Intersezioni Musicali – Fondazione Giorgio Cini

Intersezioni Musicali 10

Il volume Patterns of Change in the Traditional Music of Southeast Asia è il decimo della collana ‘Intersezioni Musicali’ pubblicata dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, in collaborazione con l’editore Nota di Udine. Curato da Giovanni Giuriati, raccoglie in sette capitoli ricerche originali condotte sul campo sulle musiche del sud-est asiatico. Scopo principale del volume è quello di indagare su come i processi di trasformazione agiscano sulle tradizioni musicali di quest’area del mondo. Infatti, processi di globalizzazione, urbanizzazione, patrimonializzazione, mediatizzazione influenzano profondamente nella seconda parte del XX secolo e all’inizio del XXI le culture musicali del sud-est asiatico continentale ed insulare. I capitoli affrontano casi di studio basati su estese ricerche in Birmania, Cambogia, Laos, Vietnam e Indonesia (Giava e Sulawesi). Tra i principali temi affrontati troviamo il ruolo della musica nei processi di inculturazione promossi dalla Chiesa cattolica, nei culti di possessione, nelle diverse forme di teatro tra cui il teatro delle ombre. Sono anche presenti riflessioni sui processi di spettacolarizzazione delle musiche tradizionali e dell’adozione di nuovi strumenti musicali. Dal punto di vista del metodo, particolarmente originale è la combinazione di un approccio antropologico basato su estese etnografie con accurate analisi musicali.  Autori dei capitoli sono giovani ricercatori, in larga prevalenza italiani, che hanno studiato alla Università di Roma “La Sapienza” per poi prendere strade diverse nei loro studi dottorali e post-dottorali. Il volume, pubblicato in lingua inglese per consentirne una più larga fruizione a livello internazionale, prende le mosse da un progetto di ricerca di interesse nazionale (PRIN) su questo tema e da un seminario tenutosi alla Fondazione Cini nel 2017 ed è pubblicato con il contributo dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ciascun capitolo è corredato da una ricca documentazione audiovisiva accessibile attraverso dei QRcodes collocati nel testo che rinviano ad una sezione dedicata del sito dell’editore.

Ensemble Bîrûn 2016: I compositori Greci del maqâm ottomano  

I compositori Greci del maqâm ottomano è il quarto CD edito nella collana Intersezioni Musicali, promossa dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC) della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’editore Nota.

Come quelli che lo hanno preceduto, questo CD raccoglie i risultati di Bîrûn, seminario annuale di alta formazione in musica classica ottomana diretto dal Maestro Kudsi Erguner: esso contiene infatti il repertorio su cui hanno lavorato i partecipanti selezionati con borse di studio, eseguito pubblicamente durante il concerto con cui tutti gli anni si conclude il Seminario.

L’edizione 2016 di Bîrûn, da cui derivano le registrazioni per questo CD, è stata dedicata ai compositori greci attivi nell’Impero Ottomano. Per questi compositori, il sistema modale del maqâm e i generi intorno a cui si articolava la musica classica ottomana costituivano uno strumento condiviso con compositori appartenenti ad altre culture all’interno dello scenario cosmopolita costituito dall’impero nei secoli XVIII e XIX. Nell’ambito del sistema del maqâm, tuttavia, la musica dei compositori greci mantiene alcune interessanti peculiarità, in particolare evidenti in alcuni tratti popolareschi (a cui va associata, ad esempio, la predilezione per il genere della canzone şarki, come pure il contenuto testuale delle canzoni stesse, che oltre ai temi amorosi, piuttosto consueti, consiste spesso nella narrazione e nel commento di avvenimenti politici e sociali). Una delle ragioni della presenza di questi tratti è da ricercarsi nei contesti in cui si ritiene che – fino alla fine del XVIII secolo – queste musiche fossero prevalentemente eseguite. Molti musicisti greci infatti si esibivano, oltre che alla Corte ottomana e presso il Patriarcato ortodosso, in taverne dette meyâne, dove i musicisti turchi, poiché vi veniva servito il vino, non avevano accesso. Il şarki, genere “leggero” e più accessibile di altri, ebbe poi un successo tale da diffondersi ampiamente, a cavallo fra Settecento e Ottocento, presso la nascente classe borghese metropolitana.

