Convegni e seminari – Pagina 14 – Fondazione Giorgio Cini

Il teatro in fotografia. Attori e fotografi nell’Italia della Belle Époque

In occasione dei centottanta anni dalla nascita della fotografia, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini, in collaborazione con Fratelli Alinari. Fondazione per la Storia della Fotografia, organizza un convegno di studi dedicato al rapporto tra la nascente arte della fotografia e la scena teatrale italiana al tempo della Belle Époque. L’obiettivo dell’incontro è quello di studiare la produzione fotografica ottocentesca e primonovecentesca, per mettere in luce quella sorta di “affinità elettiva” tra pratica teatrale e pratica fotografica che ha caratterizzato in modo particolare questi primi decenni di storia della fotografia.

Al fine di comprendere le caratteristiche di questo fenomeno e studiarne le ricadute sul mondo teatrale e sulla società del tempo, il convegno intende individuare i fotografi che si sono occupati di questo genere fotografico e di ricostruire i rapporti intercorsi tra questi e gli artisti della scena e/o le compagnie ritratte. Particolare attenzione sarà riservata al ritratto dell’interprete femminile e alla circolazione di questo tipo di fotografia attraverso la stampa generalista e di settore.

Il convegno, il cui comitato scientifico è composto da Maria Ida Biggi, Stefano Mazzoni, Emanuela Sesti, Tiziana Serena e Marianna Zannoni, vedrà la partecipazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università degli Studi di Firenze.

 

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Maurice Marinot: 1911-1934. Il vetro

In relazione alla mostra aperta al pubblico a LE STANZE DEL VETRO, Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934, a cura di Jean-Luc Olivié e Cristina Beltrami, il Centro Studi del Vetro organizza per giovedì 16 maggio un Convegno internazionale che approfondirà la figura di Maurice Marinot.

 

Un ‘caso’ unico in cui per la prima volta un artista adulto, senza formazione iniziale nel mestiere, dedica oltre vent’anni della sua carriera alla creazione di opere basate sull’antica tecnica artigianale del vetro soffiato. Questa circostanza, unita a una creatività eccezionale e guidata da una semplice ma acuta attenzione alle possibilità plastiche di questa “acqua solidificata”, lo porta alla creazione di oggetti unici, in un’estetica completamente nuova, rapidamente percepita dai suoi contemporanei come un’espressione, naturale e preziosa, della modernità.

L’originalità del suo lavoro ha trovato rapida diffusione, specie attraverso le mostre internazionali, suscitando un’influenza profonda sulle diverse generazioni a venire. Il simposio approfondirà il percorso di Maurice Marinot grazie ai contributi di studiosi e critici di fama internazionale, tra cui Jean-Luc Olivié, Cristina Beltrami, Veronique Ayroles, Adriaenssens Werner e Jared Goss.

 

Il convegno è aperto al pubblico fino a esaurimento dei posti disponibili.

Sarà presente una traduzione simultanea.

How Europe discovered the music of the World after World War II. Cold war, Unesco, and the ethnomusicological debate

Momento centrale delle celebrazioni per il 50° anniversario della fondazione dell’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati è costituito da un convegno organizzato in collaborazione con Humboldt Forum Im Berliner Schloss Ethnologisches Museum Staatliche Museen zu Berlin,  per riflettere sulla diffusione delle musiche nel mondo negli anni sessanta, il periodo in cui l’Istituto fu fondato. Poco si è riflettuto finora su un aspetto cruciale della storia musicale del Novecento in cui l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati e l’Istituto berlinese da cui nacque (International Institute for Comparative Music Studies and Documentation), fondato nel 1963, svolsero un ruolo importante.

 

Storici, antropologi, oltre che musicologi ed etnomusicologi, dialogheranno in prospettiva interdisciplinare per comprendere motivazioni e dinamiche della diffusione di musiche extraeuropee in Italia e nel nostro continente. Per fare ciò verranno affrontati temi quali la guerra fredda e il confronto tra i due blocchi, la nascita e le posizioni culturali delle organizzazioni internazionali, oltre che ricostruire un dibattito tra gli etnomusicologi che ha contribuito a configurare il nostro modo di conoscere e valutare le musiche del mondo sul piano culturale ed estetico.

