Mostre – Pagina 2 – Fondazione Giorgio Cini

1912-1930 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia

Si rinnova l’appuntamento primaverile a Le Stanze del Vetro che inaugura la mostra 1912-1930 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia. L’evento espositivo, a cura di Marino Barovier, è concepito per rievocare la presenza del vetro muranese alla Biennale fin dagli inizi del Novecento. È infatti in tale periodo che alcuni interessanti manufatti vengono esposti per la prima volta alla manifestazione veneziana, anticipando la propria partecipazione continuativa alle edizioni future, in cui tale materiale occuperà un posto d’eccellenza.
Se nel 1903 alcuni soffiati della Compagnia Venezia Murano vengono inseriti come complemento d’arredo della Sala del Giornale, è dal 1912 e poi 1914, che il vetro figura in modo sempre più incisivo e costante, esposto in sale diverse, all’interno della rassegna.
Nel 1932 troverà invece una sede stabile nel Padiglione Venezia ai Giardini, progettato da Brenno Del Giudice su iniziativa dell’Istituto Veneto per il Lavoro, appositamente per ospitare le arti decorative.
Di fatto è questa iniziativa che suggella e riconosce il valore di quelle arti all’epoca ancora denominate “minori”, che proprio grazie alla Biennale di Venezia, vengono mostrate al grande pubblico al pari di scultura e pittura, riducendo così l’ideale distanza tra le diverse discipline.
La funzione della Biennale diviene poi via via quella di “vetrina privilegiata” ma anche proficua occasione di scambio e confronto per le vetrerie muranesi e soprattutto per i loro protagonisti, stimolati da un contesto artistico di respiro internazionale. La crisi degli anni Settanta porta infine all’estromissione del vetro dalla Biennale, con lo spostamento del padiglione all’Ateneo di San Basso, in Piazza dei Leoncini.
Alla luce di tali antefatti storici, la mostra 1912-1930 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia si propone di illuminare il panorama artistico che germina dalla Biennale, prendendo in esame l’arco cronologico sottolineato dal titolo, ovvero dalla X alla XVII edizione.
L’esposizione, accompagnata dal relativo catalogo, intende raggruppare le opere che furono esposte in queste edizioni, accostate a documenti d’epoca, dando così conto dell’ambito culturale e produttivo da cui provenivano
anche alcuni manufatti coevi.
Rispetto al primo decennio, si tratta perlopiù di progetti pensati da artisti quali Hans Stoltenberg Lerche, Vittorio Zecchin e Teodoro Wolf Ferrari e come Umberto Bellotto, che si avvalsero della collaborazione delle vetrerie per la realizzazione dei loro lavori. Per gli anni Venti, invece, figurano in mostra le fornaci che, autonomamente o con la collaborazione di artisti-designer, presentarono la loro produzione migliore.

VISI di Alessandro Mendini

Un nuovo percorso espositivo alla Biblioteca Manica Lunga della Fondazione Giorgio Cini omaggia uno dei più celebri designer italiani. Un focus sul viso come matrice del progetto anticipa la grande retrospettiva che si apre alla Triennale di Milano il 13 aprile. A cura di Aldo Colonetti e Archivio Alessandro Mendini.

 

Tredici oggetti e sei disegni firmati da Alessandro Mendini sono il nucleo di un prezioso e inaspettato progetto espositivo ospitato nella Biblioteca Nuova Manica Lunga della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, omaggio a uno dei più celebri designer italiani.

Realizzata in collaborazione con l’Archivio Alessandro Mendini e con Codiceicona, questa espoiszione è dedicata alla ricerca di Mendini attorno alla potenza del corpo come matrice del progetto. E’ intitolata semplicemente VISI, perché proprio il volto è il focus di questa raccolta di lavori realizzati tra il 1987 e il 2018, a sottolineare come sia stato a lungo una attenta fonte di ricerca progettuale.

 

VISI di Alessandro Mendini sarà aperta al pubblico su prenotazione presso www.visitcini.com. 

La mostra è stata prorogata fino al 28 luglio 2024.

