Donato alla Fondazione Cini nel 1968 da Vittorio Cini, l’Album di caricature di Antonio Maria Zanetti il Vecchio rappresenta, insieme all’esemplare di Windsor, appartenuto al console Joseph Smith, e a quello dell’Israel Museum di Gerusalemme, già di Francesco Algarotti, una pagina fondamentale della civiltà veneziana del Settecento. Composto da 77 fogli su cui sono montate 350 caricature (variamente datate tra gli anni venti e gli anni cinquanta), frutto perlopiù della mano di Zanetti ma anche dell’amico pittore Marco Ricci, esso compone un’irriverente galleria di «abati, preti, pittori amici (…), camerieri, nutrici e gastaldi, e gente di teatro come cantanti, ballerine, attrici, suonatori, suggeritori, copisti, autori, tutto quel mondo insomma che gravitava e viveva sul boom del melodramma» (Bettagno 1969): una comédie humaine in cui viene esplorata, sotto la lente deformante dell’esagerazione e del lazzo liberatorio, la geografia psicologica e sociale del cosmopolita milieu veneziano frequentato dal collezionista, incisore ed erudito poligrafo. La loro penna stigmatizza caratteristiche fisiche, difetti, vanaglorie delle ‘vittime’ designate, rivelando il lato elusivo, estroso, ironico della sensibilità veneziana.La galleria dei ‘ritratti’, aperta dalla più aulica e istituzionale effigie di Antonio Maria Zanetti incisa da Giovanni Antonio Faldoni, si snoda, foglio dopo foglio, attraverso un abile montaggio delle singole caricature che enfatizza il paradigma umoristico. Nel microcosmo che ne scaturisce, ampia è la gamma umana dei protagonisti di questa satira, a volte caustica, spesso bonaria. Nutrita è la galleria dei cantanti, ritratti nei panni di scena: tra questi i castrati Antonio Maria Bernacchi, Francesco Bernardi detto il Senesino, Andrea Pacini detto il Lucchesino, Nicola Grimaldi e il celebre Carlo Broschi detto Farinelli, divi canori del teatro musicale veneziano ed europeo; e tra le soprano non manca la veneziana Faustina Bordoni, di fama internazionale, accanto alla parata di altrettante virtuose del canto, da Margherita Durastanti a Rosa Ongarelli, da Rosaura Mazzanti a Marianna Benti Bulgarelli detta la Romanina, da Anna Maria Mangani ad Antonia Negri Tomi detta la Mestrina. Non solo cantanti di melodrammi e intermezzi; la penna icastica, che esagera, deforma, riscrive i tratti somatici, è rivolta anche ad attori e ballerini, preti e sensali, membri dell’aristocrazia ed ecclesiastici, compositori e maestri di musica, padroni e servitori, veneziani e ‘foresti’. Un posto speciale è riservato agli artisti, amici e membri di famiglia, da Sebastiano Ricci a Rosalba Carriera, da Francesco Fontebasso a Gaspare Diziani. Nella rappresentazione del gioco delle parti, a completare la rassegna, non mancano le caricature che i due autori eseguono di se stessi: la cavalcata di Zanetti in visita a Marco Ricci, affettuosa testimonianza del loro forte legame; l’autoritratto, di comica consapevolezza, che Marco Ricci invia all’amico, in cui si presenta in veste da camera, con la papalina in testa, affetto dai dolori e con il viso butterato per i segni del vaiolo (nella stessa pagina, in alto, è presente una caricatura di Antoine Watteau, con l’effigie ipotetica di Francesco Pittoni mentre segue il trasporto di alcuni dipinti a Parigi); o ancora, l’icastico autoritratto di Zanetti mentre esce dalla bara sotto forma di uno scheletro ghignante, forma estrema di smascheramento. «La caricatura di Zanetti e Marco Ricci, caratterizzata dalla regressione allo stile ‘scarabocchio’, è smascheramento di personaggi della propria cerchia per recuperarli come individualità indifese fuori dal travestimento, dell’enfatizzazione teatrale e del processo di sottile idealizzazione di cui la ritrattistica contemporanea (Rosalba Carriera) li gratifica. (…) In questo modo lo spirito caricaturale opera un livellamento verso il basso, abolisce le distanze sociali» (Mariuz 1986).Nel manoscritto con l’Indice dei Libri della biblioteca di Antonio Maria Zanetti di Girolamo il Vecchio (1680-1767) vengono menzionate le “caricature diverse” in folio, da identificarsi proprio con l’Album di caricature Cini. Scomparso anche l’omonimo cugino Antonio Maria Zanetti di Alessandro nel 1778 e dispersa la ricca collezione Zanetti – nota per le stampe di Dürer, Parmigianino, Rembrandt e per la celebre raccolta dei cammei – i fogli, postillati dal marchese bolognese Francesco Albergati Capacelli, furono venduti, finendo nelle mani del nobile polacco Aleksander August Zamoyski, forse con la mediazione di Antonio Zucchi e Angelica Kauffmann, ritrattista in Roma del padre di Zamoyski. Entrati successivamente nelle collezioni Poniatowski, forse nella raccolta del principe Stanislao, nipote dell’ultimo sovrano di Polonia, furono successivamente dispersi. A ritrovarli a Parigi, presso il libraio Galanti, e poi a Milano presso il libraio Carlo Alberto Chiesa, fu il bibliofilo e studioso Tammaro de Marinis, consulente e agente di Vittorio Cini, che prontamente glieli segnalò, consentendo così la riaggregazione dell’album al patrimonio culturale veneziano. L’album Cini è stato oggetto di una ricerca e di uno studio sostenuto e finanziato dal comitato americano di salvaguardia del patrimonio culturale veneziano Save Venice Inc.; studio confluito nel catalogo: E. Lucchese, L’Album di caricature di Anton Maria Zanetti alla Fondazione Giorgio Cini, Venezia 2015.