Il CD presenta brani di alcuni fra i più importanti compositori greci di cui si tramanda la memoria, tra i quali spicca il nome di Petros Lampadarios (1730-1778). Alcune delle composizioni eseguite nel CD sono inedite, e sono state ritrovate e trascritte da Giannis Koutis in notazione moderna a partire da manoscritti in notazione bizantina conservati presso il Monastero Vatopedi, sul Monte Athos.

 

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology?

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology?

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology? è un volume che prende le mosse dalle ultime tre edizioni (2013-2015) del Seminario internazionale di etnomusicologia organizzato annualmente dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC), curato per un ventennio da Francesco Giannattasio. Il volume – a cura di Francesco Giannattasio e Giovanni Giuriati ed edito nella collana Intersezioni Musicali promossa dall’IISMC in collaborazione con l’editore Nota – raccoglie alcuni degli interventi di quei seminari, ampiamente rivisti per la pubblicazione.

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology? scaturisce da un’ampia riflessione riguardante le finalità, le metodologie e gli oggetti di studio dell’etnomusicologia alla luce dei profondi cambiamenti che interessano attualmente tale campo di studio. In particolare, si propone di affrontare un generale ripensamento – a livello teorico ed epistemologico – della storia della disciplina, con l’ambizione di offrire elementi di riflessione e analisi sul contributo che una nuova musicologia transculturale può offrire oggi all’indagine delle pratiche musicali contemporanee nel mondo.

La prima parte del volume è dedicata all’inquadramento di diversi possibili approcci teorici per lo studio delle musiche contemporanee in una prospettiva globale, comparativa e transculturale: alle sollecitazioni poste nel saggio introduttivo di Francesco Giannattasio rispondono nei loro interventi studiosi internazionali – e afferenti a diversi ambiti di studio – come Wolfgang Welsch, Lars-Christian Koch, Timothy Rice, Steven Feld, Jocelyn Guilbault e Jean-Loup Amselle.

Nella seconda parte del volume, diversi studiosi italiani (Giovanni Giuriati, Claudio Rizzoni, Giovanni Vacca, Raffaele Di Mauro, Maurizio Agamennone e Flavia Gervasi) presentano le loro riflessioni con riferimento alle rispettive ricerche effettuate in due contesti individuati come casi di studio: l’area della provincia di Napoli e quella del Salento.

(https://www.notamusic.com/prodotto/ethnomusicology-or-transcultural-musicology/)

I maftirîm e le opere degli ebrei sefarditi nella musica classica ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2016

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM04

Le quattordici tracce che compongono questo CD – il terzo a essere dedicato alla musica classica ottomana all’interno della collana Intersezioni Musicali, edita da Nota e promossa dall’IISMC – costituiscono una selezione tratta da repertori di compositori appartenenti alle comunità degli ebrei sefarditi, attive in ambito ottomano fin dal XIV secolo. Il CD è inoltre corredato da un libretto di 54 pagine contenente alcune note introduttive – in italiano e in inglese – a cura di Kudsi Erguner.

Come i precedenti, questo lavoro costituisce l’esito finale del progetto Bîrûn, un programma di alta formazione in musica classica ottomana che l’IISMC promuove dal 2012 presso la Fondazione Giorgio Cini.