La Stanza Duse. Parte III Eleonora Duse attrice mondiale

A partire dal mese di marzo, e fino alla fine del mese di dicembre 2024, viene proposto nella Stanza Duse, archivio aperto e visitabile dal 2011, il terzo e ultimo appuntamento di una trilogia di esposizioni dedicate al rapporto della Duse con la città di Venezia (2022), con la scena italiana del suo tempo (2023) e, infine, con gli artisti e il teatro di tutto il mondo (2024).

L’obiettivo del nuovo allestimento è indagare la ricezione internazionale del teatro di Eleonora Duse per ricostruire il modo in cui la sua recitazione colpì il pubblico straniero e contribuì alla rivoluzione artistica del primo Novecento teatrale.
Attraverso la stampa del tempo, le locandine e gli scritti che le sono stati dedicati, le fotografie eseguite da autori internazionali e altri materiali, il visitatore sarà guidato alla scoperta di una delle pagine più felici del teatro italiano di tutti i tempi. Voci vicine e lontane, sono in grado di raccontare un’attrice rivoluzionaria, ispirata e capace di influenzare chi ha avuto la fortuna di vederla in scena. Tra questi Sarah Bernhardt, Charlie Chaplin, Isadora Duncan, Lucien e Sacha Guitry e Lee Strasberg.

Per la prima volta dalla sua apertura la Stanza di Eleonora Duse, nell’anno del centenario, entra nelle proposte delle visite guidate alla Fondazione Giorgio Cini.

 

La Stanza di Eleonora Duse, aperta e visitabile dal 2011, è uno spazio permanente dedicato alla memoria della grande attrice italiana; un luogo che nasce con lo scopo di rendere accessibile al pubblico, attraverso mostre temporanee, il prezioso patrimonio custodito nell’archivio Duse. La collezione di materiali conservati presso l’Istituto per il Teatro e il Melodramma è di straordinaria ricchezza: fotografie originali, carteggi, copioni annotati, documenti contabili e registri di compagnia, abiti e memorabilia vanno a costituire, di volta in volta, percorsi tematici in grado di svelare aspetti della vita e dell’arte di questa affascinante attrice.

Helmut Newton. Legacy

Il 28 marzo apre a Le Stanze della Fotografia la retrospettiva Helmut Newton. Legacy, curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino e Denis Curti, direttore artistico del progetto de Le
Stanze della Fotografia. Attraverso duecentocinquanta fotografie, riviste, documenti e video, la mostra ripercorrerà l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto alle immagini più iconiche, un corpus di fotografie inedite, presentate per la prima volta in Italia, sveleranno molti aspetti meno noti dell’opera di Newton (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004), con un focus specifico sugli scatti di moda più anticonvenzionali.
Polaroid e contact sheet forniranno inoltre informazioni sul processo creativo di alcuni dei motivi iconici presenti, mentre pubblicazioni speciali, materiali d’archivio e dichiarazioni del fotografo contribuiranno a
far comprendere al visitatore il contesto nel quale è nata l’ispirazione di questo straordinario artista.

Patrick Mimran. Out of focus

La mostra di Patrick Mimran dal titolo Out of focus, presso le Stanze della Fotografia, presenta gli ultimi dieci anni di ricerca dell’artista, attraverso una serie di opere mai esposte in Italia.
In questa nuova serie di fotografie di grande formato, l’artista ha lavorato principalmente sulla mancanza di nitidezza, non solo dei contorni ma dell’intera immagine. Ben lontano dall’essere indeciso sulla definizione
del soggetto, Patrick Mimran, sembra voler far emergere la realtà nel suo divenire: se a un primo sguardo l’immagine sembra astratta, man mano che si osserva diventa sempre più realistica.
Nel corso degli anni, infatti, attraverso le sue ricerche e le differenti serie di lavori, Mimran si è convinto che il miglior modo per catturare un soggetto, sia esso un vivente o un oggetto inanimato, non fosse quello di rappresentarlo il più fedelmente possibile ma al contrario di allontanarsi il più possibile, fino quasi all’astrazione.

