande mecenate Vittorio Cini, riapre al pubblico con una straordinaria mostra dossier: Joseph Beuys. Finamente Articolato, dedicata a uno dei più importanti artisti del XX secolo.

Joseph Beuys, pittore, scultore, performer e teorico, è stato un artista po- liedrico tra i più influenti ed emblematici della seconda metà del Novecento e tra i pochi realmente capaci di far coincidere arte e vita. Beuys considerava l’arte la cura ai mali della società: una forza positiva e curativa in grado di risvegliare la creatività individuale, attivare la consapevolezza politica e stimolare il cambiamento sociale.

 

La mostra che prende il nome dall’opera principale esposta Supporto per la schiena di un essere umano finamente articolato (tipo lepre) del XX secolo d.C. (Backrest for a fine-limbed person (hare-type) of the 20th Century AD) presenterà una selezione di circa 40 opere del maestro dell’arte concettuale del quale nel 2021 si sono celebrati i cento anni dalla nascita. A cura di Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini e realizzata in collaborazione con galleria Thaddaeus Ropac, l’esposizione sarà aperta al pubblico dal 20 aprile al 2 ottobre 2022 tutti i giorni della settimana (escluso il martedì), garantendo al pubblico di am- mirare le rare opere esposte. La Galleria, con le sue collezioni permanenti, rimarrà aperta fino al 21 novembre 2022  (www.palazzocini.it).

Il teatro di Paolo Poli al Teatro Gerolamo di Milano

L’Istituto per il Teatro e il Melodramma espone i documenti dell’Archivio personale di Paolo Poli al Teatro Gerolamo di Milano per una mostra dedicata all’artista fiorentino dal titolo  Il Teatro di Paolo Poli. Dall’archivio privato dell’artista i documenti della Fondazione Cini.

 

La mostra, a cura di Maria Ida Biggi, Direttrice dell’Istituto per Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini, costituisce l’occasione per ricordare Paolo Poli a sessant’anni dal suo debutto presso il Teatro Gerolamo, con il Novellino.

Lungo il percorso espositivo sarò possibile rivedere alcuni spezzoni degli spettacoli di Paolo Poli e approfondire il suo teatro a partire dai molti documenti in mostra, tra i quali una selezione di rare fotografie originali e inedite, lettere autografe, telegrammi, locandine, programmi e libretti di sala, copioni e note di regia, spartiti delle musiche da lui personalmente selezionate, articoli di rassegna stampa e vari materiali di studio e di lavoro, oltre a figurini per i costumi e oggetti di scena creati dalla scenografa e costumista Santuzza Calì.

 

La sera dell’inaugurazione, sabato 6 novembre, sul palcoscenico del Teatro Gerolamo tornerà anche Lucia Poli, sorella di Paolo, con lo spettacolo A spasso tra i miei autori.

 

L’Archivio di Paolo Poli (Firenze 1929 – Roma 2016), conservato per volontà della famiglia dell’artista alla Fondazione Giorgio Cini, documenta la carriera del celebre attore, cantante, regista e autore di testi, a iniziare dagli spettacoli dei primi anni Cinquanta fino alle celebri produzioni degli anni Duemila. All’interno dell’archivio sono conservati molti preziosi documenti, tra i quali copioni, fotografie di scena e ritratti, recensioni, articoli di giornale, note di regia, materiale vario di lavoro e di studio. A completare il fondo, una collezione di circa diecimila spartiti musicali di canzonette popolari afferenti alla tradizione novecentesca italiana.


Vai al sito del Teatro Gerolamo 

Trésors de Venise la Collection Cini

Dal 19 novembre sarà visitabile al Centre d’art Hôtel de Caumont ad Aix-en-Provence, per la prima volta nella storia dell’istituzione veneziana, la straordinaria selezione di capolavori d’arte antica dell’Istituto di Storia dell’Arte, in occasione delle celebrazioni per i 70 anni di attività della Fondazione Cini

 

A novembre oltre 90 opere della prestigiosa collezione dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini, comprendenti sia capolavori di Palazzo Cini che pezzi raramente visibili al pubblico, verranno esposte per la prima volta tutte insieme al Centre d’art Hôtel de Caumont, riferimento culturale e artistico di Aix-en-Provence. Curata da Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte, in collaborazione con l’architetto Daniela Ferretti, la mostra Trésors de Venise. La collection Cini è aperta al pubblico dal 19 novembre 2021 al 27 marzo 2022, e celebra il gusto collezionistico di Vittorio Cini, – “l’italiano più faustianoche io abbia mia conosciuto come scrisse Bernard Berenson -, fondatore dell’istituzione veneziana che quest’anno celebra i 70 anni di attività.

