Gaspare Galliari, Porticato e cortile, matita, penna e acquerello, carta bianca
Pietro Gonzaga, Luogo orrido, matita, penna e acquerello, carta bianca
Pietro Gonzaga, Atrio di castello, matita, penna e acquerello, carta bianca
Pietro Gonzaga, Padiglione magnifico, matita, penna e acquerello, carta bianca
Alessandro Sanquirico, Rovine egizie, matita, penna e acquerello, carta gialla
Alessandro Sanquirico, Portico rustico, matita, penna e acquerello, carta bianca
Paolo Donati, Salone classico, matita, penna e acquerello, carta azzurra
Giovanni Battista Donghi, Tempio classico, matita, penna e acquerello, carta gialla
Felice Donghi, Atrio di un chiostro gotico, matita, penna e acquerello, carta gialla
Frutto di un collezionismo legato alla trasmissione dei modelli all’interno delle pratiche di bottega, la raccolta dei trecentoventisette disegni scenografici, provenienti dalla più ampia silloge appartenuta a Daniele Donghi (Milano, 1861 – Padova, 1938), rappresenta una testimonianza importanza della cultura scenografica a Milano del Settecento e dell’Ottocento. I disegni furono acquistati da Vittorio Cini nel 1962, contestualmente all’acquisto della collezioni grafiche di Giuseppe Fiocco e della silloge antiquaria denominata Fissore Pozzi, presso il libraio milanese Elfo Pozzi, prontamente segnalate da Tammaro De Marinis al mecenate, che le donò immediatamente alla Fondazione Cini per l’erigendo Gabinetto dei Disegni e delle Stampe.
La genesi della raccolta è da collegarsi al processo di tesaurizzazione di disegni di scenografia, e ai connessi fini pratici di costituzione di campionari di modelli e idee progettuali, da parte di Felice Donghi (Milano, 1828 – Torino, 1887), pittore prospettico, paesaggista, architetto e scenografo, tra i protagonisti della cultura teatrale milanese nel secondo Ottocento in coppia con il più anziano fratello Giovanni Battista Donghi, al quale si riconosce il ruolo di probabile iniziatore della collezione. Si dovrebbe proprio a Giovanni Battista, del quale sono presenti nella raccolta cinquantasei schizzi scenografici, il nucleo di disegni più antichi di Giulio Traballesi, Giovanni Perego e di Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio Galliari, fratelli e membri della celebre famiglia piemontese di quadraturisti, decoratori e scenografi attiva in tutta Europa. Lo stesso nucleo di bozzetti di Pietro Gonzaga potrebbe risalire al collezionismo di Giovanni Battista Donghi, tramite Gaspare Galliari, allievo del Gonzaga, che fu attivo per i principali teatri italiani, dalla Scala e alla Fenice, per poi essere chiamato in Russia, con l’appoggio del principe Nikolaj Borisovič Jusupov, ad operare per i teatri imperiali di Pietroburgo e Mosca. Il proficuo inserimento di Felice Donghi nell’ambiente teatrale milanese e lo stretto rapporto con Alessandro Sanquirico, tra gli scenografi più importanti e celebrati della sua epoca che riconobbe in Felice Donghi uno dei suoi più dotati allievi, potrebbero spiegare la presenza nella raccolta dei novantacinque disegni di Sanquirico. Va attribuito probabilmente a Felice Donghi, di cui si contano a sua volta cinquantuno disegni nella silloge, il ruolo di sistematico raccoglitore di scenografie legate al coté formativo e professionale della famiglia, cui si aggiunge anche il fratello Alessandro Luigi; ai materiali da lui raccolti (si contano anche schizzi e bozzetti di Francesco Cocchi, Lorenzo Sacchetti e Paolo Donati), si dovettero aggregare quelli appartenuti a Giovanni Battista, che nel 1865 nominò il fratello Felice erede dei suoi beni. Alla morte di Felice, la raccolta passò al figlio Daniele Donghi, tra i protagonisti della cultura architettonica e ingegneristica a cavallo tra Otto e Novecento, costruttore di teatri all’avanguardia, rivoluzionario introduttore e sperimentatore del cemento armato, fondatore di riviste di architettura e dal 1904 ingegnere capo dei Lavori Pubblici del Comune di Padova, dove fu professore ordinario nella Facoltà di Ingegneria e dove morì nel 1938. Alla sua morte la raccolta, custodita nell’abitazione padovana di Daniele Donghi, passò alle figlie Costanza, Emma e Guglielmina, poi frazionata in due parti alla morte di quest’ultima nel 1945. La sezione toccata ad Emma Donghi fu sottoposta al vaglio del professore Giuseppe Fiocco nel 1942, divenendo poi oggetto di studio da parte dell’allieva Elena Povoledo, che nel 1948 consultò la raccolta presso la villa di Emma a Romagnano, dove era stata condotta per sottrarla ai rischi bellici; nel 1950 duecento scenografie di questo nucleo furono esposte al Teatro Eliseo di Roma. Negli anni successivi Emma vendette, in più riprese, i suoi disegni allo stesso Fiocco, che in parte aggregò alla sua collezione di disegni veneti, alienata successivamente, insieme alla raccolta Donghi, al libraio Pozzi.
La raccolta è stata integralmente pubblicata nel catalogo Le carte riscoperte. I disegni delle collezioni Donghi, Fissore, Pozzi alla Fondazione Giorgio Cini, a cura di G. Pavanello, Venezia 2008.