«Se mi dura questo entusiasmo finirò come Narciso». Un viaggio fotografico nella vita della grande attrice. Parte II Eleonora Duse e l’Italia

In preparazione della grande ricorrenza del 2024, che celebra i cento anni dalla scomparsa di Eleonora Duse (1858-1924), l’Istituto per il Teatro e il Melodramma propone una mostra sulla celebre attrice italiana a partire dai documenti conservati nel prezioso archivio personale dell’artista. Questo nuovo progetto espositivo segue quello dedicato al delicato e profondo rapporto tra l’attrice e la città di Venezia e intende ampliare lo sguardo al contesto nazionale, nel quale Eleonora Duse crebbe, si affermò e che contribuì a modificare significativamente.

 

Questa mostra costituisce il secondo appuntamento di un ciclo di esposizioni promosse in Stanza Duse volte a indagare un particolare aspetto della vicenda biografica e artistica di Eleonora Duse: il rapporto dell’attrice con il territorio veneziano e veneto (2022), il successo in Italia, il contesto teatrale nazionale (2023) e la fama internazionale (2024).

 

Accanto alle stampe fotografiche che ritraggono l’attrice in momenti privati e scatti posati in abiti di scena, il visitatore potrà vedere una selezione di oggetti e documenti appartenuti all’attrice. L’insieme di questi materiali permettono di ricostruire il legame di Eleonora Duse con la scena teatrale italiana dei decenni a cavallo tra XIX e XX secolo. Eleonora nasce in una famiglia di attori italiani di modesta fortuna, raggiunge presto il successo esibendosi nei più importanti teatri della penisola, è la musa di diversi drammaturghi e sodale collaboratrice dei più importanti attori italiani del tempo. Tra gli scrittori che hanno scritto per lei si ricordano Giuseppe Giacosa, Gabriele D’Annunzio, Marco Praga, Tommaso Gallarati Scotti e Giovanni Verga che, in occasione della prima di Cavalleria Rusticana, scrisse di lei: “che artista è quella Duse e come prese a cuore le mie parti!”.

Sempre in Italia, ma nei lunghi anni passati lontano dalle scene, Eleonora Duse si fa promotrice di una bella iniziativa sociale, “la libreria delle attrici” e gira il film Cenere, tratto da una novella del futuro premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda. 

 

Ospite al Castello | La raccolta della manna di Paolo Fiammingo

Il programma annuale di iniziative congiunte con la Regione del Veneto riguardanti il Castello di Monselice è stato inaugurato con la conferenza tenutasi nell’antico maniero il 27 giugno 2023 dal titolo “L’armeria di Monselice, una delle collezioni di armi più ricche d’Italia”, nel corso della quale è stato presentato il nuovo portale per la consultazione online della Fototeca Regionale, di cui le fotografie dell’armeria del Castello – una raccolta d’armi di ben 904 pezzi, seconda nel Veneto solo a quella dell’Armeria di Palazzo Ducale a Venezia – costituiscono una delle sezioni più interessanti e articolate.

A questa prima iniziativa segue un secondo importante appuntamento: dal 12 ottobre 2023 viene ospitato nelle sale del Castello di Monselice uno tra i dipinti di maggior pregio di proprietà della Fondazione Giorgio Cini proveniente dalle raccolte di Vittorio Cini e un tempo custodito proprio in questa sua residenza monselicense: La raccolta della manna di Paolo Fiammingo. Si tratta di un’opera della maturità di Pauwels Franck o Francken, più noto in Italia come Paolo Fiammingo, maestro anversese allievo del Tintoretto, e suo collaboratore, che si specializzò a Venezia con prolifica bottega e una produzione di genere orientata sul paesaggio, dove si mescola la tradizione fiamminga con quella veneziana.

 

L’esposizione presso il Castello di Monselice offre l’occasione per ammirare e far conoscere al pubblico il dipinto già nella collezione di Vittorio Cini restituito pienamente alla sua leggibilità grazie al restauro eseguito nel 2011.

I tarocchi

“Il fotografo col pennello”, “il pittore con la macchina fotografica” sono solo alcune delle definizioni che negli anni lo hanno descritto per sintetizzare uno stile personale, inimitabile.