Gillo Dorfles | Ghiribizzi

La mostra, curata da Aldo Colonetti e Luigi Sansone, raccoglie oltre al dipinto Vitriol (acronimo della frase latina “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem” ), 2010, e al disegno con il detto latino Si ova struthionis sol excubare  valet cur veri solis ope Virgo non generaret?, 1990, di Alberto Magno, una selezione di venti disegni realizzati da Gillo Dorfles nel 2017, pochi mesi prima della sua morte avvenuta a Milano il 2 marzo del 2018.

 

Vitriol così intensamente ispirato, sintetizza tutta la sua opera intrigante e stimolante, che ci riconduce all’essenza della vita, a percezioni lontane consce e inconsce, con sorprendente e compiaciuta curiosità.

 

“Gillo Dorfles è stato un ospite assiduo e partecipe delle attività della Fondazione Giorgio Cini. Ma è  nella sua inedita veste di creativo talentuoso e ironico pittore che abbiamo voluto rendergli omaggio e di accogliere con entusiasmo la proposta di una mostra dei suoi ultimi disegni” – spiega Renata Codello, Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini.

 

Disegnare è sempre stato un piacevole esercizio giornaliero per Dorfles, una vera passione. Infatti egli aveva fatto propria l’antica locuzione latina Nulla dies sine linea (“nessun giorno senza una linea”). L’ampia capacità di Dorfles di abbracciare con la sottile punta del disegno, come osserviamo nelle opere esposte in mostra, una vastità di stati d’animo, perplessità mentali e psicologiche e aforismi esistenziali, coinvolge l’osservatore nel suo mondo che nulla trascura e tutto propone con occhio critico, ironico e filosofico.

A corredo della mostra sono esposti il suo primo libro Discorso tecnico delle arti, 1952,  e l’ultimo La mia America, 2018; a chiusura del percorso espositivo due fotografie che  ritraggono Dorfles mentre dipinge a Paestum, di Fabrizio Garghetti, 2010 e l’altra di Carlo Orsi, 2016, che lo riprende nel salotto di casa al pianoforte.

Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis. Il Lascito Franca Fenga Malabotta

Nel 2020 le collezioni d’arte della Fondazione Giorgio Cini si sono arricchite grazie ad un ingente lascito testamentario disposto da Franca Fenga Malabotta, vedova del noto critico d’arte, poeta, collezionista triestino Manlio Malabotta (1907-1975), la cui fama è legata alla celebre e ricchissima raccolta di dipinti e di grafica di Filippo de Pisis, oggi conservata presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.

 

Il lascito annovera un poderoso corpus di opere grafiche e di libri illustrati dei più importanti artisti italiani e giuliani del Novecento, tra le quali un acquerello e due acqueforti di Giorgio Morandi; e di un pregevole nucleo di opere di Arturo Martini, tra cui la
splendida terracotta con l’Ofelia del 1932, il bronzo Donna al mare dello stesso anno, il gesso La sete, bozzetto preparatorio per l’omonima scultura in pietra di Finale del 1934, e la Natura morta, olio su cartone, del 1945. Il Lascito alla Fondazione Cini, atto conclusivo di un lungimirante percorso di istituzionalizzazione della significativa collezione malabottiana, che ha visto nel 2015 la donazione del nucleo di opere triestine e giuliane al Museo Revoltella di Trieste, si qualifica come
una delle più importanti acquisizioni degli ultimi anni da parte dell’Istituto di Storia dell’Arte, che vede così incrementare in modo considerevole le proprie raccolte di grafica novecentesca.

 

La mostra, appositamente pensata per il piano nobile della Galleria di Palazzo Cini e concepita come esposizione delle opere dei tre artisti tra i più rappresentativi del gusto e delle predilezioni collezionistiche di Malabotta, vuole essere un omaggio a Franca Fenga Malabotta, recentemente scomparsa, e alla sua intensa, lucida e appassionata opera di testimonianza e valorizzazione dell’eredità culturale del marito Manlio, «una delle più affascinanti personalità culturali del Novecento giuliano».

Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini

Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri alla Venini è la doppia mostra autunnale a LE STANZE DEL VETRO, curata da Marino Barovier e dedicata alla produzione di due artisti e designer che furono presenti alla Venini dagli anni Sessanta. Ognuno di loro, con la sua forte personalità, contribuì a caratterizzare la produzione della vetreria che, in quegli anni di grande trasformazione, non solo seppe proporre nuovi modelli senza rinunciare all’uso del colore, ma riuscì anche a rispondere alle nuove esigenze di essenzialità provenienti dal mondo del design.

Il primo aspetto venne sviluppato in particolare con il lavoro di Toni Zuccheri, a cui si deve la straordinaria serie di volatili e animali da cortile, a cui presto si affiancarono vasi dalle intense colorazioni e dalla linea organica, ispirata al mondo vegetale.
Dal 1966, la fornace si avvalse inoltre della collaborazione del finlandese Tapio Wirkkala che, forte di un’esperienza nel mondo del vetro nordico alla manifattura Iittala, portò un nuovo approccio in laguna cercando di coniugare la sua cultura con le lavorazioni muranesi, raggiungendo risultati significativi.