Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Annunciazione, tempera e olio su tavola, 1506-1508
Heredes Pauli, Adorazione dei Magi, olio su tela, fine XVI secolo
Giovanni Coli e Filippo Gherardi, Mercurio e il Genio alato, olio su tela, 1667-1668 (dal ciclo di tele della biblioteca seicentesca di Baldassare Longhena)
Giovanni Battista Ruoppolo (bottega), Natura morta con fiori e frutta, olio su tela, ultimo quarto del XVII secolo
A. Sangiovanni, Vaso con fiori e pappagallo, olio su tela, 1716 ca.
Marco Benefial, Ritratto di Ferdinando Filippo Bernualdo Orsini, duca di Gravina, olio su tela, 1730 ca.
Marco Benefial, Ritratto di Giacinta Ruspoli Marescotti Orsini, olio su tela, 1730 ca.
Giovanni Antonio Pellegrini, San Lorenzo Giustiniani e san Giorgio, secondo decennio del XVIII secolo
Francesco Liani, Ritratto di re Ferdinando IV di Borbone, olio su tela, settimo decennio del XVIII secolo
Accanto ai dipinti permanentemente esposti presso la Galleria di Palazzo Cini, tutti provenienti dalle raccolte d’arte di Vittorio Cini e musealizzati per volontà degli eredi, la Fondazione Giorgio Cini annovera molti altri dipinti antichi conservati presso gli spazi monumentali dell’Isola di San Giorgio, anch’essi in larga parte provenienti dalla collezione del conte Cini e trasferiti a più riprese, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, dal Castello di Monselice e dalla residenza di Cini sul Canal Grande. Tra le opere già Cini vanno segnalati alcuni capolavori di grande pregio, come la tavola con l’Annunciazione (1506-1508) di Benvenuto Tisi detto il Garofalo, grande pala d’altare realizzata dal ferrarese durante la giovanile permanenza mantovana, sotto l’egida di Lorenzo Costa, che proviene dal convento olivetano di San Cristoforo a Mantova e che Vittorio Cini acquistò nel 1958 dalla collezione inglese Cook di Richmond; o la singolare tela con La Resurrezione di Lazzaro di Giuseppe Porta detto il Salviati, di provenienza originaria ignota, che si colloca tra i capolavori dell’artista toscano, in quel crinale d’anni (1540 ca.) in cui la maniera tosco-romana penetra a Venezia, fondendosi con l’esperienza di Tiziano e Bonifacio Veronese. Sempre provenienti dalle raccolte di Vittorio Cini, vanno segnalati: il polittico tardogotico di Lorenzo da Venezia (Ceneda Master), opera costituita da parti originali e rifacimenti in stile di un abile falsario di fine Ottocento; un’icona d’altare con l’Odighitria di madonnero greco-cretese collocabile a inizio Seicento; La caduta della manna di Paolo Fiammingo, esempio di qualità della produzione dell’anversese attivo a Venezia influenzato dalla materia tintorettesca; la tela con L’Adorazione dei Magi vicina alla cultura di Paolo Veronese (Heredes Pauli ?), dotata di una magnifica cornice intagliata e dorata coeva; tre nature morte napoletane (una accostata alla maniera di Giovanni Battista Ruoppolo), rappresentative della ricca collezione di genere che il conte Cini aveva raccolto nel suo palazzo veneziano; il Ritratto del re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, oscillante tra il napoletano Giuseppe Bonito e l’emiliano Francesco Liani, entrambi attivi come pittori alla corte di Napoli alla metà del Settecento.
Altri dipinti provengono invece da donazioni e lasciti differenti, tra i quali quello dell’Ammiraglio Corso Pecori Giraldi (la bellissima coppia di ritratti aulici di primo Settecento con Filippo Bernualdo Orsini Duca di Gravina e la moglie Giacinta Ruspoli Marescotti, attribuita al romano Marco Benefial); o quello dell’architetto e ingegnere vicentino Fausto Franco, Ispettore Centrale per le Antichità e Belle Arti e docente di Caratteri stilistici e costruttivi dei Monumenti allo IUAV (il bozzetto settecentesco di Giovanni Antonio Pellegrini con I santi Lorenzo Giustiniani e Giorgio). Tra le recenti donazioni (2017) si colloca quella disposta da Fortunata Manzelli in memoria del fratello Mario, studioso di vedutismo veneziano del Settecento di cui la Fondazione Cini conserva la biblioteca e la fototeca: un nucleo di diciotto dipinti acquistati da Mario Manzelli presso il mercato antiquario veneziano, tra i quali spiccano una Madonna con il Bambino su tavola dell’ambito di Cima da Conegliano; una coppia di Scene galanti accostabili al pennello di Nicolas Lancret; e una bella tela con Rebecca al pozzo di Girolamo Brusaferro, il garbato settecentista che media la cultura classicista di Bambini, Molinari, Bellucci, Balestra con le istanze rococò di Sebastiano Ricci.