Pino Settanni (1949-2010) è stato uno dei più originali, vivaci e versatili autori della fotografia contemporanea. Un artista che negli ultimi anni sta vivendo una crescente riscoperta, con esposizioni e pubblicazioni, dopo l’acquisizione da parte dell’Archivio Luce del suo intero fondo fotografico, composto di oltre 60.000 immagini. Un immenso patrimonio di cui il Luce cura conservazione e digitalizzazione completa.
Settanni si dedica alla serie fotografica dei tarocchi, le celebri carte della tradizione europea, nel 1994, sollecitato dalla lettura de Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino, e rendendo personale e definitivo omaggio alla pittura di studio di quello che è stato il suo principale riferimento iconografico per la vita, Caravaggio. Studiando i precedenti pittorici dedicati alle carte da gioco, come Dürer e Brueghel il Vecchio, e dopo un lavoro quotidiano di sei mesi nel suo studio, Settanni dà vita a un’opera senza precedentiè la prima volta che le figure dei tarocchi sono fotografate con sembianze umane.

La mostra I tarocchi, dal 30 agosto al 26 novembre 2023, Le Stanze della Fotografia, presenta al pubblico 61 immagini, di cui i 22 Arcani maggiori, 16 figure degli Arcani minori, e una selezione inedita di foto di backstage, con lo stesso fotografo che si mette in scena sul set. Immagini rivelatorie e divertite scoperte durante la digitalizzazione del fondo Settanni presso l’Archivio Luce.

I tarocchi presentati in stampe smaglianti a Venezia rivelano una facciata ulteriore di un fotografo genialmente poliedrico, un artista che ha portato il pubblico nelle stanze del jet set e nell’umanità dei fragili, nella bellezza segreta di molti luoghi e, come con la magica effusione di questo gioco di carte, in quella della cultura europea. Abbattendo i confini tra le arti, tra la serietà e la leggerezza, tra il reale e il sogno.

La mostra è realizzata da Archivio Luce Cinecittà, in collaborazione con Le Stanze della Fotografia.

Manifesto di Sabbia

Sono circa una ventina i nuovi lavori che l’artista Marcela Cernadas realizza per la mostra Manifesto di Sabbia, concepita dal Centro Studi del Vetro della Fondazione Giorgio Cini in concomitanza con il festival The Venice Glass Week 2023.

Per Cernadas, vincitrice nel 2022 della decima edizione del Premio Glass in Venice, il vetro è divenuto ormai un mezzo espressivo consueto e a conferma di questo suo interesse, il Centro espone un’inedita lastra in vetro di Murano composta da canne color bianco opalino. Tra le altre opere, anche numerosi lavori su carta cotone -appartenenti alla serie disegni bianchi- una maquette, un video e un’installazione site specific.

Unendo tali lavori, vengono di fatto messe insieme le ragioni intrinseche della mostra stessa, che si focalizza sulle diverse accezioni del concetto di sabbia, intesa come componente chimica utilizzata per la realizzazione del vetro, dunque presente nei pigmenti originali della vetreria M.V.M. Cappellin. Tenute nascoste, si narra, sotto terra, riemergono infatti di recente le centinaia di polveri colorate appartenute alla storica fornace muranese e utilizzate per la produzione di lastre e vetrate, accanto ad alcuni rari frammenti di vetro, che ora sono custoditi proprio all’interno della nuova sede dell’Archivio del Vetro. 

 

Ma la sabbia è anche il simbolo biblico della creazione, ovvero l’argilla da cui è forgiata l’umanità, ed è poi elemento impalpabile e volatile con funzione allegorica rispetto alla nostra memoria, che disperde e cancella, come accade nel memorabile racconto Il Libro di Sabbia di Jorge Luis Borges, autore argentino cui è dedicato il labirinto collocato accanto al nuovo Centro Studi del Vetro. 

