Fig. 3.1. Un velorio de angelito, nel XIX secolo. Dipinto di Antonio Caro (1835-1903).
Contesti d’uso
In quanto espressione organica al mondo contadino, il canto a lo poeta ne riflette i ritmi, il calendario e i rituali. Tradizionalmente, le performance dei cantori si svolgono in spazi privati, nelle case, su invito dei padroni di casa, che offrono agli invitati ospitalità, cibo e bevande. Il canto a lo humano è intonato in occasione di feste di matrimonio, battesimi e compleanni, o in momenti di riposo e svago, al termine di una giornata di lavori agricoli comunitari, o anche ai margini di una festa religiosa. Nelle stesse occasioni trova il suo spazio tradizionale anche la paya, duello di improvvisazione poetica. Si canta invece a lo divino durante le veglie in occasione di funerali, novene, o ricorrenze religiose come quella della Cruz de Mayo o quelle dedicate alla vergine Maria. Una considerazione speciale è riservata alla veglia funebre per la morte di un bambino (velorio de angelito), che costituisce per i cantori a lo divino uno dei momenti più alti e impegnativi del loro ufficio artistico. In queste occasioni – un tempo molto frequenti a causa dell’elevata mortalità infantile nelle campagne, ma oggi fortunatamente molto più rare – il ruolo dei cantori è quello di aiutare la famiglia a rielaborare il lutto, ristabilendo attraverso l’enunciazione dei valori spirituali della comunità un ordine delle cose, apparentemente negato da un evento luttuoso difficile da accettare. La veglia segue un preciso rituale, al termine del quale il cantore impersona il ruolo dell’angioletto che si rivolge ai genitori per consolarli della sua dipartita, mentre sale direttamente in cielo [Fig. 3.1].
In tempi recenti il canto a lo poeta si è diffuso in nuovi contesti, anche urbani, acquistando una dimensione pubblica e spettacolare. Da una parte, il canto a lo divino è stato accolto all’interno dello spazio liturgico, mettendo così al servizio della chiesa cattolica il suo notevole potenziale di attrazione sul pubblico dei fedeli. Dall’altra, il canto a lo humano e specialmente la paya vengono proposti in eventi pubblici, come concerti, festival e incontri specializzati di cultori, tanto a carattere locale, come nazionale o internazionale.
Nei due video proposti in questa pagina, l’etnomusicologo Claudio Mercado e i cantori Roberto Carreño ed Erick Gil illustrano alcuni aspetti della performance e conversano tra loro sulle nuove pratiche che emergono accanto a quelle più conservative e tradizionali. Il quadro che ne risulta ci mostra un complesso culturale in movimento, la cui vitalità è strettamente connessa alla capacità di inglobare ed elaborare trasformazioni anche radicali dei codici del genere.
Video 3.1.: Contesti e performance: la rueda de cantores
Nel canto a lo poeta, anche quando canto e accompagnamento sono eseguiti da persone diverse, il cantore è sempre un solista. Quando sono presenti più cantori, questi intervengono a turno, uno alla volta. Tuttavia, questa pratica possiede anche un carattere collettivo, ben visibile nel caso della rueda de cantores.
Nel primo video, Claudio Mercado delinea il contesto d’uso tradizionale del canto a lo divino, per poi descrivere il meccanismo performativo della rueda. Nello sviluppo della rueda (letteralmente “ruota” o “circolo”), i cantori si alternano seguendo una turnazione ciclica, fino a creare una specie di esteso “metapoema”, che verte su un unico argomento (fundado, o fundamento) ma che è in realtà il risultato dell’intersecarsi dei loro rispettivi componimenti (versos), diversi l’uno dall’altro. Una rueda può durare un’intera nottata, dal tramonto all’alba, passando da un fundado all’altro, e alternando il canto a lo poeta con altre canzoni e danze.
Questo meccanismo si mantiene nel presente, ma con importanti modifiche rispetto agli usi del passato. In precedenza, la rueda era normalmente accompagnata da un solo strumentista, ripetendo la medesima entonación (melodia), alla quale ogni cantore doveva adeguarsi, generando così un effetto iterativo e ipnotico. Oggi, invece, nell’area di Pirque è invalso l’uso che ciascun cantore si accompagni da sé, con una propria entonación e il relativo toquío (ovvero formula di accompagnamento sullo strumento), creando una discontinuità acustica che limita considerevolmente le possibilità di generare uno stato ipnotico. Non c’è dubbio però che lo sforzo di vegliare una notte intera recuperando nella memoria una notevole quantità di versi, adeguandosi ai fundados di volta in volta proposti ma senza ripetere strofe già eventualmente cantate dai colleghi, comporta comunque un’esperienza psico-fisica profonda e intensa, in una situazione al limite delle proprie possibilità.
Video 3.2.: Performance tra continuità e cambiamento
Nel secondo video, l’etnomusicologo e i cantori conversano tra loro sulle diverse vocazioni del cantore a lo divino e a lo humano. Se il primo è ancora vincolato al sentimento religioso dell’interprete, il secondo appare più interessato da spinte alla spettacolarizzazione, soprattutto per quanto riguarda l’arte della paya (improvvisazione). In questo campo è stato determinante il confronto con le altre correnti latinoamericane del repentismo (improvvisazione poetica), come spinta a innalzare il livello poetico, musicale e performativo, soprattutto degli interpreti più giovani. Il cambiamento si manifesta nell’emergere di una nuova generazione di cantori estremamente preparati e disposti a sperimentare forme non canoniche, sia nell’uso degli strumenti, sia nel superamento di codici tradizionali, come nel caso dell’apertura del canto a lo poeta all’ambito dell’interpretazione femminile.