 

Verranno presi in considerazione il celebre convegno East-West Music Encounter, tenutosi a Tokyo nel 1961, il ruolo di organizzazioni quali l’Unesco, il Congress for Cutural Freedom, l’International Music Council, l’International Folk Music Council e il contributo di figure quali Alain Daniélou, Nicholas Nabokov, Jack Bornoff.

 

Il convegno prevede, oltre agli interventi, anche delle conversazioni con alcuni dei protagonisti di quel movimento e di quegli anni: Simha Arom, Jacques Cloarec, Ivan Vandor.


Il giorno 31 maggio alle ore 18.30 il Maestro Chaurasia eseguirà un concerto di musiche della tradizione classica indiana, sarà accompagnato alle tabla da Satyajit Talwalkar, giovane ma già affermato percussionista, anch’egli rappresentante di spicco della nuova generazione di musicisti classici dell’India contemporanea.

 

Grandi e piccole illusioni

Il 13-15 maggio ci sarà l’usuale incontro confronto di studio organizzato dall’Istituto per la Storia della Società e dello Stato Veneziano, dedicato, questa volta, alle Grandi e piccole illusioni. Sin d’ora anticipabile che tra gli argomenti ci sarà quello della carica illusoria propulsiva alla nascita della città, quello del vagheggiamento della villa ideale, quello delle attese suscitate dalla modernità, quello delle ambizioni sottese al cardinalato nel ’500. Ovvio – ma non per questo banale – constatare che l’illusione, accompagnata o no che sia dalla delusione, è una componente fondamentale della condizione umana. Di qui, in cinque mezze giornate, il seminario dedicato, appunto, al tema delle grandi e piccole illusioni, storicamente riscontrabili in varie aree  geostoriche della penisola. Ad esempio la grande illusione animante la storia di Venezia d’una nascita singolare per un destino eccezionale. È una grande illusione, che vien da
dire collettiva. Ci sono poi le illusioni tramanti le vicende individuali, come, tanto per esemplificare, quelle che nutrono le aspirazioni alla porpora cardinalizia di Pietro Bembo.

 

Grandi e Piccole Illusioni 2019

 

 

Workshop Research-led Performance: I quartetti per archi di Béla Bartók e Gian Francesco Malipiero 

Workshop Research-led Performance: I quartetti per archi di Béla Bartók e Gian Francesco Malipiero  in collaborazione con il Quartetto di Venezia e il Bartók Archívum di Budapest
I quartetti per archi occupano una posizione fondamentale nella produzione di Béla Bartók e di Gian Francesco Malipiero. Con una forte declinazione personale, i due compositori hanno elaborato una concezione della forma e della sonorità quartettistica che si discosta dal modello classico e mira a un nuovo tipo di espressività, spesso improntata alla tradizione popolare.
Obiettivo del workshop è quello di studiare i quartetti di Bartók e Malipiero da una duplice prospettiva teorica e pratica, mettendo in evidenza eventuali convergenze stilistiche e tecnicointerpretative.
Al centro dell’attenzione saranno il Sesto Quartetto di Bartók e il Settimo Quartetto di Malipiero. Nel workshop si alterneranno esercitazioni strumentali e sessioni di ricerca
musicologica. I docenti della parte strumentale saranno i componenti del Quartetto di Venezia; le sessioni musicologiche saranno affidate a Francisco Rocca e Lásló Vikárius.


