La raccolta delle maioliche rinascimentali appartenne a Vittorio Cini, il quale, intenzionato a costituire un corpus omogeneo di contenitori da spezieria di ambito o tipologia veneziana da esporre nelle sale del castello di Monselice, aveva reperito gli esemplari, quasi tutti di pregevole fattura, presso il mercato antiquario. Nel 1962 le maioliche venivano trasferite all’Isola di San Giorgio, a seguito della donazione del conte Cini, per essere collocate sulla sommità delle librerie della sala dedicata a Nino Barbantini, figura di rilievo nel panorama culturale veneziano della prima metà del ‘900, cui si deve il disegno complessivo delle collezioni d’arte del conte e che ricoprì l’incarico di primo Presidente della Fondazione.
Il nucleo più consistente e qualitativamente significativo della raccolta è rappresentato dal gruppo di 23 vasi a corpo globulare e orlo gittato (‘boccia’), utilizzati come contenitori da farmacia, interamente accostabili alla bottega di uno dei più importanti maiolicari veneziani del Cinquecento: Domenico da Venezia, alla cui attività sono attribuibili numerose tipologie della maiolica veneziana prodotta tra il 1550 e il 1580. I vasi, dall’inconfondibile policromia caratterizzata da smalti lucenti in cui dominano i gialli, le ocre, gli azzurri e i verdi, recano cartouches entro le quali campeggiano figure di santi e teste di fantasia, soggetti di repertorio mediati probabilmente da fonti incisorie. La qualità della smaltatura, il tratto deciso e raffinato – che nell’esemplare con la testa virile barbuta di profilo raggiunge esiti di altissima qualità –, l’ampia rappresentazione delle tipologie di ornato, fanno del corpus Cini una delle più importanti collezioni nella produzione della maiolica veneziana rinascimentale.
La raccolta conta altri esemplari di produzione italiana di sicuro interesse: un gruppo di quattro vasi da farmacia recanti il simbolo bernardiniano “IHS”, riferibili ad ambito veneto e databili al XVI secolo; una coppia di vasi ovoidali di manifattura palermitana del Cinquecento; un albarello (recipiente cilindrico usato come contenitore per spezie e preparati farmaceutici) di manifattura trapanese della prima metà del XVII secolo. Curiosa la presenza di un bruciaprofumi dalla raffinata smaltatura azzurra graffita con girali, di probabile provenienza turco-selgiuchide e databile tra XII e XIII secolo.
Presso la Galleriadi Palazzo Cini a San Vio, esposto nel salottino ovale del piano nobile della residenza del conte Cini sul Canal Grande, si conserva uno splendido servizio da tavola in porcellana dura realizzato presso la manifattura veneziana creata nel secondo Settecento dal ceramista modenese Francesco Antonio Geminiano Cozzi: composto da 275 pezzi, il ricco apparato, donato alla Fondazione da Yana Cini Alliata di Montereale nel 1981, è caratterizzato da elementi decorativi che rimandano alla produzione matura di Cozzi, in equilibrio tra forme tardo rococò (foglie rocaille, lumeggiate in oro, che recano testine nei manici dei cachepot e delle verrières, riccioli a voluta con filettature preziose sui coperti delle salsiere, il repertorio floreale con tulipani, margherite, roselline) e gusto neoclassico, come si evince dalla foggia delle gelatiere.