La musica dei tamburi batá consiste nell’esecuzione di figure ritmiche chiamate toques. Ciascuna toque è il risultato della sovrapposizione delle parti eseguite sulle sei pelli del conjunto. Nella sua forma base, un toque si presenta come una breve sequenza che si ripete ciclicamente.
L’orun seco, eseguito all’inizio del Toque de santo, costituisce la parte più affascinante del repertorio dei batá. Si tratta di una lunga suite strumentale in cui vengono eseguiti toques dedicati a ventiquattro diversi orichas. A ogni oricha sono associati uno o più toques. Mentre la successione degli orichas segue rigorose norme religiose, la durata di ciascun toque può variare. È compito del suonatore di iyá, lo strumento che guida l’ensemble, decidere quando passare da un toque al successivo.
Il primo video presenta un orun seco eseguito durante una cerimonia tenutasi a La Habana il 29 giugno 2011 di cui vengono mostrati i toques dedicati ai primi quattro orichas: Eleguá, Ogun, Ochosi e Obaloke. Ciascun oricha è associato a un numero variabile di toques, identificati da nomi in lingua lucumí. Per Eleguá si eseguono tre toques denominati Latopa, Bobo Araye e Abukenke. Un solo toque è rivolto a Ogun e a Obaloke, mentre quello per Ochosi, chiamato Agueré, si articola in sette sezioni.
Nelle fasi centrali della cerimonia, conosciute come orun cantado, i tamburi accompagnano il canto. Per ogni divinità, sono tramandate diverse decine di canti in lingua lucumí. Questi canti sono generalmente di breve durata e vengono organizzati in cicli dedicati a uno stesso oricha.
L’awpon, il maestro di cerimonia, ha il compito di selezionare quali canti eseguire, tenendo conto sia degli aspetti di natura religiosa (come il contenuto del testo o la fase del rituale), sia di quelli musicali. Solitamente, i canti che si accompagnano con i toques più concitati vengono proposti alla fine di un ciclo.
La durata di un ciclo di canti può variare a seconda delle reazioni dei partecipanti e degli effetti che suscita su chi mostra i segni della possessione. L’awpon, in qualità di maestro di cerimonia, ha la libertà di modulare la durata di un ciclo di canti, allungandoli secondo la necessità o introducendone di nuovi.
I canti dedicati agli orichas hanno forma responsoriale, con l’alternanza tra una voce solista e il coro. Le parti corali sono generalmente fisse e sono conosciute a memoria dai credenti che partecipano alle cerimonie, mentre i novizi imparano a cantarle per imitazione. Il solista, invece, gode di una certa libertà di improvvisazione. Partendo da melodie e testi noti, l’awpon propone variazioni ritmiche e melodiche che gli consentono di affermare uno stile personale. Le variazioni possono riguardare anche il testo; ad esempio, è comune che i canti rivolti a un oricha maschile siano preceduti o intervallati dall’invocazione babá (padre), mentre quelli per una divinità femminile contengano l’invocazione iyá (madre).
Il secondo video presenta alcuni esempi dei canti eseguiti durante un orun cantado, dedicati agli orichas Eleguá, Babalu Aye e Orula. Per ciascun canto, vengono forniti il testo in lingua lucumí, la trascrizione su pentagramma della parte corale e il profilo melodico dell’intonazione dell’awpon.