La “scuola veneziana” alla fine del XX secolo. Esperienze compositive e didattiche a confronto  

Questa tavola rotonda approfondisce l’idea di “scuola veneziana” prospettata da Giovanni Morelli nel suo suo influente saggio “La carica dei quodlibet”. Il musicologo si riferiva al clima degli anni Quaranta e Cinquanta, a quella “bottega degli ‘alti conversari’” che si era formata nel triangolo di Gian Francesco Malipiero, Bruno Maderna e Luigi Nono. Le pratiche contrappuntistiche pre-tonali e l’idea di spazio sono fulcri tematici attorno a cui gravitava lo scambio intergenerazionale in quella fase. La recente acquisizione dei fondi Renato De Grandis ed Ernesto Rubin de Cervin, dei quali sarà possibile visionare importanti fonti durante la manifestazione, offre l’occasione per riconsiderare quelle tematiche in relazione agli ultimi decenni del XX secolo e all’inizio del XXI secolo. Partecipano: Claudio Ambrosini, Marino Baratello, Silvia Cappellini, Angela Carone, Mauro Lanza, Andrea Liberovici, Mario Messinis, Corrado Pasquotti, Massimo Priori, Veniero Rizzardi, Alvise Vidolin.

Contesting in the Name of Religion in Secularised Societies: Between Doctrine and Militancy

Nelle società europee contemporanee è possibile leggere una tendenza al processo di secolarizzazione, inteso come “declino dell’egemonia religiosa”, “uscita dalla religione”, e anche come indebolimento dell’influenza del quadro normativo religioso. Allo stesso tempo, le religioni hanno aumentato la loro visibilità nella sfera pubblica: questo è il caso dell’Islam, costruito come un “problema pubblico”; tuttavia, questo è anche il caso del cattolicesimo, che sperimenta una forte mobilitazione identitaria dimostrando in diversi paesi il suo dinamismo. Ciò ci costringe a mettere in discussione la definizione di secolarizzazione e la presunta neutralità della sfera pubblica e delle istituzioni. Più precisamente, ci si deve interrogare sulla portata di queste evoluzioni di fronte alle esigenze della cittadinanza democratica, come base dello spazio pubblico comune. “Contestare in nome della religione” considera diversi aspetti della relazione tra religione e politica: richieste individuali di esenzione da specifiche attività; una lotta collettiva per un riconoscimento legale mediante l’iscrizione di una clausola di coscienza durante l’elaborazione delle leggi; fenomeni di disobbedienza a misure di ordine pubblico, ecc.

Questa conferenza internazionale, che riunisce partner accademici provenienti dall’Europa e dal Nord America, si propone anche di essere un luogo di formazione per giovani ricercatori, a cui verranno proposte attività specifiche intorno allo studio della moralità politica e della cittadinanza.

 

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XXXVI Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri

Dal 22 al 25 gennaio 2019 si terrà a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, il 36esimo Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, consueto e atteso appuntamento organizzato dalla Fondazione Umberto e Elisabetta Mauri in collaborazione con Messaggerie Libri e Messaggerie Italiane, l’Associazione Librai Italiani, l’Associazione Italiana Editori e il Centro per il Libro e la Lettura.
Il Seminario è un importante appuntamento in cui l’editoria italiana e internazionale si confrontano sul presente e sul futuro del libro. I lavori del Seminario prevedono l’intervento, a fianco dei manager delle principali catene librarie europee e dei vertici dell’editoria italiana, di figure professionali e di personalità di altri settori con l’obiettivo d’ampliare con i loro contributi l’orizzonte del dibattito.

 

L’intento è quello di ridefinire attraverso strumenti di analisi e conoscitivi sempre più aggiornati la figura professionale del libraio favorendo così la continuità di un percorso formativo che nel rispetto dell’identità originaria gli consenta di riconoscere e anticipare i nuovi ritmi della produzione e della circolazione del libro. Essere librai significa anche e soprattutto avere la capacità di trasmettere la curiosità e la sensibilità per un mondo fatto di storie che rimandano ad altre storie senza soluzione di continuità. Per essere librai non basta dunque essere delle persone colte o degli abili commercianti o dei manager accorti. Bisogna essere una sintesi virtuosa di tutte queste qualità e la Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri ha l’ambizione di fornire a chi ha scelto questo mestiere gli strumenti tecnici, organizzativi e conoscitivi per muoversi con consapevolezza in un settore che oggi, forse più di altri, è in continua trasformazione.