Così, il ductus aggrovigliato e leggero dei disegni bianchi simula le silhouettes di labirinti ideali e perde le proprie tracce sulla carta. Ogni disegno è poi numerato secondo l’enigmatica chiave dichiarata da Borges nel suo racconto: “Mi resi conto che le piccole illustrazioni si trovavano a duemila pagine una dall’altra.” Viene con ciò messa in evidenza anche la semantica dell’archivio stesso, inteso come luogo di conservazione e salvaguardia di preziosi materiali di studio che rischiano di essere dispersi. Un deliberato rovesciamento del medesimo ‘esercizio’ ma in chiave quasi performativa è Manifesto di Sabbia. Labirinto, un grande rotolo di carta da disegnare e dipanare nel corso della Venice Glass Week, che simboleggia lo svelamento della storia attraverso le fonti archivistiche, e propone una pratica creativa nella forma dell’archivio aperto.

La traslitterazione formale di tali concetti è infine presentata attraverso la maquette Scatola per manifesto di Sabbia, che custodisce il testo dell’opera in vetro che dà il titolo alla mostra, ma trascritto in piccole e preziose pagine serigrafate. Al centro della pratica di Cernadas c’è infatti l’idea di un creare che si fa messaggio nel tempo anche attraverso la scrittura. La mostra Manifesto di sabbia è dunque un crogiuolo di riflessioni sull’arte vetraria, le sue antiche ricette segrete e i suoi archivi, ma anche sulla letteratura e l’arte in genere. In mostra anche il video Rosa (2008), la cui protagonista presenta se stessa in procinto di plasmare la propria essenza.

 

La mostra è visitabile dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 17 (prenotazione obbligatoria a centrostudivetro@cini.it).

Paolo Pellegrin. L’orizzonte degli eventi

La nuova esposizione, presso Le Stanze della Fotografia, a cura di Annalisa D’Angelo e Denis Curti, testimonia la ricchezza del lavoro di Paolo Pellegrin (Roma, 1964), tra i più importanti fotografi italiani viventi, impegnato a testimoniare i grandi conflitti che animano la contemporaneità. Vincitore di undici edizioni del World Press Photo Award e membro dell’agenzia Magnum dal 2005, Paolo Pellegrin, attraverso i suoi reportage, documenta con il mezzo fotografico i principali eventi del nostro tempo. Importante testimone di tutti gli aspetti della contemporaneità, Pellegrin approfondisce attraverso la sua fotografia anche gli effetti del cambiamento climatico, riflettendo sulla potenza della natura e prestando particolare attenzione al fragile equilibrio alla base della vita sulla Terra.

 

La rassegna è strutturata in più parti che dialogano tra loro, seguendo l’evolversi della ricerca dell’artista e dei temi che animano il percorso lavorativo e creativo di Paolo Pellegrin, impegnato da decenni a documentare i conflitti nelle zone di guerra e a restituire una complessa percezione visiva
della realtà. Da Gaza a Beirut, ma anche da Roma, al Giappone, all’America, i cambiamenti climatici in Namibia, Islanda e Groenlandia e infine, il conflitto in Ucraina dove Pellegrin si è recato più volte nel corso di quest’ultimo anno. Le sue immagini restituiscono la fragilità e la forza di un’umanità che manifesta le proprie emozioni più intime, in dialogo con la grandezza della natura, nel tentativo di sviscerare uno dei temi cruciali della contemporaneità: il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale.

 

Pino Settanni. Tarocchi.

Pino Settanni (1949 – 2010), noto come “pittore con la macchina fotografica”, è lui il protagonista della mostra Tarocchi allestita al primo piano de Le Stanze della Fotografia. L’esposizione sarà dal 30 agosto al 7 gennaio 2024. In mostra una serie di 78 fotografie che esprimono la poetica artistica del fotografo, attraverso il ritratto, la teatralità della scena e il colore. L’artista di Grottaglie, in provincia di Taranto, non era dedito alle carte dei Tarocchi, ma gli piacevano la grafica e le cromie di quelli Marsigliesi. I suoi scatti sono i primi al mondo a ritrarre persone reali che interpretano i 78 Arcani Maggiori e Minori, tutte donne eccetto l’attore di teatro, Mario Scaccia.