I repertori composti dagli ebrei sefarditi – tema scelto per l’edizione 2015 di Bîrûn, durante la quale è stato registrato il CD – costituiscono un apporto importante al complesso mondo della musica classica ottomana. Una presenza molto antica e prolungata a Istanbul e in altre zone dell’Anatolia, unita a un veloce adattamento al sistema estetico e stilistico modale dei maqâm (che probabilmente derivava dalla passata consuetudine con la musica arabo-andalusa), fece sì che fin dal XV secolo gli ebrei iniziassero ad adottare tale sistema per comporre brani ad uso liturgico, dando vita a nuovi generi adatti alle proprie esigenze rituali. Particolarmente interessanti, a questo proposito risultano i maftirîm (“fine” o “chiusura”), brani consistenti nella messa in musica dei piyyutîm, componimenti poetici destinati alla cantillazione durante la conclusione dei riti in sinagoga (traccia 5). È questo un genere la cui genesi si deve anche ai numerosi contatti che le comunità sefardite ebbero con altre componenti del mondo ottomano e in particolare con le confraternite di dervisci mevlevî presenti in diverse zone dell’Impero, e che, nonostante sia rimasto in uso fino alla fine del XIX secolo, è stato poco documentato. Questa carenza di documentazione, unita ad altri fattori, ha contribuito a rendere quello dei maftirîm un genere – in passato e ancor di più oggi – eseguito in rarissime occasioni.

L’ambito di attività dei compositori ebrei non era limitato ai contesti interni della propria comunità: alcuni di essi, ad esempio, prestarono servizio a corte, arrivando in alcuni casi a godere di grande stima da parte dei sultani. Fra questi è sufficiente ricordare Izak Fresco Romano, detto tanbûrî Izak dal nome dello strumento che suonava e insegnava, il quale è considerato il più rappresentativo tra i compositori ebrei e il caposcuola del tanbûr moderno (traccia 14).

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Folk Daoist Ritual Music of North China. The Li family Doaist band

FOLK DAOIST RITUAL MUSIC OF NORTH CHINA 

The Li family Daoist band

a cura di Stephen Jones

Intersezioni Musicali – CD IM03

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E’ un DVD-book la terza pubblicazione che appare nella collana Intersezioni musicali, promossa dall’IISMC in collaborazione con l’editore Nota.

Si tratta della sintesi filmata di due concerti svoltisi rispettivamente presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, il 25 marzo 2012, e presso il Zhongshan Concert Hall di Pechino, l’8 ottobre 2012, curata da Stephen Jones, studioso che da anni conduce ricerche su queste musiche. Di Stephen Jones sono anche i testi del libretto che accompagna il DVD, sia in inglese che in italiano. Protagonista dei concerti è la famiglia Li, un gruppo di preti laici che ancora oggi opera nel nord della provincia dello Shanxi, che esegue una selezione dei repertori rituali daoisti opportunamente adattata per essere eseguita in forma spettacolare. Da nove generazioni, la famiglia Li, i cui attuali componenti sono tutti discepoli del grande maestro Li Qing (1926-1999), esegue elaborati rituali, tramandando oralmente le competenze musicali e rituali ai propri membri più giovani.

Il daoismo rituale si pratica ancora ovunque nella Cina contemporanea, comprese le aree rurali, dove piccoli gruppi, a carattere familiare, di specialisti laici del rito lavorano per portare benessere alle proprie comunità locali. Questi riti si inseriscono nella quotidianità delle comunità di villaggio: dalla celebrazione dei funerali a cerimonie che prevedono invocazioni e offerte alle divinità in cambio di benefici riguardanti ambiti della vita molto concreti come la salute o il lavoro agricolo; oltre a queste forme di “assistenza rituale” alle famiglie, i preti laici si occupano anche degli aspetti rituali di cerimonie ed eventi pubblici, come le fiere organizzate dai templi.