 

Dal 1984, la Scuola, primo esempio in Italia, vuole essere un confronto fecondo sulle dinamiche all’interno dell’universo librario che non sia circoscritto alla sola organizzazione e gestione del punto vendita ma analizzi tutti gli aspetti che riguardano l’attività della libreria: distribuzione, commercializzazione e promozione. Un laboratorio vitale di sperimentazione e discussione che abbia come centro il libro, il suo percorso, la sua trasformazione.

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Seminari di Musica Antica 2019 | Opera and Slavery in the French Caribbean 1760-90

Il seminario, strettamente connesso con quello del novembre 2018, si rivolge a cantanti solisti di ogni registro e in particolare haut-contres (o tenorini) e soprani di coloratura di grande agilità. I borsisti verranno guidati da docenti di alto livello e saranno assistiti da  specialisti del repertorio francese tardo-barocco e galante. Questo secondo appuntamento con la musica antica, curato da Pedro Memelsdorff, verrà dedicato ai repertori operistici della colonia francocaraibica di Saint-Domingue, e in particolare alla carriera della prima cantante solista di colore – nipote di una schiava affrancata – il cui nome d’arte era Minette. Dopo il debutto teatrale nel febbraio del 1781, Minette incarnò i ruoli protagonisti di oltre quaranta tra opere, melodrammi e commedie francesi, fondando una sorta di mito – ma anche provocando una forte controversia sociale registrata dai periodici locali dell’epoca. Tra i repertori eseguiti da Minette si annoverano intonazioni di libretti (o loro parafrasi), tra gli altri, di Voltaire e Rousseau, che tematizzano le differenze razziali e la schiavitù ‒ e quindi l’emancipazione ‒ particolare che conferisce speciale interesse all’aspetto sociologico del progetto. Inoltre, cantando e recitando commedie come L’amant statue di Nicolas Dalayrac o L’amoureux de quinze ans di Jean Martini e, soprattutto, il Pygmalion di Jean-Jacques Rousseau, diede voce a un dialogo interrazziale destinato a colpire il pubblico ’haitiano’ settecentesco così come quello contemporaneo.

 

Concerto a cura dei seminaristi di questa edizione.

Venerdì 22 febbraio, alle ore 18 presso l’Auditorium “Lo Squero”

Al concerto, si potranno ascoltare arie e scene d’opera composte da autori tra cui Adolphe Blaise, Johann Paul Aegidius Martini, Egidio Duni, e Nicolas Dalayrac. Si tratta però non di riproposte delle versioni eseguite nelle prime parigine degli anni 1770-80, bensì delle versioni eseguite nei teatri di Port-au-Prince, nella colonia franco-caraibica di Sait-Domingue.
Le arie cantate da Elisabeth Ferrand, alias Minette, prima cantate d’opera solista di colore della storia dell’opera. La sua fulminea (e dimenticata) carriera, consumatasi negli anni dal 1781 al 1789, rivoluzionò tradizioni e lasciò tracce nella storia del teatro e della musica in America e Europa.

 

Vincitori del concorso:
Javier Coronado, haute-contre
Maya Kherani, soprano
Maria Lueiro, soprano
Lila Powell Khazoum, soprano
Héctor dos Santos, basso
Belen Vaquero, mezzosoprano
Benjamin Gaspon, traverso

 

Corripetitori:
Ignacio Ramal e Guadalupe del Moral, violino
Alaia Ferrán, viola
Neven Lesage e Lucile Tessier, oboe
Alejandro Pérez, fagotto
Hyngun Cho, violoncello
Pablo Kornfeld, clavicembalo

 

Insegnanti:
Vivica Genaux, mezzosoprano
Pedro Memelsdorff, direttore
Lisandro Abadie, assistente

Etnografia degli studi di registrazione

 

