Fig. 2.1. I tamburi batá eseguono un orun seco davanti al trono. La Habana, 2011.
Fig. 2.2. Una santera saluta i tamburi che accompagnano il canto per l’oricha a cui è consacrata durate un orun cantado. La Habana, 2011.
Fig. 2.3. Canti e danze durante la llamada al santo. La Habana, 2011.
Fig. 2.4. L’awpon incita i partecipanti al rito durante la llamada al santo. La Habana, 2011.
Fig. 2.5. Canti e danze collettive durante il wemilere. La Habana, 2011.
Fig. 2.6. Una santera manifesta i primi segni della possessione durante una cerimonia. La Habana, 2010.
La pratica religiosa della Santería è incentrata principalmente sul culto degli orichas. Ad essi è rivolto il rituale del Toque de santo, che consente di invocare le divinità tramite il canto, la danza e il ritmo dei batá. La presenza dei tamburi sacri è fondamentale, tanto che la cerimonia nel suo complesso viene spesso denominata Tambor.
Un Toque de santo può essere celebrato per commemorare una ricorrenza, invocare una grazia, chiedere aiuto per fronteggiare una difficoltà, ringraziare per una benevolenza ricevuta. La musica e la danza favoriscono il raggiungimento di uno stato non ordinario di coscienza da parte di uno o più partecipanti al rito, che i credenti interpretano come la possessione del corpo da parte di un oricha.
Di norma, la cerimonia viene organizzata da un credente presso la propria abitazione. Per tutta la durata del rito, la casa assume la valenza di un tempio in cui ogni ambiente ha una specifica funzione. Igbodu è la stanza sacra dove si allestisce il trono, una sorta di altare adornato di stoffe colorate, fiori, frutti, cibo, e oggetti riconducibili all’oricha che si intende invocare. Eyá aranla è il luogo in cui si svolge la parte pubblica della cerimonia. Si tratta dell’ambiente più ampio della casa, solitamente un salone oppure un patio. Vi è poi una terza stanza, più appartata, detta cuarto del santo. Il suo utilizzo è riservato al Santo, ovvero al credente che, raggiunta la trance, si ritiene sia stato posseduto dall’oricha.
Pur svolgendosi in una abitazione privata, il Toque de santo è una festa religiosa dal carattere inclusivo. Solitamente, il promotore invita a partecipare i componenti della propria famiglia religiosa, i parenti, gli amici, i vicini di casa. Per la buona riuscita del rito è inoltre necessaria la presenza di alcuni operatori del sacro: professionisti del culto che vengono retribuiti per i loro servizi. Oltre ai suonatori dei tamburi batá, sono di fondamentale importanza l’awpon e il bailarín.
L’awpon può essere sia un uomo che una donna. Il suo compito è quello di intonare i canti durante la cerimonia. Tuttavia, non si tratta di un semplice cantante. Prima ancora che per le sue doti vocali, l’awpon viene scelte per la conoscenza dei canti adatti alle diverse fasi del rito. La sua funzione è quella di un maestro di cerimonia che, attraverso il canto, coordina le azioni rituali e governa il processo che porterà al raggiungimento della trance.
L’altra figura indispensabile per la buona riuscita del rito è il bailarín (o la bailarina, quando si tratta di una donna). A discapito del nome, anche in questo caso non si tratta di un semplice danzatore. La sua principale caratteristica è quella di essere un caballo de santo (cavallo del santo), ovvero di avere una predisposizione e le conoscenze necessarie per accogliere nel proprio corpo uno spirito. In teoria, qualunque santero può essere posseduto da un oricha, ma durante un Toque de santo il bailarín è solitamente colui che per primo raggiunge lo stato di trance più profonda fino ad assumere il ruolo del Santo.
Il Toque de santo si articolare in cinque fasi ben distinte:
Orun seco è la parte iniziale del rituale, che si tiene nell’igbodu, la stanza del trono. Qui, i tre suonatori di batá si dispongono davanti all’altare per eseguire una lunga successione di figure ritmiche dedicate a ventiquattro diverse divinità. Per i credenti, l’orun seco rappresenta uno dei momenti più sacri di tutto il Toque de santo.
Terminato l’orun seco, i suonatori di batá si spostano nel salone principale, dove i partecipanti si dispongono di fronte agli strumenti per dare inizio all’orun cantado. In questa fase, i tamburi accompagnano l’awpon, che intona cicli di canti in lingua lucumí dedicati ai ventiquattro orichas, seguendo lo stesso ordine proposto nell’orun seco. La voce solista si alterna con un coro formato dai tamboreros e da tutti i partecipanti al rito, che cantano e danzano contemporaneamente. Quando l’awpon intona i canti per un determinato oricha, tutti i santeros da esso consacrati si inchinano di fronte ai tamburi per rendere omaggio ad Aña.
Al termine dell’orun cantado si passa alla llamada al santo. In questa fase, l’awpon intona una lunga sequenza di canti dedicati all’oricha in onore del quale si svolge la cerimonia. Tutti i presenti partecipano attivamente, cantando, ballando e battendo le mani a tempo per invocare la discesa dell’oricha sulla terra. Se la chiamata è efficace, il bailarín si avvicina ai tamburi danzando in maniera sempre più concitata. Quando si distende a terra di fronte ai tamburi è segno che la possessione è avvenuta. La musica cessa all’improvviso, e da quel momento il bailarín viene considerato l’incarnazione terrena del Santo.
Il processo che porta al raggiungimento della trance ha natura sacra e segreta, ragione per cui molti santeros non consentono che venga filmato e reso pubblico. Nel rispetto della loro volontà, in questa guida viene mostrato solo qualche fotogramma delle fasi iniziali della possessione.
Una volta avvenuta la possessione, il Santo viene accompagnato nella stanza a lui riservata, dove i credenti gli offrono cibo e bevande. Dopo aver indossato gli indumenti e gli accessori che identificano l’oricha invocato, il Santo convoca alcuni dei presenti per dispensare buoni consigli e richiedere la celebrazione di ulteriori riti. Nel frattempo, nel salone principale ha inizio il wemilere, una sorta di festa religiosa durante la quale l’awpon, sempre accompagnato dai tamburi, continua a eseguire canti dedicati agli orichas. I partecipanti cantano, ballano e si divertono.
La fase finale del rito, il cierre, inizia quando il Santo termina le consultazioni e si dirige nuovamente verso il salone principale. A partire da quel momento, i tamburi suonano una successione di toques dedicati sia agli orichas che agli antenati (egun). All’inizio della cerimonia, un secchio contenente un infuso di acqua ed erbe magiche che si ritiene sia in grado di catturare le influenze negative viene nascosto in un angolo della casa. Durante il cierre, il secchio viene portato nel salone principale, fatto roteare davanti all’iyá e svuotato fuori dalla casa. Al termine di questo ultimo atto rituale, l’awpon intona due brevi cicli di canti in onore di Eleguá e Olokun, segnalando così la conclusione del Toque de santo.