I riti daoisti presentano una componente musicale estremamente articolata che, in forma di concerto, si può apprezzare pienamente. Le otto tracce del DVD presentano esempi di musica rituale eseguita dai preti laici, utilizzata per dare forma al rito e scandirne le sequenze, oltre a rappresentare, in alcuni casi, una forma di intrattenimento. I repertori vocali sono costituiti dalla recitazione di mantra e di scritture e dal canto di inni alle divinità accompagnati da percussioni rituali, come, ad esempio, l’inno ‘Declamazione per la suprema grandezza’ (traccia 7). Tra gli strumenti utilizzati per i repertori rituali, oltre alle percussioni, figurano l’organo a bocca sheng e l’oboe guanzì. La musica strumentale assolve a diverse funzioni che vanno dall’accompagnamento di processioni, all’inserimento di intermezzi comici che interrompono le sequenze più strettamente cerimoniali nel corso di alcuni riti come, ad esempio, nei vivaci ‘Brani tratti dal teatro d’opera locale, con sequenze buffe’ (traccia 4).

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Compositori armeni nella musica classica ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2014

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM02

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Questo CD è il secondo – all’interno della collana Intersezioni Musicali, promossa dall’IISMC ed edita da Nota – dedicato alla musica classica ottomana.

Come il precedente, Compositori alla corte ottomana, esso costituisce l’esito fortunato di Bîrûn, un programma annuale di incontri promosso dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati che mira, attraverso la formazione di un ensemble temporaneo diretto dal Maestro Kudsi Erguner e formato da giovani musicisti, ad approfondire vari aspetti della musica classica del mondo ottomano-turco. I musicisti, selezionati tramite un bando internazionale, prendono parte a una settimana di lavoro in residence presso la Fondazione Giorgio Cini, i cui risultati vengono poi presentati in un concerto pubblico presso la Fondazione stessa e confluiscono nella pubblicazione di un CD.

Registrato nel corso dell’edizione 2013 dei seminari Bîrûn, questo lavoro è dedicato all’esplorazione dei repertori di musica ottomana composti da autori armeni. Da non confondere con forme espressive aventi un carattere nazionale turco o comunque strettamente “etnico”, la tradizione del maqâm è caratterizzata da uno sviluppo storico segnato da numerosi apporti e commistioni estetiche e stilistiche, coerenti con l’impronta multiculturale e multietnica dell’Impero Ottomano e specialmente della sua capitale. Sviluppatasi a partire dal XV secolo fino al crollo dell’Impero, la musica classica ottomana ha assorbito e rielaborato elementi stilistici e repertori provenienti non solo dal mondo islamico, ma anche altre culture tra cui quelle azera, persiana, armena, ebraica e greca, inizialmente grazie alla presenza di acemî – “esperti stranieri” spesso prigionieri di guerra – e successivamente grazie alla presenza di compositori provenienti dalle diverse provincie dell’Impero e dall’estero, appositamente giunti a Istanbul grazie alla sua crescente capacità di attrazione. L’apporto degli armeni alla tradizione musicale del maqâm è stato corposo ed esteso nel tempo; tale apporto è evidente nel contributo dato allo sviluppo del genere poetico-musicale dello şarki e nella diffusione del sistema di notazione neumatica Hampartzum notası, messo a punto da quello che può essere considerato il “padre” dei compositori armeni, Hampartzum Limonciyan (tracce 3 e 13) e divenuto in seguito il più usato in ambito ottomano. Tra gli altri numerosi compositori armeni di una certa rilevanza in ambito ottomano, vanno menzionati Bimen Sen (tracce 8, 10 e 11) – noto per la bellezza del sua voce e per la sua ampia produzione nell’ambito del genere poetico-musicale del (dello?) şarkı – Nikoğos Ağa Melkoyan (traccia 7) e Tatyos Enkserciyan Efendi (traccia 18).

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Compositori alla corte ottomana

Ensemble Bîrûn. Direttore artistico: Kudsi Erguner

ANNO: 2013

Nota Edizioni, Udine

Intersezioni Musicali – CD IM01

Questo CD – con il quale si inaugura la collana Intersezioni Musicali, promossa dall’IISMC in collaborazione con la casa editrice Nota di Udine – contiene sedici brani brani tratti da repertori di musica classica ottomana eseguiti dall’Ensemble Bîrûn sotto la guida del maestro Kudsi Erguner. Il CD è inoltre corredato da un libretto di 54 pagine contenente alcune note introduttive – in italiano e in inglese – a cura di Giovanni De Zorzi e Kudsi Erguner.