Seminario Musiche (e musicologie) del XXI secolo

Gli etnomusicologi, che da sempre si occupano di musiche ‘viventi’, devono misurarsi con la continua ridefinizione dei luoghi e delle pratiche della produzione musicale. In questa prospettiva, lo studio di registrazione è diventato negli ultimi decenni un importante luogo di ricerca. Il tema sul quale si intende riflettere è la possibile applicazione dell’indagine etnografica, propria del metodo antropologico, a un mondo contemporaneo e tecnologico quale quello degli studi di registrazione, con l’obiettivo di costruire modelli interpretativi sulle musiche contemporanee. Alcune questioni ‘classiche’ della ricerca etnomusicologica (studio dei processi creativi, performativi, status del musicista) si possono affiancare a nuove questioni sollevate dal mutato contesto – lo studio di registrazione – nel quale si svolgono (mancanza di pubblico diretto, rapporto con le tecnologie sempre più sofisticate, delocalizzazione e frammentazione del lavoro di gruppo, ruolo creativo di figure professionali diverse dal musicista, quali il produttore, il fonico).

 

Nel corso del XX secolo, l’evoluzione dei luoghi di produzione di musiche riprodotte ha accompagnato sia i musicisti nell’adattare il loro fare musica, sia gli studiosi nell’elaborare strategie di comprensione dei fenomeni musicali. Lo studio di registrazione è stato il territorio principale in cui è avvenuto il passaggio tra il mondo dell’oralità/scrittura a quello dell’oralità meccanica ed è diventato inoltre un luogo privilegiato per la miscela di generi, stili, strumenti musicali, ma anche di ricerca. Gli studiosi che interverranno al Seminario hanno formazione e biografie (musicali e scientifiche) molto diverse tra loro: studiosi di etnomusicologia, di popular music, produttori musicali, musicisti con esperienze di ricerca in contesti nelle diverse parti del globo e nell’ambito dei più diversi generi musicali (musiche di tradizione orale, popular music, jazz, musica contemporanea, musica per il cinema). Assieme rifletteranno su come l’idea di “etnografia”, proveniente dagli studi etno-antropologici, applicata ad un contesto come lo studio di registrazione – il luogo dove, forse più che nei concerti, i musicisti oggi si incontrano – stia fornendo strumenti innovativi di comprensione dei modi in cui la musica viene oggi prevalentemente concepita, eseguita e prodotta, e su come una prospettiva antropologica sia necessaria allo studio dei processi musicali contemporanei nei quali la tecnologia è sempre più pervasiva e raffinata e la diffusione mediatica sempre più determinante in ogni angolo del globo.

 

Giovedì Mattina, 24 gennaio

9.30-10.00

Serena Facci and Giovanni Giuriati

Introductory remarks

 

10.00-11.00

Alessandro Bratus

Processi che risolvono problemi. Lo studio di registrazione nelle culture della popular music, dalla nicchia alla norma – e ritorno

 

11.00-11.30 Coffee break

 

11.30-13.00

Thomas Turino

Recording as Replica/Recording as Musical Practice

 

Giovedì Pomeriggio, 24 gennaio

14.30-16.00

Jeremy Wayne Wallach

The Entextualization of Performative Sociality: Ethnomusicological Approaches to Sonic Encoding and Decoding

 

16.00-16.30 Coffee break

 

16.30-18.00

Ilario Meandri

Memorie orali e archeologia della tecnica: International Recording (1959-1969)

 

Venerdì mattina, 25 gennaio

9.30-11.00

Marco Lutzu

Approcci etnografici alla fonofissazione. Alcune riflessioni sulla produzione discografica in Sardegna

 

11.00-11.30 Coffee break

 

11.30-13.00

Hans Weisethaunet

The Ethnography of Recording—Sound, Agency, and Objects

 

Venerdì pomeriggio, 25 gennaio

14.30-17.30

Francesco Giannattasio, Pasquale Minieri, Simone Tarsitani

Esperienze e nuove sfide della produzione musicale in studio

 

Sabato Mattina, 26 gennaio

9.30-10.00

Alessandro Cosentino

Chitarristi dal Botswana e dal Malawi: creatività individuali in studio di registrazione

 

10.00-10.30

Vera Vecchiarelli

“La rifaceva anche centinaia di volte”: sulla registrazione della voce di De André in studio.

 

10.30-11.00 Coffee break

11.00-12.30

Eliot Bates

Technological and methodological assemblages: Analyzing the production of culture in Istanbul’s recording studios

 

12.30-13.30

Final discussion