Bîrûn, di cui questo CD documenta i frutti della prima edizione (2012), è un programma di alta formazione nell’ambito della musica classica del mondo ottomano promosso dall’IISMC. Il progetto prevede la formazione di un ensemble temporaneo di giovani musicisti provenienti da diversi paesi, selezionati attraverso un bando internazionale. Dopo una settimana di incontri intensivi presso la Fondazione Giorgio Cini, volti all’approfondimento di uno specifico repertorio, l’ensemble presenta i frutti del proprio lavoro esibendosi in un concerto pubblico e registrando un CD.

I brani proposti nel CD attingono a repertori composti da autori appartenenti a diverse comunità etniche e religiose presenti nell’Impero Ottomano – e soprattutto a Istanbul – a partire dal XV secolo. L’intento di questo lavoro è infatti quello di permettere di apprezzare il contesto sostanzialmente cosmopolita che ha fatto da sfondo alla genesi del mondo musicale ottomano, in passato a volte frainteso ed erroneamente definito “musica d’arte turca”. Si tratta invece di una tradizione musicale composita che ha saputo avvalersi, nei cinque secoli che hanno segnato il suo sviluppo fino alla decadenza che ha di poco preceduto la fine dell’Impero, di numerosi apporti e che ha conosciuto diverse declinazioni corrispondenti ai vari contesti in cui veniva composta ed eseguita: la corte dei sultani, ma anche le cerchie di “amatori” appartenenti alle élite dell’Impero, nonché contesti religiosi e specificamente rituali (quelli delle comunità di ebrei sefarditi e, in parte, delle confraternite sufi). Lo scenario composito fin qui delineato emerge con nettezza se si guarda ad alcune tra le principali figure di compositori attivi in ambito ottomano. Vi figurano infatti membri della corte e persino sultani come Selim III (traccia 13) e Mahmud II (traccia 14), ma anche discepoli della confraternita dei dervisci mevlevî, come BuhurîzâdeMustafa Itrî Dede (traccia 6); figure di rilievo vi sono poi anche i sefarditi come Aron Hamon (traccia 4) gli armeni, tra cui il più noto è Hampartzum Limonciyan (tracce 2 e 10), e i greci, con la figura, ad esempio, di Petros Lampadarios (traccia 8). All’inizio della sua progressiva decadenza, il mondo della musica ottomana vide anche la presenza di un compositore italiano, Giuseppe Donizetti (fratello del più noto Gaetano), il quale tuttavia, pur avendo composto anche secondo i dettami del sistema musicale ottomano (traccia 16), è ricordato soprattutto per aver fortemente contribuito a diffondere, a partire dal 1828, la notazione e repertori occidentali presso la corte di Istanbul.

Vero e proprio “linguaggio” musicale condiviso dalle diverse componenti dell’Impero, la musica classica ottomana ha sviluppato un corposo sistema estetico e stilistico non meno articolato di quello che caratterizza la musica d’arte occidentale, alla base del quale vi è il sistema modale denominato maqâm, mutuato, come la presenza di intervalli micro tonali nelle scale, dalla cultura araba. Fra quelle che possono essere invece considerate peculiarità del sistema musicale sviluppato in ambito ottomano rispetto quelli propri delle aree circostanti vi è la fioritura di una componente metrico-ritmica estremamente articolata, basata su cicli ritmici di varia complessità, e la presenza predominante della forma detta fasıl, una sorta di suite all’interno della quale si incardinavano forme compositive diverse ma accomunate dall’adozione di un maqâm, che veniva palesato ed “esplorato” durante il  Taksîm, un’introduzione strumentale improvvisata affidata a uno o più solisti.

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